Typography – Tipografia – Tipográfia – Typographie – Typografie – Typografi – Τυπογραφία

Archivio del tag ‘classificazioni’

6) Bodoniani – Neoclassici (Classificazione Novarese)

con 9 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie

Sono i caratteri classici creati da Giambattista Bodoni in Italia dal 1789, da Françoise-Ambroise Didot e suo figlio Firmin in Francia nel 1783 e da Erich Justus Walbaum in Germania nel 1810.

Essi disegnarono i più bei caratteri che siano mai stati ideati e che sono, ancora oggi, molto utlizzati.

Il primo esempio di questo stile è attribuito al francese Firmin Didot che incise misure diverse dei caratteri inventati dal padre, i «Didot», ispirandosi a quelli di Louis Luce e ne creò il corsivo, e lo utilizzò in stampa per la prima volta nel 1784.

Successivamente anche Giambattista Bodoni, fu influenzato dal Romains du Roi, con le sue grazie piatte, e dai contrasti d’asta dei caratteri del Baskerville per il quale aveva sempre provato grande ammirazione.

Il carattere Bodoniano, dai francesi chiamato Didones, è molto elegante, armonioso, risultando però di difficile lettura per la composizione di lunghi testi, e in corpi piccoli, a causa della rigidità neoclassica del disegno e dall’occhio piccolo della lettera nella maggior parte dei casi degli alfabeti di questa famiglia; sono invece molto decorativi nei corpi medi e grandi dove trovano il miglior utilizzo nella stampa di qualità come titolazioni e frontespizi di libri, pubblicità (in Italia l’uso del «Bodoni» è attualmente molto legato al design della moda e al “made in Italy” in generale).

Le forme di un Bodoni originale
Le forme di uno dei tantissimi Bodoni originale, in quanto Giambattista Bodoni disegnava e produceva punzoni diversi per ogni grandezza. Alcuni con notevoli cambiamenti nelle forme.

Nonostante i rapporti di costruzione lo tendano ad uno slancio verso l’alto, il “Bodoniano” in genere, ma soprattutto il «Bodoni» mantengono tuttavia la rotondità tipica del romano, espressione fedele del neoclassico.

Le lettere presentano le grazia ridotte a un filetto completamente piatto e orizzontale; il raccordo con l’asta verticale è appena accentuato in alcune lettere, altrimenti assente nella globalità; le aperture sono molto ridotte; è molto evidente il rapporto tra grosso e fine tra le aste (contrasto d’asta), le barre e le curvature con un contrasto accentuato e struttura verticale ben inquadrata rispetto ai Transizionali; la (C), la (G) e la (S) hanno i rostri molto pronunciati.

I Bodoniani hanno bisogno di molto spazio (spazio bianco e interlineatura), in modo dar loro molto risalto.

Ma veniamo ora ad analizzare tutti i caratteri recanti il nome Bodoni che generalmente dovrebbero avere una cosa in comune, cioè, che essi si basano e sono una vera e propria interpretazione degli originali di Giambattista Bodoni. In realtà non è così. Nella produzione moderna delle varie fonderie solo la “Valdonega” di Verona ha le forme originali dei caratteri di Bodoni; mentre le altre sono solo imitazioni, parodie e interpretazioni assai discutibili. Durante l’epoca della composizione a piombo, ogni casa produttrice di font aveva la propria versione (adattata) del Bodoni. Anche oggi il Bodoni non è un font definito, ma una famiglia di versioni leggermente differenti l’una dall’altra, ciascuna con le proprie particolarità. Tutte le versioni moderne del Bodoni soffrono di un problema di leggibilità nei corpi piccoli detto dazzle (abbagliamento), dovuto alla continua alternanza di linee spesse e sottili nella riga.

Una serie di punzoni originali di Giambattista Bodoni conservati nel Museo Bodoniano di Parma. Frontespizio e una pagina interna del Manuale Tipografico di Giambattista Bodoni
Una serie di punzoni originali di Giambattista Bodoni conservati nel Museo Bodoniano di Parma. Frontespizio e una pagina interna del Manuale Tipografico di Giambattista Bodoni
il «Bauer Bodoni» creato nel 1926 dal tipografo tedesco Heinrich Jost per la Fonderia Bauer.
il «Bauer Bodoni» creato nel 1926 dal tipografo tedesco Heinrich Jost per la Fonderia Bauer.

Tra i Bodoni digitalizzati il «Bauer Bodoni» creato nel 1926 dal tipografo tedesco Heinrich Jost per la Fonderia Bauer è una versione molto apprezzata per la forte somiglianza ai caratteri originali di Giambattista Bodoni. Heinrich Jost ha lavorato facendo molte prove prima di stabilizzarsi su un equilibrio di contrasti nel disegno dei glifi, volendo emulare i risultati di stampa di Bodoni in un’epoca di diversi processi di stampa, inchiostri, ecc. La competenza dell’incisore Louis Hoell ha permesso di trasferire alla progettazione l’interpretazione tecnica di alta precisione. Hoell aveva già avuto oltre 40 anni di esperienza d’incisione dei punzoni, tra i quali il lavoro alla Fonderia Klingspor Flinsch, prima di incidere il Bauer Bodoni. La complessa storia di una rivisitazione del Bodoni è stato sottoposto a un esame critico intenso.

Il Bodoni Std disegnato da Morris Fuller Benton per lAmerican Type Founders
Il «Bodoni Std» disegnato da Morris Fuller Benton per l’American Type Founders

La chiarezza della forma nei caratteri del Bauer Bodoni, in particolare al corpo 72 punti, consente di confronto dettagliato con le forme dell’originale. È stato comunque sottolineato che ci sono un certo numero di caratteristiche del carattere, in particolare nelle maiuscole, che non sono mai apparse nel lavoro di Giambattista Bodoni. Tuttavia, la maggior parte di queste differenze scompaiono dal corpo 24 punti e inferiori, permettendo alla maggior parte dei critici di essere d’accordo sul fatto che la progettazione di Jost sia un prodotto autentico nello stile e nei pesi.

Il «Bodoni Std» creato da Morris Fuller Benton per l’American Type Founders tra il 1908 e il 1915 è una interpretazione dei modelli del Bodoni dando maggiore importanza alla leggibilità piuttosto che alla fedeltà delle forme ed a sua volta è stato utilizzato come modello da un gran numero di fonderie, compresa la Monotype che nel 1930 produce il «Monotype Bodoni», disegnato dalla Monotype Design Studio. Quest’ultima versione fornisce un effetto di taglio pulito nel disegno dato dalla relativa semplicità. Esso riproduce bene gli originali, specialmente nei formati superiori a corpo 12pt. Questa serie completa di caratteri è un po’ più scura e condensata del Bauer Bodoni.

Berthold Bodoni disegnato nel 1983 da Günter Gerhard Lange
«Bodoni Old Face» disegnato nel 1983 da Günter Gerhard Lange per la Berthold

Per aggiungere più confusione tra i tanti Bodoni prodotti, ci sono due versioni della fonderia Berthold: «Berthold Bodoni-Antiqua» iniziato nel 1930 attraverso il modello della ATF e ripreso nel 1970 da Gerhard Gunter Lange per la fotocomposizione. Ciò ha portato ad una versione più leggera, creata da Karl Gerstner per l’identità europea della IBM verso la fine del 1980. La Berthold, nella sua campagna pubblicitaria del nuovo carattere, affermava: “il Bodoni-Antiqua fornisce un particolare disegno per la produzione tecnologica”. Non male per un carattere del 18° secolo!

Il secondo “Berthold Bodoni”, chiamato «Bodoni Old Face» (senza scuse per questa contraddizione in termini), è stato disegnato nel 1983 da Günter Gerhard Lange, che ha sostenuto poi, giustamente, che un disegno più fedele agli originali potrebbe essere sviluppati.

Un Bodoni poco conosciuto è il «Bodoni Modern» progettato da RH Middleton nel 1930 per l’American Ludlow Foundry, che, come il Berthold Bodoni è stato disegnato basandosi sui campioni stampati nel 18° secolo dal Bodoni.

lITC Bodoni, disegnato da Summer Stone, presenta tre variabili di utilizzo: ITC Bodoni Six per corpi piccoli, ITC Bodoni Twelte per corpi testo, ITC Bodoni Seventy-Two per corpi grandi.
«IITC Bodoni», disegnato nel 1994 sotto la direzione di Summer Stone, presenta tre variabili di utilizzo: «ITC Bodoni Six» per corpi piccoli, disegnato da Holly Goldsmith per il tondo e da Jim Parkinson per il corsivo; «ITC Bodoni Twelte» per corpi testo formato dall’interpolazione delle altre due variabili di grandezza, «ITC Bodoni Seventy-Two» per corpi grandi disegnato da Janice Prescott-Fisherman per il tondo e da Summer Stone per il corsivo, le maiuscole swash e gli ornamenti.

Forse solo il «ITC Bodoni» riesce a reggere i corpi piccoli; questa interpretazione fatta nel 1994 da una equipe di type designer guidati da Summer Stone ha il pregio di presentare variabili nel disegno a seconda delle grandezze: il ITC Bodoni Six basato sul carattere di Bodoni chiamato “Filosofia” per l’utilizzo in corpi piccoli (disegnato da Holly Goldsmith per il tondo e da Jim Parkinson per il corsivo), il ITC Bodoni Seventy-Two, per i corpi grandi, basato sul “Papale” di Bodoni (disegnato da Janice Prescott-Fisherman per il tondo e da Summer Stone per il corsivo, le maiuscole swash e gli ornamenti) e il ITC Bodoni Twelve, per i corpi testo, sviluppato come interpolazione informatica tra le altre due forme.

«ITC Bodoni» è la molto più armoniosa e più umanistica progettazione rispetto alle precedenti interpretazioni del Bodoni mantenendo le caratteristiche originali e lasciando fuori la forzata geometria presente nella maggior parte delle intepretazioni delle altre fonderie.

Anche Massimo Vignelli, famoso graphic designer italiano, si è cimentato nel 1989 nel disegno di un suo Bodoni per la World Typeface Corporation, il «WTC Our Bodoni» facendo una buona versione ricostruita sulla falsariga dei tipi dell’ATF, anche se più leggeri e con una più generosa altezza dell’occhio medio, mancando però di quella finezza o ingenuità, rispetto all’originale del 18° secolo. Nonostante le sue lacune, il Bodoni di Vignelli è stato la migliore fonte digitale fino al 1994, quando la FontShop ha lanciato il «FF Bodoni Classic», disegnato da Gert Weischer. Non sorprendente il successo del «FF Bodoni Classic» che è  “destinato ad essere il prima autentico Bodoni, basato ai tipi del Bodoni presenti nel suo “Manuale Tipografico”, completo anche di tutte le imperfezioni”. Le forme includono alcune deliziose eccentricità, in particolare il terminale a bottone sulla diagonale della (R) maiuscola, che è chiaramente rappresentato nei Bodoni originali, ma trascurata, deliberatamente o meno, da parte da tutte le successive interpretazioni fino a quando non è stata prodotta dalla FontShop. Il corsivo rappresenta anche le vere forme delle lettere di Bodoni, ma con un piccolo difetto rispetto all’angolo d’inclinazione corsiva utilizzata nel 18°, preferendo quella contemporanea del 20° secolo che riduce l’inclinazione agli 11 – 13 gradi invece dei 16 – 18 gradi per il periodo neoclassico. Autenticità è visualizzata anche in alcuni corsivo lettere minuscole (v, w, X e Y, per esempio) in cui il corsivo progettazione esclude la normale diagonale. Come nel Bodoni originale, queste lettere sono sensibilmente curve, mentre per un certo numero di interpretazioni del Bodoni sono stati ignorati questi dettagli a favore di una soluzione ibrida più vicina al «Didot».

Analogamente al «FF Bodoni Classic», la versione della ITC include anche la maiuscola (R) con il terminale della coda a bottone e una sensibile soluzione nelle diagonali del corsivo, ma questa volta gli angoli del corsivo sono più avventurosi, nelle dimensioni display. Jim Parkinson ha progettato la ‘s’ per il minuscolo corsivo, e si rallegra con la controversia che ha provocato. ITC Bodoni ha anche una serie di ornamenti e di fiori del Bodoni che sono diversi da quelli previsti con FF Bodoni Classico, ma ugualmente fedele al Bodoni.

Curiosità nel disegno del «FF Bodoni Classic»
Curiosità nel disegno del «FF Bodoni Classic»

La famiglia del «FF Bodoni» è ancora in fase di completamento da parte di Weischer e risulterà veramente una delle versioni più vicina all’originale romano, con una varietà di fedeli ornamenti fatti dal Bodoni.

Purtroppo per il «FF Bodoni Classic», non è stato ancora previsto la diversificazione delle forme per le varie grandezze di corpo come invece sono presenti nella versione della ITC (6, 12 e 72 punti) come già illustrato sopra.

Esistono poi altri Bodoni come il «Bodoni SB» per l’utilizzo nei bodytype e il «Bodoni SH» per l’utilizzo nei headline, ambedue della tedesca Scangraphic; il «EF Bodoni» della Elsner+Flake.




il Ditot originale
Lo specimen originale del Didot
Nel «Didot» la grazia è finissima creando problemi nella stampa in corpi piccoli. Di questo carattere esiste una versione digitalizzata dalla Linotype su disegni eseguiti nel 1991 da Adrian Frutiger basandosi sulle forme incise da Firmin Didot dal 1799 e il 1811 il «Linotype Didot».

Frutiger ha anche studiato i tipi del Didot da un libro stampato dai Didot nel 1818, “La Henriade” di Voltaire. Questa bellissima famiglia dispone di 12 variabili di peso comprendendo i glifi Old Style, una versione per la titolazione, e ornamenti in una superba grafica.

Altro esempio di Didot è il «H&FJ Didot» disegnato nel 1991 da Jonathan Hoefler per la Hoefler & Frere-Jones. Basato sul modello storico del “grosse sans pareille no. 206” di Molé le jeune per completare le forme mancanti dal “Facsimile des caractères” di Didot del 1819. Il corsivo è stato un po’ inventato per funzionare a grandi dimensioni. Sono stati disegnati differenti variabili di peso e i numeri che i Didot non avevano mai inciso.

Il «Didot Elder» è stato disegnato da François Roppo per la fonderia svizzera Optimo. Questo carattere è un rigoroso revival cercando di riprodurre tutte le caratteristiche dell’originale di Pierre Didot al contrario di altre interpretazioni sempre basate sui tipi di Firmin Didot (Jonathan Hoefler, Adrian Frutiger per la Linotype). La maggior parte della sua apparente idiosincrasie sono le freccie utilizzate come grazie in alcune lettere (G), (C), e (S). Non sono presenti glifi supplementari a questi “frecciati”, che credo sia un errore, perché riduce l’utilizzo del carattere.

Il carattere tipografico è stato intagliato dal punzonista Vibert nell’arco di tempo di dieci anni sotto la direzione di Pierre Didot. È stato utilizzato per la prima volta da Pierre per lanciare una nuova collezione di libri nel 1812. I punzoni sono oggi conservati in Joh Enschedé Museum di Haarlem, Paesi Bassi.

Un esempio minore è il «Fashion Didot» della BA Graphics interpretazione molto condensata del «Didot».

Ulteriori «Didot» digitalizzati sono il «URW Firmin Didot» disegnato dallo URW Studio e il «GFS Didot» disegnato nel 1994 da Takis Katsoulidis, e digitalizzato da George Matthiopoulos.

Del «Walbaum» di Justus Erich Walbaum esistono diversi derivati: il «Berthold Walbaum Book», il «Monotype Walbaum» sviluppato dal Monotype Staff, il «Linotype Walbaum» influenzato nella digitalizzazione dall’ «Utopia» di Robert Slimbach; il «EF Walbaum» della Elsner+Flake e il «Walburn» disegnato da Nick Shinn nel 1999 interpretazione personale del carattere del tedesco.

Tra i tipi Bodoniani ricordiamo: il «Normandia» disegnato da Aldo Novarese e Alessandro Butti nel 1946, «ITC Fenice» di Aldo Novarese, il «De Vinne» di Schroeder Gustav F., il «Bulmer» disegnato da William Martin, il «Corvinus» di Dennis Ortiz-Lopez, il «Centennial» disegnato da Adrian Frutiger, il «Giannoten» di Antonio Pace, il «Filosofia» ottima libera intepretazione di Zuzana Licko, «Marconi», «Basilia», ecc.

5) Transizionali – Barocche (Classificazione Novarese)

con 7 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie

Sono così chiamati perché i suoi elementi indicano la transizione tra “romani antichi” e “romani moderni”. Nascono tra la fine del XVII e il XVIII secolo prima in Francia, successivamente in Olanda e Inghilterra e non presentano particolari innovazioni rispetto ai caratteri Veneziani che li hanno preceduti.

Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529
Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529

Dalle ricostruzioni geometriche dei Lapidari durante il Rinascimento si arriva ai primi esempi di transizionale francese del «Roman du Roi», creato da Philippe Grandjean nel 1692 su commissione dell’Accademia francese delle scienze dove per la prima volta fu disegnato un corsivo originale.

Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Particolare della costruzione della lettera “M” del Roman du Roi

Dai transizionali olandesi come quelli incisi dal punzonista Cristoffel Van Dijck per gli Elsevier fino ai transizionali inglesi, le grazie non hanno quasi mai inclinazioni e si raccordano all’asta verticale con una piccola curva, mentre la base della grazia è completamente piatta.

Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660
Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660

In questo carattere l’asse verticale non è più inclinato ma perpendicolare alla base come nelle lettere “o”, “O”, “Q”. La “C”, la “G” e la “S” hanno il rostro molto pronunciato e le differenze tra fine e grosso sono più accentuate come è più accentuato il contrasto tra i pieni e i vuoti. I transizionali sono caratterizzati da un contrasto più pronunciato fra aste verticali e orizzontali rispetto ai romani antichi. L’asse, è quasi verticale. L’allineamento superiore della “T” non è più sporgente.

Dal punto di vista della leggibilità stanno alla pari dei Veneziani, però sono più adatti per le riproduzioni in considerazione delle grazie leggermente più accentuate rispetto ai tipi precedenti: virtù eccellente per sopperire alle naturali deformazioni fotografiche. Sono apprezzati e sempre in primo piano per qualsiasi applicazione e sono anche più resistenti, come caratteri a piombo, all’usura delle lunghe tirature tipografiche.

Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati della epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione dIndipendenza degli Stati Uniti. They fell out of favour in the century after his death, but were revived in the 1840s, and Caslon-inspired typefaces are still widely used today.
Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati dell’epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti.

Per la composizione tipografica di libri (quali romanzi, saggi, narrativa, ecc.), il carattere più consigliato e meglio riuscito è il «Baskerville», disegnato dall’inglese John Baskerville (1706-1775), artista, disegnatore di caratteri e stampatore seguendo i suggerimenti del suo contemporaneo William Caslon (1692-1766) autore del carattere ononimo «Caslon», accentuando ulteriormente i contrasti d’asta e rendendo più eleganti i raccordi con il risultato di un carattere molto leggibile.

Del carattere del Baskerville esiste in commercio una versione ridisegnata che prende nome di «New Baskerville».

Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763
Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763

Esempio di carattere per i testi da quotidiano è il «Times» disegnato da Stanley Morison (1889-1967) per il quotidiano londinese “The Times” nel 1932 basandosi sul «Plantin», dal nome dello stampatore francese Christophe Plantin (1520-1589).

Specimen del New Century Schoolbook
Specimen del New Century Schoolbook

Per la composizione tipografica di libri di testo scolastico il carattere più consigliato è il «New Century Schoolbook», basato sul «Century» disegnato da Linn Boyd Benton nel 1895, per la sua leggibilità anche se meno elegante degli altri della famiglia di classificazione.

Tra i molti Transizionali ricordiamo, oltre ai già citati: «Plantin», «Baskerville», «Caslon», «Century», «New Century Schoolbook» e «Times»; anche: «Granjon», «Palatino», «Aster», «Magister», «Bell», «Bulmer», «Cochin», «Hoefler Text», «New Caledonia», «Perpetua», «Fournier», «ITC Stone Serif», ecc.

4) Veneziani – Rinascimentali (Classificazione Novarese)

con 9 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie

Il ritorno alle forme romane, nelle maiuscole (Subiaco, 1465) derivanti dai caratteri lapidari romani fu il preludio anche all’imitazione delle scritture umanistiche dette “Incunabuli” per il minuscolo dagli stampatori di Venezia che gli disegnavano e incidevano con il bulino.

Si formò così il primo alfabeto tipico, il quale – dopo il perfezionamento acquisito, dovuto ai prototipografi dell’epoca – trovò in Venezia l’ambiente ideale per la sua diffusione nel mondo. E ciò fu dovuto alle forme dei caratteri dei fratelli Da Spira, Griffo, Paganini, Ratdolt e, specialmente, di Nicholas Jenson.

Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson

Il carattere più utilizzato e armonioso di questa famiglia è, senza dubbio, il «Garamond», disegnato dallo stampatore francese Claude Garamond (1480-1561) “copiando” i caratteri sia dell’incisore di punzoni bolognese Francesco Griffo (1400-1500) per il «De Aetna» di Pietro Bembo (1495), tale carattere prenderà il nome di «Bembo», sia il carattere ononimo del francese Nicholas Jenson (1470). Il Griffo, che fu il primo a produrre ed utilizzare un corsivo da stampa, lavorava, a Venezia, per Aldo Manuzio (1450-1515) e inciderà anche il carattere per «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) che prenderà la denominazione di «Poliphilus Roman», per la forma tonda e «Blado Italic» per quella corsiva.

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Francesco Colonna
Francesco Colonna «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) stampato da Aldo Manuzio con i caratteri di Francesco Griffo
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)

Caratteristiche nel disegno delle lettere sono la presenza dell’asse verticale inclinata nettamente da 30° fino a 45° all’indietro; il contrasto tra i pieni ed i filetti è debole; le grazie hanno una forma arrotondata con la base concava; le differenze di spessore tra le aste verticali e le aste oblique sono più accentuate e, anche nelle lettere tonde; i rapporti di sottile e largo sono più accentuati; il filetto traversale della è inizialmente obliquo per poi trasformarsi in orizzontale.

Claude Garamond sarà il primo a disegnare il maiuscolo corsivo e ad utilizzare il corsivo insieme al tondo, come si fa attualmente, e non in alternativa come faceva il Manuzio.

Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)
Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)

Il «Garamond», del quale esistono numerose e differenti forme presenti sul mercato, alcune delle quali che nulla hanno a che fare con il disegno originale (i più fedeli ai punzoni originali sono: «Adobe Garamond» e «Garamond Simoncini», mentre la versione «ITC Garamond» è completamente distante dalle forme che dovrebbe rappresentare), è usatissimo nella composizione dei testi dei libri, nelle pubblicità, ecc.

Molto bello è il corsivo minuscolo di questo carattere, che si lega molto bene alle illustrazioni e dà all’insieme un’aria molto classica e pulita.

L’utilizzo di questi caratteri prevedevano, anche nel testo corsivo l’utilizzo delle maiuscole tonde fino alla metà del XVI secolo (nelle versioni ridisegnate per la tipografia moderna e la digitalizzazione non viene rispettata questa regola stilistica utilizzando come maiuscolo un “falso corsivo” storico).

Oltre alle varie versioni del «Garamond» esistono in commercio altri tipi digitalizzati di Veneziani: «Bembo», «Poliphilus Roman» «Blado Italic», «Jenson», «Garaldus», «ITC Galliard», «Golden», «Caledonia», «Centaur», «De Roos», «Elzevir», «Sabon», «Vendôme», «Romulus», «Trajanus», «Meno», «Minion», «Van Dijck», «Bitstream Iowan Old Style», «Serlio», «Aurelia», «Dante», «GFT Venexiano». ecc.

Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 - 1526)
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 – 1526)

3) Gotici – Medioevali (Classificazione Novarese)

con 18 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie

Meglio noti come Gotici, questi caratteri derivano dalle varie scritture usate dall’Alto Medioevo a tutto il Rinascimento riprendendo le forme ogivali dell’arco a sesto acuto dell’architettura gotica.

I primi esempi di questo tipo di scrittura furono fatte dagli amanuensi della Francia settentrionale tra l’XI secolo e il XII secolo, che si vollero allontanare dalla minuscola carolina, allora ancora generalmente in uso, sviluppando una scrittura sempre più condensata in modo da poter risparmiare la carissima pergamena prima, e la carta poi. Al pregio del risparmio dell’utilizzo del supporto però corrispondeva il grande difetto di una pesantezza visiva della pagina e di una difficile leggibilità. Proprio questo effetto visivo dell’impaginato, simile a una tessitura dato il complesso intreccio di forme, ha portato alla denominazione di “Textura” maggior parte di questi caratteri Gotici.

Gotico maiuscolo librario del XII - XIV secolo
Gotico maiuscolo librario del XII – XIV secolo

Essi sono riconoscibili per le forme angolose e allungate “fratti” che imitano le forme delle lettere eseguite con la penna d’oca e l’inchiostro nella scrittura antica.

Questi caratteri hanno le terminali molto svolazzanti, soprattutto nelle maiuscole che a volte risultano difficilmente decifrabili.

Textura con piedini arrottondati del XIV secolo
Textura con piedini arrottondati del XIV secolo

Il suo successo è testimoniato dall’uso che Gutenberg ne fece, allorché fuse proprio in «Textura» i primi caratteri da stampa mobili della storia, e in questo stile stampò la sua famosissima Bibbia delle 42 linee.

Dalla «Textura» si svilupparono poi forme miste di scrittura, destinate ad usi più commerciali o meno solenni. Tra queste si ricorda la «Bastarda», che ebbe un notevole successo nel XIV secolo.

Iscrizioni in Gotico Lombardo presso la Basilica di S. Ambrogio a Milano
Iscrizioni in Gotico Lombardo presso la Basilica di S. Ambrogio a Milano

In Italia dal XII-XIII secolo prende delle forme particolari, più larga e rotondeggiante prendendo il nome di Gotica Rotunda. Viene utilizzata per testi statutari, per libri di devozione fino al XVI secolo. Un testo composto con tale carattere è il “Virgilio” del Petrarca.
A Bologna, la gotica rotunda prenderà il nome di littera bononiensis con la differenza dalla rotunda per le aste brevi e lettere con tratti particolari come la (c) che ha il primo tratto orizzontale; la (e) a volte senza la barra centrale o questa ridotta al minimo; la (T) con l’asta orizzontale che si sviluppa solo a destra, assomigliando ad una (C); la ET (&) tachigrafica a forma di (7).

Esempio di Gotica Rotunda
Esempio di Gotica Rotunda

Nella maggior parte dei paesi europei, la scrittura gotica scompare gradualmente a partire dal XV secolo, soppiantata dall’Antiqua e dai suoi derivati. Non così nei paesi di lingua tedesca, dove invece, con l’affermazione della «Schwabacher» e successivamente della «Fraktur», immuni a questo cambiamento, le scritture “spezzate” furono usate ed apprezzate fino ai tempi moderni.

A parte qualche contestazione durante il classicismo del tardo XVIII secolo, le grafie gotiche rimasero le grafie più diffuse per tutto il XIX secolo.

Nel XX secolo il nazionalismo le considerava le uniche “vere” scritture tedesche ammesse nel Reich, e così stabilirono sulle prime anche i nazionalsocialisti.

Poco dopo lo scoppio della guerra si diffuse però in ambiente nazista l’idea che la «Schwabacher» avesse avuto un origine giudaica e così nel 1941, con un improvviso mutamento di idea, fu fatto divieto di usare i caratteri gotici in quanto Judenlettern (la scusa ufficiale fu data dalla difficile leggibilità) e si passò all’antiqua (lineari).

Copertina di Herbert Bayer del 1936 e caratteri “lineari” che sostituirono i “gotici” durante il nazismo.
Copertina di Herbert Bayer del 1936 e caratteri “lineari” che sostituirono i “gotici” durante il nazismo.

Dopo la guerra, anche in Germania la scrittura gotica cadde in disuso. Ancora Hermann Hesse voleva pubblicare con questo carattere di stampa il suo Narciso e Boccadoro, ma dovette cedere alla ragione dell’editore che obiettava la difficile leggibilità del gotico per le più giovani generazioni.

Moltissimi sono gli esempi di caratteri “gotici” presenti nella comunicazione visiva delle birrerie non solo tedesche
Moltissimi sono gli esempi di caratteri “gotici” presenti nella comunicazione visiva delle birrerie non solo tedesche

Attualmente i Gotici vengono usati solo nei paesi anglogermanici in pubblicità, insegne e logotipi di marche di birra. Per quest’ultimo utilizzo è facile il riscontro anche in Paesi di cultura extragermanica.

Alcuni esempi di questa famiglia sono: «Fette Fraktur», «Fette Gotisch», «Linotext», «Old English», «San Marco», «Weiss Rundgotisch», «Wilhelm Klingspor», «Wittenberger Fraktur».

2) Onciali – Amanuensi (integrazione Fuga alla Classificazione Novarese)

con 6 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie

Comparsi nel terzo secolo in alcuni codici dell’epoca, gli “Onciali” erano formati di sole lettere maiuscole derivanti dalla «Capitale corsiva» e dalla «Antica corsiva romana», molto decorativi, venivano vergati con pennino a punta tronca, posto in posizione quasi orizzontale alla linea di base: la pendenza era appena accennata. Il primo esempio conosciuto si trova su un papiro del III secolo contenente un epitome di Tito Livio (in cui sono comunque presenti anche delle lettere corsive).
L’Onciale fu la scrittura per eccellenza dei codici miniati, più indicata per la penna e la pergamena, che sostituì il papiro perché meno angolosa della quadrata (impiegata ancora oggi per le iscrizioni).

Intorno al V secolo l’Onciale cominciò a divenire un tipo di scrittura più manierata ed ornata, i tratti ascendenti e discendenti furono i primi a subire delle alterazioni, seguiti dal corpo centrale che venne reso più “spesso”. La scrittura onciale venne usata fino all’inizio del IX secolo, quando la minuscola carolina cominciò a sostituirla. Tra l’VIII e il XIII secolo fu soprattutto impiegata per scrivere i titoli dei libri, dei capitoli o dei paragrafi, come si fa attualmente con le lettere maiuscole; nei manoscritti tale scrittura venne usata insieme alla minuscola carolina o alla scrittura gotica, due grafie che hanno preso dall’onciale la forma di alcune lettere come la ‘d’ o la ‘a’.
Benché dopo l’età dell’oro sia stata destinata solo a scopo ornamentale, il carattere Onciale fu talvolta utilizzato anche in periodi successivi per scrivere l’intero contenuto di codici, in particolare per edizioni della Bibbia; solo con la stampa si assistette alla definitiva scomparsa dell’onciale, che fu tuttavia impiegata dai calligrafi.

Book of Kels
Pagina tratta dal Book of Kels

Attualmente sopravvivono circa 500 manoscritti in onciale e scritture derivate, la maggior parte dei quali si può trovare tra le opere precedenti la rinascita carolingia. Alcuni di questi manoscritti sono ritenuti particolarmente preziosi come il “Book of Kels” (conosciuto anche come il “Grande Evangeliario di San Colombano”) codice miniato ibernico-sassone in “maiuscola insulare” conservato presso il Trinity College di Dublino.
La “maiuscola insulare” si caratterizza dal fatto che, avendo ricevuto un grande influsso romano durante il VII secolo, presenta spesso una mescolanza delle scritture librarie (ad esempio, fa uso dell’onciale, ma con alcune lettere come la «A», la «C», la «M» e la «V» in forma capitale). I capilettere sono tipicamente ornati, con dei punti intorno ad esse.
È da notare che la scrittura chiamata “semionciale” non deriva dall’Onciale ma dalla nuova corsiva romana e che le scritture nazionali che vennero sviluppate dopo la caduta dell’Impero romano (lombarda, visigotica, merovingia, insulare ecc.) discendono principalmente da questa nuova corsiva o dalla semionciale per le scritture insulari (irlandese e anglosassone).
Ancora oggi gli “Onciali” e derivati vengono usati nei paesi Gaelici come l’Irlanda come scrittura nazionale, perché importata dal Santo patrono Patrizio, mentre le forme amanuensi dai calligrafi.
Esempi di caratteri onciali più o meno famosi disegnati per la fotocomposizione e la digitalizzazione sono: «American Uncial», «Libra», «Omnia», «Kells», «Agedage Insular», «Onciale phf», «Evangeliaire Uncial», «Missale Lunea», «C&lc Uncial Pro», «Uncial Romana ND», «Macteris Uncial», «Corbei Uncial».

American Uncial disegnato da Victor Hammer nel 1953
American Uncial disegnato da Victor Hammer nel 1953
Specimen del «Libra medium» disegnato da Sjoerd Hendrik de Roos nel 1938 per lAmsterdam Typefoundry
Specimen del «Libra medium» disegnato da Sjoerd Hendrik de Roos nel 1938 per l’Amsterdam Typefoundry
«Ondine» disegnata da Adrian Frutiger nel 1954
«Omnia» disegnata da Karlgeorg Hoefer nel 1990

Alla corte di Carlo Magno, nel IX secolo, nasce il primo esempio di carattere minuscolo che prenderà il nome di «Minuscola carolingia», tale scrittura, definita primo esempio ambizioso di cultura unitaria europea, si trasformerà con il tempo in «Tardo carolingia minuscola» e nelle forme regionali come la «Littera beneventana» o la «Littera longobarda» per arrivare alla metà del XV secolo nelle forme della «Neocarolingia umanistica» che si svilupperà inizialmente a Firenze e sarà la base dei primi caratteri da stampa utilizzati nei vari Stati italiani.
Come amanuensi digitalizzati troviamo: «Ondine», «Carolingia», «Antioch», «Luminari», «Baldur», «Agedage Caroline», «Agedage Beneventan», «Manegrim».

Il carattere «Ondine» disegnata da Adrian Frutiger nel 1954 e uno dei tanti esempi della «Carolingia» digitalizzata
Il carattere «Ondine» disegnata da Adrian Frutiger nel 1954 e uno dei tanti esempi della «Carolingia» digitalizzata

Un recente esempio di font, basato sulla «Minuscola Carolingia» è il «Silentium Pro» disegnato e digitalizzato nel formato OpenType da Jovica Veljovic per Adobe.

1) Lapidari – Romani Antichi (Classificazione Novarese)

con 6 commenti - leggili e lascia anche il tuo, grazie


Sono i caratteri con grazie nati come prodotto architettonico per le iscrizioni dei monumenti (da qui il nome Lapidario) ed avevano origine di costruzione dal quadrato “capitalis quadrata” nell’epoca di Augusto e di Traiano.
Inizialmente i lapidari non avevano le grazie ed erano simili agli attuali lineari. Le grazie nasceranno come esigenza tecnica nel tracciare con il pennello le lettere prima di scalfire la pietra.

Primo lapidario romano del I secolo a. C. Da queste forme nasceranno alla fine del XIX secolo i caratteri Lineari
Primo lapidario romano del I secolo a. C. Da queste forme nasceranno alla fine del XIX secolo i caratteri Lineari

Ottimi esempi delle maiuscole quadrate usate per le iscrizione possono essere osservate nel Pantheon, nella Colonna Traiana e nell’Arco di Tito, tutti monumenti situati in Roma.

Esempio tipico di lapidario perfetto, ed inesauribile fonte di studi e di imitazioni, lo si può ammirare in una stele del basamento della Colonna Traiana, eretta nell’anno 114 nel Foro Traiano di Roma.
Esempio tipico di lapidario perfetto, ed inesauribile fonte di studi e di imitazioni, lo si può ammirare in una stele del basamento della Colonna Traiana, eretta nell’anno 114 nel Foro Traiano di Roma.

Particolare riconoscibile delle grazie è che terminano formando un angolo di 30° e la base, o vertice inferiore, è completamente piatta.
Nella (N) la differenza di spessore tra l’asta obliqua e le aste verticali è poco accentuata, così come nelle traversali della (V) e della (A). Le lettere rotonde come la (O), la (Q) e la (S) hanno un rapporto di largo e sottile, molto delicato e armonioso.
Oltre ad essere “semplicemente” incisi, i lapidari romani per grandi iscrizioni erano riempiti da lettere in bronzo, poi divelte durante il Medioevo e il Rinascimento dai Papi per ricavare il bronzo per fare armi. Esempi di ciò sono visibili nelle lapidi poste sopra gli archi romani dove rimane lo “scheletro” di ciò che era in precedenza.

Capitale quadrata lapidaria presente sullArco di Tito, circa 81 d.c., un esempio di maiuscola romana i cui caratteri erano originariamente in bronzo, si notano infatti i fori per inserire le lettere metalliche.
Capitale quadrata lapidaria presente sull’Arco di Tito, circa 81 d.c., un esempio di maiuscola romana i cui caratteri erano originariamente in bronzo, si notano infatti i fori per inserire le lettere metalliche.
Il Pantheon è stato edificato sotto Adriano; Imperatore di Roma nel 118 A.D. Nella facciata compare liscrizione in capitale romana: M·AGRIPPA·L·F·COS·TERTIVM·FECIT, che significa Marcus Agrippa, figlio di Lucius, costruito durante il terzo consolato.
Il Pantheon è stato edificato sotto Adriano; Imperatore di Roma nel 118 A.D. Nella facciata compare l’iscrizione in capitale romana: ‘M·AGRIPPA·L·F·COS·TERTIVM·FECIT’, che significa ‘Marcus Agrippa, figlio di Lucius, costruito durante il terzo consolato’.

Nei caratteri Lapidari non esistono molte serie tipografiche, sia come caratteri a “piombo”, sia digitalizzate in quanto non “disegnati” per tale scopo; nonostante ciò il «Trajan», disegnato da Carol Twombly nel maiuscolo e maiuscoletto è il miglior esempio tra i digitalizzati e si basa proprio sul disegno delle lettere incise sulla lapide nel basamento della Colonna Traiana (vedi sopra).

Altri caratteri basati sui lapidari romani sono «Augustea» di Alessandro Butti e «Nova-Augustea», disegnato da Aldo Novarese (con l’aggiunta del minuscolo inesistente fino al IX secolo) che hanno il pregio di mantenere integra la fisionomia delle maiuscole del Lapidario romano in tutta la bellezza espressiva.

Ulteriore esempio di carattere derivante dal lapidario e che mantiene di esso la sua fisionomia nel maiuscolo è il «Meridien» della Monotype.

Questi caratteri sono adatti per la titolazione nell’edizioni tipografiche di lusso, per opere bibliofile, lavori di pregio e per comunicare il periodo storico (lettering per titolazione cinematografica, manifesti, ecc.); la classicità del disegno castigato e solenne, mal si addice ad altri adattamenti.