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La controversa origine dei nostri numeri

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Contrariamente alla dizione “araba” data alla provenienza dei numeri che utilizziamo tutti i giorni, questi in realtà si sviluppano in India dal 400 a.C. al 400 d.C. come evoluzione dei numeri brahmitici (dall’1 al 9).

numerazione brahminica
numerazione brahmitica

Le iscrizioni buddiste intorno al 300 a.C. utilizzano i glifi che poi divennero 1, 4 e 6. Un secolo più tardi, fu registrato l’utilizzo dei glifi che poi divennero 2, 7 e 9.

numeri Nagari derivanti dal Sanscrito
Origine ed evoluzione dei numeri Nagari derivanti dal Brahmitico e dal Sanscrito
Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi
Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi

Lo 0 compare per la prima volta nel ıx secolo, a Gwalior risalente all’anno 870. In ogni caso, prima di questa data, l’uso del glifo aveva già raggiunto la Persia, e viene menzionato sia nelle descrizioni del matematico persiano Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi autore dell’opera Aritmetica dove tratta in modo esauriente delle cifre e dell’utilizzazione dello zero e dove afferma di aver appreso il sistema numerico dagli indiani, sia dal matematico arabo Al-Kindi, che scrisse quattro volumi, “Sull’utilizzo dei numeri indiani” (Ketab fi Isti’mal al-‘Adad al-Hindi) intorno all’830. Questi matematici sono pertanto i principali responsabili per la diffusione del sistema indiano di numerazione nel Medio Oriente, grazie all’espansione dell’impero dei Muslim, e successivamente nei Paesi Occidentali.

Nel x secolo, i matematici Mediorientali estesero il sistema numerico decimale includendo le frazioni, così come registrato dal trattato del matematico Abu’l-Hasan al-Uqlidisi nel 952 – 953.

Nel mondo arabo – fino ai tempi moderni – il sitema numerico arabo era utilizzato solo dai matematici. Scienziati musulmani utilizzavano il sistema di numerazione babilonese, e i mercanti utilizzavano i numeri Abjad.

Una variante distintiva “arabica occidentale” dei simboli incominciò ad emergere intorno al x secolo nel Maghreb e in Al-Andalus (Andalusia), chiamati i numeri ghubar (“tavola di sabbia” o “tavola di polvere”).

Codex Vigilanus del 976
Codex Vigilanus del 976

Le prime menzioni dei numeri nei paesi occidentali sono trovate nel Codex Vigilanus del 976. Nel decennio del 980, Gerberto di Aurillac (più tardi noto come Papa Silvestro II) iniziò a diffondere la conoscenza dei numeri in Europa. Gerberto aveva studiato nella sua giovinezza a Barcellona, ed è conosciuto per aver richiesto trattati matematici riguardanti l’utilizzo dell’astrolabio da Lupito di Barcellona dopo che ritornò in Francia. Le prime tracce in Spagna sono datate precisamente nell’anno 976 con reperti rivenuti presso il Monastero di Albelda, in Italia arriveranno in Vaticano nel 1077 incontrando però molti ostacoli.

Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”
Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”

Sarà Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”, che assieme al padre Guglielmo, rappresentante dei mercanti della Repubblica di Pisa nella regione di Bugia (in arabo: Bejaia, in berbero: Bgayet) in Cabilia (Algeria), passò alcuni anni in quella città, dove studiò i procedimenti aritmetici che gli Arabi stavano diffondendo nelle regioni del mondo islamico. Proprio per perfezionare queste conoscenze, Fibonacci viaggiò molto, arrivando fino a Costantinopoli, alternando il commercio con gli studi matematici. Verso il 1200 rientrò a Pisa, dove negli anni successivi pubblicò nel 1202 e nel 1228 la sua opera di quindici capitoli Liber Abaci, tramite la quale introdusse per la prima volta in Europa le nove cifre (da lui chiamate indiane), assieme al segno 0, “che in latino è chiamato zephirus “zefiro” (cap. I, con confronti con il sistema romano), presentò criteri di divisibilità, regole di calcolo di radicali quadratici e cubici, le serie, le proporzioni. Introdusse con poco successo la barretta delle frazioni (nota al mondo arabo prima di lui) (cap. II-IV). Fibonacci è noto soprattutto per la sequenza di numeri da lui ideata e conosciuta, appunto, come successione di Fibonacci): 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, … in cui ogni termine, a parte i primi due, è la somma dei due che lo precedono. Sembra che questa sequenza sia presente in diverse forme naturali (per esempio, negli sviluppi delle spirali delle conchiglie, ecc.). Per mostrare “ad oculum” l’utilità del nuovo sistema egli pose sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi, romano e indiano (che era si conosciuto ma se ne dubitava la superiorità su quello romano).

Sono anche compresi quesiti che gli furono posti, con la loro soluzione (uno dei capitoli trattava aritmetica commerciale, problemi di cambi, ecc.). Nonostante si tratti di un manoscritto, ne sono giunte alcune copie fino ai nostri tempi, assieme ad alcuni altri suoi libri; si ha notizia anche di altri scritti, però non rintracciabili.

L’eco di Fibonacci giunse anche alla corte di Federico II del Sacro Romano Impero, soprattutto dopo che il suo matematico ebbe alcuni problemi risolti dal Fibonacci. Per questo motivo gli fu assegnato un vitalizio che gli permise di dedicarsi completamente ai suoi studi. A partire dal 1228 non si hanno più notizie del matematico, tranne per quanto concerne il Decreto della Repubblica di Pisa che gli conferì il titolo di “Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo”. Fibonacci morì qualche anno dopo presumibilmente a Pisa, ma i suoi studi furono così importanti che tutt’oggi esiste una pubblicazione periodica dedicata interamente alla sequenza aritmetica da lui elaborata, il “Fibonacci Quarterly”.

Origine ed evoluzione del numero 3
Origine ed evoluzione del numero 3