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Partono le iscrizioni alla 5ª edizione del corso Type Design

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Il 13 settembre inizierà a Milano presso POLI.design Consorzio del Politecnico di Milano
il Corso di alta formazione in Type Design 5ª edizione

inizio: 13 settembre 2010
fine: 8 ottobre 2010
15 giornate da 4 ore con lezioni frontali e seminari, e 5 giornate da 4 ore dedicate interamente al project work
Frequenza: da lunedì a venerdì dalle ore 16 alle ore 20 (per un totale di 80 ore)

Il corso si articola in lezioni frontali, project work e seminari.
In particolare sono previsti moduli di teoria sulla tipografia tradizionale e contemporanea, moduli per l’apprendimento del software per il disegno dei caratteri FontLab e delle metodologie per il controllo dello specifico processo progettuale. A tali moduli sono affiancati quelli di preparazione e sviluppo del project work, ma anche comunicazioni seminariali relative a casi studio di interesse culturale e pratico e incontri con esperti e type designer.

Piano didattico:

STORIA E CULTURA DELLA TIPOGRAFIA
docente: James Clough

INTRODUZIONE ALLA PROGETTAZIONE TIPOGRAFICA
docente: Giangiorgio Fuga

DISEGNARE UN ALFABETO
docente: Piero De Macchi

PROGETTAZIONE TIPOGRAFICA
docenti: Andrea Braccaloni, Marta Bernstein

FONTLAB
docente: Michele Patanè

Costo: L’iscrizione al corso è di 1.000 euro (+ iva al 20%).
Per gli associati Aiap e Adi è prevista una riduzione del 20% (800 euro + iva).
Per gli studenti del Politecnico di Milano iscritti al IV o al V anno (I e II anno della Laurea Specialistica) sono offerte borse di studio da 500 euro.

Sito internet del corso: www.polidesign.net/type area foto: www.polidesign.net/type/gallery.php

Per informazioni e iscrizioni scrivere a:
Ufficio coordinamento corsi POLI.design – Consorzio del Politecnico di Milano
Via Durando 38/A Milano
Tel +39 022399 5864
Fax +39 022399 7217
formazione@polidesign.net
www.polidesign.net/type

Sufi & zen calligraphy

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Alif, Associazione culturale e artistica per lo studio delle Calligrafie
piazza dei Campani 9, 00185 Roma (quartiere San Lorenzo)

Sufi & zen calligraphy
Mostra di calligrafia orientale ed estremo orientale
di Roberto steve Gobesso e Bibi Trabucchi

Inaugurazione giovedì 16 aprile 2009 alle ore 17.00
Durata dal 17 al 24 aprile 2009 – orari: dalle 16.00 alle 20.00

Per permettere a tutti di approfondire le proprie conoscenze relative a quest’arte nobile, esaminandone l’evoluzione nel tempo.
Alla mostra delle opere dei due artisti, si aggiungono due conferenzee un workshop dedicati alla calligrafia orientale ed estremo orientale.

LE CONFERENZE accompagnano l’inaugurazione della mostra
ore 18.00 – Roberto steve Gobesso “Un impero di segni”
ore 19.00 – Bibi Trabucchi “Il futuro di un’arte antica”

IL CORSO sabato 18 e domenica 19 aprile 2009
introduce all’esperienza diretta nell’arte della calligrafia giapponese e araba.
Orari dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 a piazza dei Campani 9.

Araba € 60 a persona per le due giornate con Bibi Trabucchi

Estremo orientale € 60 a persona per le due giornate con Roberto steve Gobesso

L’ARTE CALLIGRAFICA
Si dice che Allah tagliò una canna e con quella scrisse il mondo. Ogni buon calligrafo arabo affina il suo strumento prima di iniziare la sua opera. Così il calamo per gli arabi, il pennello per i cinesi e per i giapponesi sono i mezzi per raggiungere la bellezza della scrittura, appunto la calligrafia (dal greco καλλι calli “bellezza” e γραφος graphos “scrittura”), ovvero l’arte della scrittura ornamentale.
Ma c’è un altro aspetto, legato con un filo rosso alla calligrafia: la concentrazione. Sul foglio di carta bianca un “segno” si muove rapido lasciando linee di inchiostro scure, morbide, energiche. Lo strumento per tracciare il disegno può cambiare ma lo spirito di chi scrive è identico e la concentrazione e la pace interiore sono alla base della creazione. Era così per i nostri amanuensi che copiavano i codici miniati nelle fredde celle dei monasteri, lo è per i monaci zen maestri dello shodo, così come la fede anima le scritte coraniche. Arte sacra per eccellenza, la calligrafia consente all’artista di comporre sotto una diretta ispirazione cosmica.
La scrittura rappresenta un mezzo universale di comunicazione e fare calligrafia significa porre l’attenzione alle regole di bellezza e di armonia che governano la forma delle lettere. Anche gli romani avevano una grande cura nel disegnare e scolpire le scritte ufficiali tanto che ancor oggi le lettere di tipo romano sono tra le più belle, leggibili ed equilibrate. Ma mentre da noi abbiamo assistito ad un declino di quest’arte, nei paesi arabi così come in Cina e in Giappone la calligrafia resta un’arte fondamentale.
In Occidente la tecnologia e la diffusione dei computer hanno fatto sì che la penna quasi non si usi più. Resta la memoria, la nostalgia per qualcosa che con il tempo abbiamo lasciato evaporare, abbiamo trascurato e, dunque, dimenticato. Negli ultimi anni, però, è ripreso anche da noi l’interesse per la “bella calligrafia”; quasi a voler recuperare, quasi a voler trattenere tra le dita lo spessore di epoche in cui siamo stati grandi, tramandando il ‘sapere’ e i ‘saperi’ preziosi del nostro passato e transitandoli verso il futuro dei giorni nostri.
Guardare a Oriente e all’Estremo oriente anche per ritrovare le origini della nostra cultura: da qui l’idea di organizzare questa mostra dal titolo Sufi & zen calligraphy e per questo abbiamo organizzato le conferenze e il corso pratico-conoscitivo. Tutto questo per poterci incontrare per qualche giorno per parlare una lingua universale, alla ricerca delle nostre origini più vere e più profonde, dominati dalla bellezza e dall’armonia suprema che l’arte calligrafica racchiude, esalta e sa trasmettere.

Prenotazioni e iscrizioni: direttamente in sede o con una e-mail a info@bibiart.eu

Per informazioni telefonare allo 06.39887134 oppure al 340.390171

7) Scritti – Calligrafici: (Classificazione Novarese) parte prima

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Parte prima: dalle “Littere” alle “Cancelleresche”, fino alle “Barocche”

Coluccio Salutati: littera antiqua

Littera italica

Ludovico Vicentino degli Arrighi, legature presenti nella “Operina”, 1522

Giovanni Antonio Tagliente, calligrafia, 1524

Giovan Battista Palatino, 1540

Ferdinando Ruano, “Lettera cancelleresca formata”, 1550

Francesco Cresci, 1579

In questa ampia famiglia della Classificazione Novarese sono presenti diversi stili calligrafici e scritti post amanuensi (i quali sono classificati nel gruppo “2) Onciali – Amanuensi” comprendendo tutte le scritture fino alla «Minuscola carolingia»). Sono realizzati con la penna d’oca, con la penna e il pennino (Calligrafici); penne, pennarelli, pennelli ed altri “strumenti di scrittura espressiva” come spray, spazzolini, matite grasse, carboncini, ecc. (Scritti).

In questa prima parte saranno illustrate le varie scritture partendo dalle «Littere», dalle «Mercantili» e dalle «Cancelleresche» di origine fiorentina sviluppate dal Rinascimento, le quali sopravvivono all’invenzione della stampa, che aveva sconfitto gli amanuensi, ma non si può dire dei calligrafi che anzi dal ‘500 si moltiplicano producendo anche notevoli trattati teorici sulla scrittura e sugli strumenti adatti per scrivere.

Dalle scritture gotiche si formarono le universitarie: la Littera bononiensis, propria dei manoscritti universitari bolognesi ma diffusa anche in molti altri centri italiani, di forma rotonda, regolare ed elegante; la Littera parisiensis, tipica dei manoscritti universitari parigini, di ridotte dimensioni e di esecuzione meno calligrafica e con tratti spezzati; la Littera oxoniensis, dei manoscritti universitari inglesi, simile alla parisiensis ma più serrata e con tratti meno spezzati.

Nel xı e xıı secolo la Minuscola gotica corsiva fu la scrittura di uso comune per i documenti, la corrispondenza privata, i libri di conti e i registri, ma fu anche impiegata nei codici come scrittura libraria. Se ne fece grande uso nelle cancellerie Papale e Imperiale Minuscola cancelleresca. Una variante della cancelleresca, utilizzata principalmente nel xııı secolo, fu la Minuscola mercantile o Mercantesca, cosiddetta dall’impiego fattone dalla nuova categoria dei mercanti che sapevano leggere e scrivere almeno in volgare. Questa scrittura si presenta rotonda con le lettere compresse verticalmente per cui le aste non sono molto sviluppate, le forme sono diritte e con pochi legamenti; gli svolazzi al di sotto del rigo non si interrompono ma tornaro indietro per allacciarsi alla lettera successiva.

La Bastarda è una scrittura corsiva, angolosa, inclinata verso destra che si sviluppa in Francia e in Europa nel xıv secolo e poi si diffonde anche in Piemonte. Sarà ripresa durante il Rinascimento anche da Francesco Cresci. Tracciata con una punta tagliata crea tratti scuri (quelli verticali discendenti, orizzontali e obliqui da sinistra a destra) e tratti sottili per le linee oblique da destra a sinistra.

La Minuscola notarile, dal tracciato scorrevole e dalle forme arrotondate, fu l’antecedente delle scritture umanistiche. Grazie al lavoro di Poggio Bracciolini, che da giovane lavora come copista presso il grande amico di Petrarca, e suo successore nella guida della nuova cultura umanistica, Coluccio Salutati, s’impone – nei primi anni del xv Secolo – lo standard della littera antiqua, cioè dell’umanistica rotonda; i due italiani sono stati i primi a “riprodurre” pura e semplice la scrittura carolina tanto che a prima vista, molte volte non è facile distinguere un Carolina da uno scritto umanistico; e sempre negli stessi anni Niccolò Niccoli elabora l’umanistica corsiva detta anche Italica.

Nel Rinascimento tra i maestri di scrittura del periodo, vi sono: Ludovico Vicentino degli Arrighi, Giovanantonio Tagliente, Giovan Battista Palatino, Ferdinando Ruano, Vespasiano Amphiareo e Francesco Cresci, tutti pubblicano dei manuali calligrafici. Nel 1522, Arrighi, uno scrivano papale, pubblica il suo primo manuale di calligrafia a Vicenza. La sua “Operina da imparare di scriuere littera cancellarescha” è tuttora un libro di riferimento per chi si vuole cimentare con il carattere italico o cancelleresca. Un secondo manuale è dell’anno successivo – ma questo libro conteneva una serie di pagine stampate a partire dal corsivo del suo disegno. Questo tipo di corsivo, il primo dei sei che Arrighi progetterà, risulta più formale di quello di Francesco Griffo che intagliò per Aldo Manuzio. Aveva ascendenti e discendenti più estese, consumando così molto più spazio verticale che orizzontale.

Anche se più stravagante nella forma, il corsivo dell’Arrighi è aperto, leggibile, ed ha richiesto un minor numero di legature rispetto a quelli del Griffo. Arrighi utilizza come i primi “Veneziani” le maiuscole tonde (quelle corsive saranno una trasformazione francese) ma introduce anche le maiuscole decorate “swash” leggermente corsivizzate.

Del 1524 è la prima stampa del manuale “Lo presente libro insegna la vera arte delo excellente scribere de diverse varie sorti de litere” di Giovanni Antonio Tagliente dove mostra la sua superba padronanza nell’uso della penna. Egli insegnava a “scrivere“ ai diplomatici presso la Cancelleria veneziana.

Giovan Battista Palatino è stato il più prolifico disegnatore nella prima metà del xvı secolo disegnando 29 diversi alfabeti calligrafici, non solo latini, ma pure in ebraico, arabo, greco, egiziano, siriano, indiano. Nel 1540 ha pubblicato uno manuale di istruzioni dei caratteri intitolato: “Libro nuovo d’imparare a scrivere”, comprendente tutti i suoi lavori.

Nel 1550 lo spagnolo Ferdinando Ruano, ‘scriptore’ della Biblioteca Vaticana, pubblicò i “Sette alfabeti di varie lettere formati con ragion geometrica” e la “Lettera cancelleresca formata” quest’ultima, incisa e fusa nel 1926 dalla Società Nebiolo di Torino su consiglio di Raffaello Bertieri che ne disegnò le maiuscole e i numeri, mancanti nell’originale. Questa cancelleresca, che piega lo stile gotico alle armonie calligrafe, per la sua originale impostazione verticale, si distingue dai coevi alfabeti corsivi creati dagli altri calligrafi rinascimentali.

Vespasiano Amphiareo, frate conventuale di Ferrara, pubblica nel 1555 il suo manuale “Opera di frate Vespasiano Amphiareo da Ferrara dell’ordine minore conuentuale, nella quale si insegna a scriuere varie sorti di lettere, et massime vna lettera bastarda da lui nouamente con sua industria ritrouata … Poi insegna a far l’inchiostro…” e nel 1566 “Opera nella quale s’insegna a scriuere varie sorti di lettere … Aggiuntoui di nuouo due bellissimi alphabeti di maiuscole”.

Il milanese Francesco Cresci pubblicherà nel 1579 “Il perfetto cancelleresco corsivo” dove illustrerà la «Corsiva Cresciana» che sarà la principale forma alla quale deriveranno, nei secoli successivi, la «Scrittura corsiva inglese». Cresci introdusse un nuovo stile di scrittura, più fluente e dinamico, che cambiò lo stile della calligrafia, della stampa e dell’iscrizione. In particolare il suo adattamento delle lettere maiuscole romane tracciò il percorso che seguirono gli incisori dell’epoca nelle iscrizioni dei grandi edifici della Roma Barocca, creando così un’identità di lettering dello Stato della Chiesa.

Vespasiano Amphiareo, Littera bastarda

Guida al tracciamento della Cancelleresca corsiva (tavole di James Clough)

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Nel xvı secolo si afferma l’uso del pennino flessibile e appunto perché è lo strumento più adatto a tracciare i complicati decori e svolazzi che avvolgono le lettere create in questo periodo. Il gusto per la decorazione enfatica si contrappone al rigore classico del Rinascimento in tutte le manifestazioni visive del ‘600. Si rivaluta così la figura del maestro calligrafo che, traendo spunto dalle scritture cancelleresche e gotiche, si produce in virtuosismi in netto contrasto con l’evoluzione tecnico-formale attuata nel xv e xvı secolo. Nei Paesi Bassi, nella prima metà del xii secolo, si sviluppa l’arte della calligrafia fiorita conquistando fama internazionale. Uno dei maestri di questo stile calligrafico è stato Jan van den Velde, di origine fiamminga, ma che ha vissuto e ha lavorato principalmente in Olanda. Egli ha lavorato con il suo padre putativo, Felix Van Sambix, che è stato lo stesso molto acclamato per la sua arte calligrafica. Un virtuoso della arabesco, van den Velde ha scritto usando una penna d’oca, tagliata per formare un ampio pennino, i bordi leggermente arrotondati per renderlo ben scorrevole. Egli rielabora la svolazzante grafia del francese Beauchesne utilizzando una struttura architettonica riccioluta con ritmi più tipicamente barocchi.

La calcografia, introdotta alla fine del xv secolo, verrà largamente utilizzata nel xvı secolo anche per stampe calligrafiche. Questa tecnica permette la realizzazione tramite un bulino di incidere su una lastra di rame ogni tipo di segno calligrafico libero di fantasia decorativa e di produrre, tramite stampa, di numerose copie identiche. La qualità dell’incisione è completamente diversa da quella della tipografia, più affine alla xilografia già in uso da tempo. Testi e illustrazioni devono essere stampati in tempi differenti. La magistrale omogeneità formale tra parte tipografica e illustrazione che troviamo nei libri degli inizi del xvı secolo è andata perduta: la divisione tra l’illustrazione e la decorazione sontuosa e la parte tipografica, sempre più trascurata, è stridente.

I frontespizi dei libri diventano palestre in cui gli incisori danno libero sfogo alla loro voglia di decorazione. I caratteri dei titoli, anch’essi incisi, vengono racchiusi in cartigli arricciati, posti su piedistalli, inquadrati in architetture ridondanti di ornamenti naturalistici.

Jan van den Velde, “Sijt den weesen int oordeelen”, 1598

Maiuscole calligrafiche gotiche di Paul Frank, 1601

Type Design 3: il “In Motu Vita” di Matteo Cellerino

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Eccoci all’ottavo appuntamento settimanale con i lavori tipografici prodotti nella terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Questa settimana vi presento un’altra font ispirata ad una delle quattro architetture milanesi prese in esame dai partecipanti al corso.

Dopo il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella ecco la seconda font abbinata alla “Stazione Centrale di Milano”, che proprio in questi giorni vede concludersi i lunghi lavori di restauro, è il «In Motu Vita» di Matteo Cellerino in una variabile di peso.

Nei prossimi appuntamenti del post vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati alle quattro architetture milanesi: Torre Velasca, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Ca’ Brutta.

La Stazione Centrale necessita di almeno tre caratteri:

✔ Carattere “storico”(solo maiuscolo)
Carattere decorativo, non è una priorità la leggiblità quanto l’impatto estetico.
Sarà utilizzato per le insegne dei negozi e per l’eventuale comunicazioneStazione Centrale di Milano (ora Grandi Stazioni).
Fortemente ispirato e legato ai caratteri già presenti nelle iscrizioni storiche si rifarà anche al pastiche architettonico della Stazione riletto in chiave moderna.

✔ Carattere per la segnaletica (maiuscolo, minuscolo, cifre, segni d’interpunzione)
Ispirato a criteri di leggibilità e funzionalità, legame storico con i caratteri lineari in uso all’epoca.

✔ Carattere per la segnaletica elettronica (monospaziato, maiuscolo, minuscolo, cifre)
Versione riadattata ai pannelli display del carattere precedente.

L’obiettivo era creare un carattere lineare razionale e moderno ma con forti radici nei caratteri da stampa per segnaletica coevi o successivi alla realizzazione della stazione.
Le lettere hanno proporzioni umanistiche e sono leggibili da varie angolazioni, tagli e distanze.
Le aste ascendenti e le aste discendenti sono molto sporgenti, le aperture sono larghe per distinguere facilmente le lettere l’una dall’altra e la spaziatura è generosa.

Questi studi preliminari sono parte del “sistema” In Motu Vita, un sistema di caratteri pensato per adattarsi alle principali esigenze della stazione.
Come già detto, a seguito della ristrutturazione del 2008 molti degli spazi comuni saranno convertiti ad uso commerciale.
Sono state inoltre riscontrate diverse disomogeneità nei pannelli a palette, da sostituirsi, preferibilmente, con display a LED.
Per completare il progetto saranno disegnati due nuovi alfabeti: un alfabeto per le insegne dei negozi e la comunicazione esterna della stazione ed un alfabeto “ridotto” e monospaced per i pannelli elettronici.

Le vicende che portarono al progetto ed alla realizzazione della stazione Centrale di Milano, furono piuttosto lunghe e complesse quanto questo edificio imponente e variegato, nel quale la monumentalità si doveva e si deve tutt’oggi coniugare con la funzione a cui esso è destinato.
I progetti presentati al ”Concorso per la facciata della nuova stazione viaggiatori” del 1906 furono ben quarantatre.
Alla fine degli esami la commissione fu unanime nell’assegnare il primo premio al progetto “In motu vita” di Ulisse Stacchini. La costruzione a pieno ritmo iniziò nel 1925 e il 1 luglio 1931 la stazione venne inaugurata ufficialmente alla presenza di Costanzo Ciano. La stazione è attualmente interessata da importanti lavori di restauro e riqualificazione, iniziati ad agosto 2005, da parte di Grandi Stazioni, una società di Ferrovie dello Stato.
La facciata è larga 200 metri e la volta è alta 72, un record quando venne costruita. Dietro alla facciata, parallelamente ad essa corre la ”Galleria delle Carrozze”. La stazione non ha uno stile architettonico definito, ma è una miscela di diversi stili, in particolare Liberty e Art Decò, ma non solo. Talvolta il suo stile viene definito Assiro-Milanese. È stata definita dall’architetto Frank Lloyd Wright la più bella stazione ferroviaria al mondo.

Un sistema di caratteri per la Stazione Centrale di Milano, Ulisse Stacchini, 1912 – 1931

Nell’architettura della Stazione Centrale convivono:
✔ elementi Liberty (~1912, primo progetto, secondo la sensibilità di Stacchini )
✔ elementi littori (~1920, revisioni progetto, secondo le esigenze di propaganda del Fascismo)
✔ elementi moderni (~1950 ai giorni nostri, modifica e riadattamento degli spazi comuni)

Inoltre sta per essere ultimato un completo restauro della stazione che riadatterà parte degli spazi comuni destinandoli ad un uso commerciale.

Problemi della Stazione Centrale:
✕ Totale mancanza di uniformità nella segnaletica verticale
✕ Totale mancanza di segnaletica orizzontale (indicazioni sul pavimento)
✕ Invasività degli spazi pubblicitari e degli esercizi commerciali

I lavori già presentati nei precedenti post:
Il «Salieri» di Diana Quarti
Il «Velasca» di Nora Dealti
Il «Monumentale» di Pierfrancesco Annichiarico
Il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella
Il «Labi.bold» di Laura Ferrario
Il «Velasca» di Laura Dal Maso
Il «Contrast» di Maddalena Lo Franco

Edward Johnston: il carattere della metropolitana londinese

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Questo anno il logo della metropolitana di Londra, un classico del design grafico, ha compiuto 100 anni. Disegnato da un autore rimasto anonimo fu per la prima volta riprogettato nel 1913 da Frank Pick, che era direttore del marketing del Gruppo delle Compagnie della London Undenground. Egli commissionerà, nel 1916, a Edward Johnston il carattere lineare denominato originariamente «Underground», che fu però conosciuto con la denominazione di «Johnston’s Railway Type», e successivamente  semplicemente come «Johnston». Questo carattere era basato sulle proporzioni di un primo lapidario romano assente di grazie, e ancora oggi, seppur rimodernato con una sottile rielaborazione eseguita nel 1979 da Eiichi Kono per la Banks & Miles con il nome di «New Johnston», viene utilizzato per la segnaletica mentre il «Johnston Delf Smith» è composto dai caratteri della segnaletica storica; ambedue le font sono in vendita presso la “Transport of London”.

Ma chi era Edward Johnston? Allievo di William Morris, fu un calligrafo, tipografo e insegnante inglese che dedicò tutta la sua vita alla tipografia. Johnston è stato un membro di spicco della comunità artistica conosciuta dal 1920 come la Guild of St Joseph and St Dominic, è stato presidente della Arts and Crafts Society (1933-36), ha insegnato al Royal College of Art e si è aggiudicato il CBE nel 1939. Egli ha prodotto una vasta gamma di lavori molti dei quali calligrafici, dai testi ecclesiastici e civili a testi di poesia e le sue iscrizioni, di solito eseguite in due colori (nero e oro o nero e rosso), su pergamena. Scrisse anche dei testi sulla tipografia come il famosissimo manuale «Writing and Illuminating, and Lettering» (1906), il «Manuscript and Inscription Letters» (1909), ed il «A Book of Sample Scripts» (1914). La sua influenza come designer delle lettera e come insegnante di calligrafia è stata molto diffusa e tra i suoi allievi di spicco figura Eric Gill che si ispirerà al famoso carattere del maestro per disegnare il suo «Gill Sans».

Copertine di due dei tre libri sul lettering e la calligrafia scritti da Edward johnston.

Evoluzioni del logotipo per l’Underground di Londra

Specimen originale del «Underground» di Edward Johnston

A sinistra disegni di lettere fatte da Johnston del 1906 – A destra composizione in «Hamlet-Type»

Il «Omnibus alphabets» variabile condensata per l’utilizzo delle indicazioni di percorso degli autobus londinesi.

Lettere magnetiche del carattere «Johnston» in vendita presso il “London Transport Museum”.

Johnston non disegnò ovviamente solo il carattere per la metropolitana londinese ma anche altri, seppur meno famosi, come «Hamlet-Type» (1912-27) utilizzato per un testo sul “Hamlet”; e il romano «Imprint Antiqua» del 1912 – 1913 per la Monotype Type Drawing Office insieme a Gerard Meynell, Ernest Jackson e J. H. Mason ed è stato il primo carattere sviluppato specificatamente per la composizione meccanica.Il design è stato stanziato per il gruppo di nuove pubblicazioni sulla tipografia e stampa, opportunamente intitolato “The Imprint”Modellato sulle forme del «Caslon» di Frank Hinman Pierpont e della Monotype Corporation, «Imprint Regular» si diffuse acquistando molta popolarità, e andò a influenzare un certo numero di caratteri da testo successivi.

Dal suo «Johnston» sono stati ricavati altri caratteri, sempre per i trasporti londinesi come il «Omnibus alphabets» una variante condensata dell’originale per l’utilizzo delle indicazioni di percorso degli autobus londinesi e il «Johnston Sans bold». Inoltre, dato il grande successo dell’originale, le forme sono state “clonate”, “adattate” o digitalizzate da altre fonderie come per esempio il «ITC Johnston» versione digitalizzata progettata da David Farey per la ITC e altre versioni per la P22 come il «P22 London Underground» del 1997 e il «P22 Underground», in diverse variabili, del 2007 digitalizzati da Richard Kegler con l’introduzione delle lettere accentate non presenti nell’originale in quanto nella lingua inglese non né viene fatto uso.

Potete trovare altre informazioni sul sito della “The Edward Johnston Foundation”

“L’alfabeto e la città” di James Clough: la conferenza

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Si è svolta martedì scorso, presso il Centro di Studi Grafici di Milano, la conferenza di James Clough “L’alfabeto e la città” con numerosa partecipazione di pubblico dove James ci ha incuriosito, divertito e fatto riflettere sulle varie insegne, iscrizioni, targhe e segnaletiche che ha fotografato personalmente, o che ha ricevuto, in giro per l’Italia.

Tralasciando le lapidi e le iscrizioni antiche italiane, delle quali una sola serata non sarebbe bastato ad illustrarle, James ci ha fatto vedere un pot-pourri di immagini partendo dalle targhe stradali, da quelle “ordinate” milanesi con le indicazioni scolpite e pitturate di nero su lastre di marmo bianco e in alcuni casi adattate in ornamenti architettonici, a degli esempi di Bergamo che ne vanta ben 15 tipi differenti, o all’esempio di Urbino composte in «Didot» condensato che le rende illeggibili. Altre targhe che ci ha fatto vedere: una in ceramica di Faenza (molto pertinente con la cultura cittadina) o una, sempre in ceramica, di Monleale (AL) dove l’indicazione “via Castello” risulta molto bello e brillante, come pure una curiosa di Borgo Po a Torino in stile rococò fiorentino che “scaccia i romani” o i “nissioetti” (nizioletti – lenzuolini) veneziani, a me cari, introdotti nella città lagunare dagli occupanti napoleonici nella fine del ıx Secolo (come ci conferma anche James Mosley).
Le targhe proiettate di seguito invece illustravano i numerosi “misfatti”, purtroppo facilmente ritrovabili, in giro per l’Italia: da una “via Tasso” a Cologno Monzese (MI) ad una sovrapposizione di targhe a Pianezza (TO) dove le nuove metalliche composte con un pessimo carattere coprono in parte le antiche molto belle, memoria storica di un paese. Per non parlare delle targhe tipo “via D. Alighieri” con “via Dante A.” (la foto di Anna Ronchi le mette in confronto ambedue).

Nella seconda parte della serata James ci ha fatto vedere alcune iscrizioni archigrafiche degli anni ’30 in tanti diversi stili tra le quali il bellissimo bastoni spaziato del Tribunale di Milano fatto dall’Arch. Marcello Piacentini e sempre dello stesso progettista le iscrizioni del Museo Nazionale di Reggio Calabria e del Palazzo INPS-Missori a Milano. Alcuni curiosi nessi tipografici trovati sulle lapidi del Cimitero Monumentale di Milano ed altre iscrizioni dove si notavano i diversi posizionamenti, più orizzontali o più verticali, delle ‘S’ sinuose tipiche di quegli anni.
In contrapposizione al bastoni di Piacentini per il Tribunale milanese, l’uso tridimensionale dello «Stop» di Aldo Novarese per il Tribunale di Napoli. Aldo non avrebbe mai ipotizzato tanto onore per un suo carattere “sperimentale e giocoso” utilizzato per un luogo tuttaltro che allegro.

Terza parte della conferenza riguardava le insegne di negozi nate come puro lettering dipinto su fondo metallico o dipinto sul verso di lastre di vetro ora sempre più diventate di materiale plastico, perdendo quella manualità artigianale che creava “opere” molto interessanti. Di queste tipologie di insegne James ci ha illustrato tre tipi differenti: Liberty, vernacolari (inteso come opere non professionistiche ma molto “libere e fuori da ogni regola compositiva”) e progetti grafici veri e propri.
Interessanti sono le ricerche sulle vecchie insegne che stanno scomparendo o che, purtroppo sono già scomparse, ma che fortuna rimangono almeno come fotografie, come la “Latteria” di Milano in zona via Zecca Vecchia e una oramai rarissima indicazione, sempre nel centro di Milano, di denominazione di “Contrada”.
Sopravvivono ancora delle vecchie insegne come quella del negozio “Mutinelli” a Milano o di un cinema a Modena come pure di mosaici pedonali a Venezia per indicare ristoranti (un esempio illustrato è l’uso di un corsivo inglese per un ristorante storico veneziano la “Antica Carbonera”), in alcuni casi la sensibilità di alcuni negozianti fa sì che, nonostante il negozio venda altra merce o che abbia cambiata solo la propietà, mantenga le insegne storiche come testimonianza culturale e storica del vissuto (l’insegna “Paracqua” o di una ex Farmacia trasformata in boutique ambedue in via Solferino a Milano ne è un esempio).
Tra le tante insegne progettate che James ci ha fatto vedere ci sono stati alcuni esempi tra i quali l’uso un po’ particolare di una ‘H’ per un fast food di Pesaro dove la lettera è diventato il busto di un cameriere che serve un burger o i giochi di lettere in altri elaborati.
Anche in questa categoria non mancano i “sotterfugi” come nel negozio di casalinghi dove la lettera ‘g’ è stata completamente posizionata sopra la linea di base (caso già illustrato in un mio precedente post sulla segnaletica della Metropolitana di Milano).
In chiusura di serata alcuni esempi di insegne esposte e di tombini di ghisa interessanti per alcuni accorgimenti per visualizzare, a seconda della forma del tombino stesso, gli acronimi di appartenenza.
Altre immagini di questa “caccia fotografica” di James Clough sono reperibili nei suoi articoli che ha scritto ultimamente per la rivista “Graphicus”.

Grazie James!