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Type Design 3: il “In Motu Vita” di Matteo Cellerino

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Eccoci all’ottavo appuntamento settimanale con i lavori tipografici prodotti nella terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Questa settimana vi presento un’altra font ispirata ad una delle quattro architetture milanesi prese in esame dai partecipanti al corso.

Dopo il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella ecco la seconda font abbinata alla “Stazione Centrale di Milano”, che proprio in questi giorni vede concludersi i lunghi lavori di restauro, è il «In Motu Vita» di Matteo Cellerino in una variabile di peso.

Nei prossimi appuntamenti del post vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati alle quattro architetture milanesi: Torre Velasca, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Ca’ Brutta.

La Stazione Centrale necessita di almeno tre caratteri:

✔ Carattere “storico”(solo maiuscolo)
Carattere decorativo, non è una priorità la leggiblità quanto l’impatto estetico.
Sarà utilizzato per le insegne dei negozi e per l’eventuale comunicazioneStazione Centrale di Milano (ora Grandi Stazioni).
Fortemente ispirato e legato ai caratteri già presenti nelle iscrizioni storiche si rifarà anche al pastiche architettonico della Stazione riletto in chiave moderna.

✔ Carattere per la segnaletica (maiuscolo, minuscolo, cifre, segni d’interpunzione)
Ispirato a criteri di leggibilità e funzionalità, legame storico con i caratteri lineari in uso all’epoca.

✔ Carattere per la segnaletica elettronica (monospaziato, maiuscolo, minuscolo, cifre)
Versione riadattata ai pannelli display del carattere precedente.

L’obiettivo era creare un carattere lineare razionale e moderno ma con forti radici nei caratteri da stampa per segnaletica coevi o successivi alla realizzazione della stazione.
Le lettere hanno proporzioni umanistiche e sono leggibili da varie angolazioni, tagli e distanze.
Le aste ascendenti e le aste discendenti sono molto sporgenti, le aperture sono larghe per distinguere facilmente le lettere l’una dall’altra e la spaziatura è generosa.

Questi studi preliminari sono parte del “sistema” In Motu Vita, un sistema di caratteri pensato per adattarsi alle principali esigenze della stazione.
Come già detto, a seguito della ristrutturazione del 2008 molti degli spazi comuni saranno convertiti ad uso commerciale.
Sono state inoltre riscontrate diverse disomogeneità nei pannelli a palette, da sostituirsi, preferibilmente, con display a LED.
Per completare il progetto saranno disegnati due nuovi alfabeti: un alfabeto per le insegne dei negozi e la comunicazione esterna della stazione ed un alfabeto “ridotto” e monospaced per i pannelli elettronici.

Le vicende che portarono al progetto ed alla realizzazione della stazione Centrale di Milano, furono piuttosto lunghe e complesse quanto questo edificio imponente e variegato, nel quale la monumentalità si doveva e si deve tutt’oggi coniugare con la funzione a cui esso è destinato.
I progetti presentati al ”Concorso per la facciata della nuova stazione viaggiatori” del 1906 furono ben quarantatre.
Alla fine degli esami la commissione fu unanime nell’assegnare il primo premio al progetto “In motu vita” di Ulisse Stacchini. La costruzione a pieno ritmo iniziò nel 1925 e il 1 luglio 1931 la stazione venne inaugurata ufficialmente alla presenza di Costanzo Ciano. La stazione è attualmente interessata da importanti lavori di restauro e riqualificazione, iniziati ad agosto 2005, da parte di Grandi Stazioni, una società di Ferrovie dello Stato.
La facciata è larga 200 metri e la volta è alta 72, un record quando venne costruita. Dietro alla facciata, parallelamente ad essa corre la ”Galleria delle Carrozze”. La stazione non ha uno stile architettonico definito, ma è una miscela di diversi stili, in particolare Liberty e Art Decò, ma non solo. Talvolta il suo stile viene definito Assiro-Milanese. È stata definita dall’architetto Frank Lloyd Wright la più bella stazione ferroviaria al mondo.

Un sistema di caratteri per la Stazione Centrale di Milano, Ulisse Stacchini, 1912 – 1931

Nell’architettura della Stazione Centrale convivono:
✔ elementi Liberty (~1912, primo progetto, secondo la sensibilità di Stacchini )
✔ elementi littori (~1920, revisioni progetto, secondo le esigenze di propaganda del Fascismo)
✔ elementi moderni (~1950 ai giorni nostri, modifica e riadattamento degli spazi comuni)

Inoltre sta per essere ultimato un completo restauro della stazione che riadatterà parte degli spazi comuni destinandoli ad un uso commerciale.

Problemi della Stazione Centrale:
✕ Totale mancanza di uniformità nella segnaletica verticale
✕ Totale mancanza di segnaletica orizzontale (indicazioni sul pavimento)
✕ Invasività degli spazi pubblicitari e degli esercizi commerciali

I lavori già presentati nei precedenti post:
Il «Salieri» di Diana Quarti
Il «Velasca» di Nora Dealti
Il «Monumentale» di Pierfrancesco Annichiarico
Il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella
Il «Labi.bold» di Laura Ferrario
Il «Velasca» di Laura Dal Maso
Il «Contrast» di Maddalena Lo Franco

Type Design 3: il “Contrast” di Maddalena Lo Franco

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Siamo giunti al settimo appuntamento settimanale con i lavori tipografici prodotti nella terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Questa settimana vi presento un’altra font ispirata ad una delle quattro architetture milanesi prese in esame dai partecipanti al corso. Dopo il «Salieri» di Diana Quarti e il «Labi.bold» di Laura Ferrario la terza font abbinata al “Teatro alla Scala” è il «Contrast» di Maddalena Lo Franco in una variabile di peso.

Nei prossimi appuntamenti del post del martedì vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati alle quattro architetture milanesi: Torre Velasca, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Ca’ Brutta.

Ecco come Maddalena ci presenta il suo iter progettuale:

Da un’accurata analisi storica e architettonica dell’edificio preso in esame, sono emerse varie caratteristiche che hanno contribuito allo sviluppo della font. La storia del “Teatro alla Scala” di Milano, vanta due importanti eventi: il primo è naturalmente la sua costruzione, datata 3 agosto 1778, ad opera dell’architetto neoclassico Giuseppe Piermarini; ed il secondo è il restauro e l’ampliamento fatto all’edificio tra il 2002 e il 2004 ad opera di Mario Botta. Nella struttura, si è verificata dunque una contrapposizione di epoche e di culture che hanno determinato in modo rilevante il modo di concepire il teatro, la sua architettuta e di conseguenza tutto il circuito di identità grafica e visiva ad esso legati.

Da queste considerazioni nasce «Contrast», una font pensata per il Teatro alla Scala di Milano, in grado di evocare un’epoca passata e riflettere l’epoca presente.

In relazione a quanto detto, è stata fatta un’analisi tipografica dei due periodi storici, ossia: il periodo neoclassico e quello contemporaneo.

Tale analisi ha preso in considerazione esclusivamente i caratteri tipografici italiani attribuendo rispettivamente al periodo neoclassico, il carattere «Bodoni», di Giambattista Bodoni, e al periodo contemporaneo, il carattere «FF Strada» di Albert Pinggera. Essendo due font molto diverse tra loro, che rispecchiano perfettamente le due epoche, sia dal punto d vista storico che architettonico, hanno fortemente determinato le peculiarità della font «Contrast».

Così, si è scelto di tenere in considerazione alcuni aspetti propri delle due font, alcuni di questi sono stati: l’alto contrasto chiaro-scurale delle aste, caratteristica predominante nel «Bodoni», oppure il disegno di un carattere lineare, proprio del disegno della font «FF Strada». Come si evince dalle illustrazioni, le caratteristiche di queste due font (almeno in una prima fase) ricorrono frequentemente nel nuovo disegno.

La font «Contrast» è stata progettata principalmente per operare un intervento di archigrafia sull’edificio in questione. Prevede un solo peso, e può essere utilizzata anche per altre funzioni, quali: segnaletica, indicazioni all’interno del teatro, comunicazioni al pubblico o in uffici e attività collegate al Teatro della Scala.

Per l’archigrafia, le singole lettere sono state pensate scatolate, poste sulla facciata del Teatro, in modo tale da comporre la frase “TEATRO ALLA SCALA”.

I lavori già presentati nei precedenti post:
Il «Salieri» di Diana Quarti
Il «Velasca» di Nora Dealti
Il «Monumentale» di Pierfrancesco Annichiarico
Il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella
Il «Labi.bold» di Laura Ferrario
Il «Velasca» di Laura Dal Maso

Type Design 3: il “Velasca” di Laura Dal Maso

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L’analisi delle forme esistenti e dei caratteri utilizzati ha ispirato il progetto della nuova font

Prima digitalizzazione del maiuscolo chiarissimo

Eccoci al sesto appuntamento settimanale con i lavori tipografici della terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Quella presentato oggi è un altra font ispirata da una architettura milanese: la Torre Velasca (della quale ho già presentato recentemente un altro elaborato).
Si tratta del «Velasca» di Laura Dal Maso prodotto in due variabili di peso molto contrastate fra di loro.

Nei prossimi appuntamenti del post del martedì vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati alle quattro architetture milanesi: Torre Velasca, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Ca’ Brutta.

Da 50 anni simbolo della operosità e del rigore dell’anima milanese, la Torre Velasca si impone alla vista di chi la osserva per la verticalità accentuata dalle forme grandiose e arcigne dei suoi contrafforti.

Per lo studio della font «Velasca» abbiamo deciso di conoscere più da vicino questa architettura, così famosa, ma al tempo stesso poco conosciuta nei suoi particolari più nascosti, che ne caratterizzano gli interni conferendole un carattere diverso e variegato. Innanzitutto abbiamo scoperto che gli interni sono caratterizzati da linee spezzate che assumono una grande varietà di inclinazioni: ciò che per l’esterno sembra una predominanza del puro “verticale” all’interno si trasforma in un intrico di linee e piani che salgono verso l’alto attraverso inclinazioni più dolci.
Anche l’arredamento utilizzato e in particolar modo i suggestivi lampadari contribuiscono a conferire alla struttura una maggiore armonia e varietà di forme, le linee spezzate che la caratterizzano suggeriscono la curva senza mai rappresentarla se non negli stessi lampadari, cerchi perfetti.

Il carattere utilizzato per la segnaletica interna del palazzo è originale dell’epoca di costruzione ed è costituito da un bastone, molto razionalista, condensato e arrotondato, che rispecchia lo stile di un normografo.

Il progetto della font «Velasca» parte quindi dall’analisi sia dell’architettura esterna e più conosciuta sia delle linee spezzate degli ambienti interni: è un bastone caratterizzato da aste molto decise ed essenziali contrapposte a una grande varietà di angoli diversi raccordati tra loro a suggerire la curva.
Anche per quanto riguarda lo studio dei pesi di «Velasca» è stata fondamentale l’attenta analisi della struttura, questa volta soffermando l’attenzione sulle facce esterne dell’edificio.
La torre è infatti caratterizzata visivamente da linee che hanno spessori molto differenti.
Questa struttura possiede uno scheletro essenziale costituito dai pilastri verticali che la percorrono per tutta l’altezza, cui si contrappongono elementi quali le finestre e i loro decori, che si intrecciano visivamente ai pilastri creando un reticolo di linee di diverso spessore ed importanza visiva.
Così il carattere «Velasca» è caratterizzato da una gradazione di pesi molto ampia, dal chiarissimo – extra light (che richiama i pilastrini che decorano le finestre) al nerissimo – heavy (che ricorda l’imponenza dei contrafforti).




I lavori già presentati nei precedenti post:
Il «Salieri» di Diana Quarti
Il «Velasca» di Nora Dealti
Il «Monumentale» di Pierfrancesco Annichiarico
Il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella
Il «Labi.bold» di Laura Ferrario

Type Design 3: il “Labi.bold” di Laura Ferrario

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Siamo arrivati alla quinta presentazione dei lavori della terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Dopo aver presentato nelle scorse settimane, abbinati alle quattro architetture milanesi le prime font progettate: il “Salieri” di Diana Quarti per il “Teatro alla Scala”, il “Velasca” di Nora Dealti per la “Torre Velasca” e il “Monumentale” di Pierfrancesco Annichiarico per la “Ca’ Brutta”, e il “MilanoCentrale Regular” di Alberto Manzella per la “Stazione Centrale”, riprendiamo questa settimana con un’altra font progettata per il “Teatro alla Scala”: il “Labi.bold” di Laura Ferrario.

Nei prossimi appuntamenti del post del martedì vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati a queste quattro architetture milanesi.

Così Laura ci presenta il suo lavoro:

Labi.bold nasce dall’esigenza di costruire una nuova immagine coordinata del “Teatro alla Scala” che leghi la nuova struttura moderna progettata da Mario Botta con l’opera del grande architetto neoclassico Giuseppe Piermarini.

Ho voluto fare una ricerca partendo dal carattere romano e tra schizzi vari mi è balzata all’occhio l’inclinazione di un’asse della lettera “b” che mi ha affascinato subito.
Abbandonato subito il romano; qualsiasi grazia che avvicinavo al logo ufficiale del teatro risultava inadatta; ho cominciato a guardare i caratteri più lineari legati all’era moderna e ho notato che un carattere con delle forme tonde si abbinava bene al marchio e riprendeva la rotondità della torre.
Tenendo l’inclinazione della asse obliqua della “b” e riportandola anche in anche in altri glifi ho creato spessori e proporzioni giuste per una font che sarebbe servita soprattutto per la segnaletica.

Type Design 3: il “MilanoCentrale Regular” di Alberto Manzella

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Prova di applicazione del carattere nella segnaletica (sopra) e nel tabellone partenze / arrivi (sotto)

Eccoci al quarto appuntamento settimanale con i lavori dei partecipanti alla terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.
Dopo aver presentato, nelle scorse settimane, il “Salieri” di Diana Quarti per il “Teatro alla Scala”, il “Velasca” di Nora Dealti per la “Torre Velasca” e il “Monumentale” di Pierfrancesco Annichiarico per la “Ca’ Brutta”, questa settimana tocca al “MilanoCentrale Regular” di Alberto Manzella per la “Stazione Centrale”.

Nei prossimi appuntamenti del post del martedì vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati a queste quattro architetture milanesi.

Targa commemorativa della posa della prima pietra per ledificazione della Stazione Centrale di Milano
Targa commemorativa della posa della prima pietra per l’edificazione della Stazione Centrale di Milano

Una breve storia delle stazioni ferroviarie milanesi fino alla edificazione de Stazione Centrale. Nel 1850, Milano contava due stazioni ferroviarie non collegate fra loro: Milano Porta Nuova e Milano Porta Tosa (che di seguito diventerà Milano Porta Vittoria), site al termine di due linee ferroviarie, una diretta a Monza e l’altra a Venezia.
Tra il 1885 e il 1891 vengono edificate altre quattro stazioni secondarie: Porta Sempione, Rogoredo, Porta Romana e Porta Garibaldi che erano collegate da una nuova circonvallazione ferroviaria, ma il traffico ferroviario risultava ancora insufficiente in proporzione all’aumento degli utenti.
Il 15 gennaio 1906 viene indetto il primo concorso per la costruzione di una nuova stazione ad alta capacità, al quale parteciparono i più importanti architetti milanesi i quali presentarono progetti isprati a classicismo ed eclettismo allora molto diffusi, attraverso ampie cupole e decorazioni monumentali. Il vincitore selezionato del progetto fu l’architetto Cantoni, ma tale progetto non fu mai realizzato. Sei anni più tardi l’amministrazione organizzò un’altra gara, questa volta vinta dall’architetto Ulisse Stacchini. Architettura imponente arricchita da ornamenti quali: corone, festoni, motivi geometrici astratti. Con la variante del 1915, furono eliminati: torri, statue, orologi, festoni e quadrighe, conferendo maggiore austerità in un contesto di Italia Giolittiana.
Nel 1924 avviene l’approvazione definitiva del progetto di Stacchini. Il mutamento politico impose nuove esigenze architettoniche e conseguenti nuove scelte decorative con simboli legati al Fascismo.
Vennero sostituite le pensiline sui binari previste nel progetto iniziale e introdotte le tre grandi tettoie in ferro secondo il progetto dell’ingegnere Albero Fava. Nel maggio 1931, la stazione fu finalmente inaugurata.
La stazione di “Milano Centrale” è la seconda stazione ferroviaria italiana per grandezza e volume di traffico, accoglie circa 600 treni al giorno, due linee della metropolitana che la collegano al vicino Passante Ferroviario, è il terminal di diverse linee di autobus urbani e interurbani e tram nonché le navette per i tre aeroporti dell’area milanese. Ogni giorno è utilizzata da più di 320 mila persone, per un totale di 120 milioni l’anno.

“In motu vita” è il motto del progetto di Ulisse Stacchini. Lo stile archittettonico della nuova Stazione Centrale, risente dell’influenza delle diverse correnti che hanno caratterizzato il Novecento, in particolare il Liberty e l’Art Déco. “Stazione di testa” per poter essere avvicinata il più possibile al centro urbano senza intersecare le arterie principali, la stazione comprende un fabbricato costituito da un corpo centrale con la facciata su Piazzale Doria e due edifici laterali. La parte esterna dell’edificio, fu improntata ad uno stile di derivazione classica, che l’architetto Stacchini volle poi personalizzare con fregi decorativi e nei colori dei vari marmi pregiati di cui è riccamente decorata (così come negli arredi per l’illuminazione), consacrandola a patrimonio artistico della città.

Il carattere «MilanoCentrale» nasce dall’analisi di queste caratteristiche fuse in un’interpretazione che vuole sottolineare gli stilemi grafici creando un ponte tra passato e presente.
Le forme si ricollegano molto ai caratteri lineari futuristi degli anni ’30 meno appariscenti ma molto presenti nelle architetture di quel periodo, ma allo stesso tempo tendenti a forme successive. La lettera ‘A’ ed i numeri sono tipici dei caratteri “fascisti” mentre le altre consonanti sono molto l’influenzate dalla “Bauhaus”. Le minuscole hanno forme contemporanee. L’insieme però risulta armonioso e pertanto valido.

Type Design 3: il “Monumentale” di Pierfrancesco Annichiarico

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Eccoci al terzo appuntamento settimanale con i lavori dei partecipanti alla terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Dopo aver presentato il “Salieri” di Diana Quarti e il “Velasca” di Nora Dealti, questa settimana tocca al “Monumentale” di Pierfrancesco Annichiarico.

Il “Monumentale” è una font che trae aspirazione dalle forme architettoniche della “Ca’ Brutta” edificio progettato da Giovanni Muzio, una delle figure di punta del panorama architettonico milanese e italiano del Novecento, sito in Via della Moscova, nelle vicinanze di Piazza della Repubblica, a Milano.

Giovanni Muzio si inserisce nel dibattito architettonico italiano, che vede gli architetti da un lato schierati a favore di quelle creazioni monumentali e magniloquenti tanto care al regime fascista, dall’altro propensi a introdurre in Italia lo stile internazionale, asciutto e funzionale, di un Gropius o di un Le Corbusier; e vi si inserisce portandovi una propria visione del fare architettura che non tralasci la grande tradizione italiana, ma non trascuri neppure le innovazioni tecnologiche, fondando un lessico nuovo, sobrio e colto al tempo stesso. Muzio decise di decorare l’edificio caratterizzandolo all’esterno con tutta una serie di richiami al repertorio classico (l’arco di trionfo che unisce i due corpi, le nicchie, le colonne, i timpani, le balaustre, ecc.) distribuiti in modo da sottolineare all’esterno l’interna distribuzione degli spazi: ad ogni appartamento corrisponde un motivo decorativo in facciata. Nelle decorazioni vi è una ricerca dell’ordine e della regola proprio nel ripetersi delle decorazioni sobrie e geometriche intervallati da pattern decorativi dalle ombre corte con elementi semplificati e ridotti a segno.

Idea di partenza per la progettazione del “Monumentale” partendo dalle forme della planimetria della “Ca’ Brutta”
Primi disegni
Primi disegni – La facciata della “Ca’ Brutta” – Prova di applicazione archigrafica della font
Pierfrancesco Annichiarico presenta il suo lavoro al Prof. Giovanni Baule

Partendo da tali presupposti Pierfrancesco Annichiarico ha creato una font che contenesse in se gli elementi distintivi di questa architettura. Inoltre, fondamentali per la sua realizzazione, sono state le opere degli esponenti italiani del Futurismo, in particolar modo quelle di Fortunato Depero. Pertanto l’operazione principale è stata quella di ammorbidire le forme, piuttosto rigide, degli alfabeti in uso in quel periodo.

Fondamentale per la forma finale dei vari glifi è stato il gioco architettonico voluto da Muzio nel contrasto tra rette e curve presente nella pianta dell’edificio, nonché nella sua decorazione.

Nella font “Monumentale” sono stati eseguiti alcuni accorgimenti nelle forme dei glifi che hanno permesso di renderla più armoniosa; la diversa inclinazione nelle aste diagonali nella ‘A’, ad esempio, riesce a ridurre notevolmente il bianco esterno, permettendo di integrarlo meglio nella scrittura, rendendo più fluido il flusso di glifi, soprattutto tra le coppie ‘TA’, ‘IA’, ‘QA’, ‘AA’ e affini.

Positivo - negativo
Prova compositiva e cromatica con positivo – negativo