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«Manuale Tipografico» di Giambattista Bodoni (1818)

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Per i bibliofili e gli amanti della tipografia ecco un secondo interessante testo: il «Manuale Tipografico» di Giambattista Bodoni nella ristampa postuma del 1818, pubblicata dalla vedova Margherita Dall’Aglio basandosi sulla prima del 1788 stampata dal grande tipografo, che come il  «Hypnerotomachia Poliphili» di Francesco Colonna, viene presentato dal sito americano Rare Book Room, costruito come un luogo educativo destinato a consentire al visitatore di esaminare e leggere alcuni dei grandi libri del mondo e dove è possibile sfogliare online l’intero libro, pagina per pagina, ingrandendo o riducendo il formato.

Nel «Manuale Tipografico» il Bodoni presenta più di 600 incisioni, 142 caratteri latini (con i corrispondenti corsivi), caratteri scritti ed esotici, mille ornamenti e vignette. Questi caratteri e decorazioni sono stati il culmine di più di quarant’anni di devozione di Bodoni all’arte tipografica, sia nella sua qualità di stampatore per il Duca di Parma, sia come stampatore privato. Ma il suo vero valore non risiede nel fatto di essere un libro meravigliosamente stampato e di grande rarità e nemmeno nell’essere il testamento del tipografo più importante della sua epoca ma nel avere al suo interno i primi caratteri moderni più evoluti, raffinati e rigorosi come quelli creati da John Baskerville, però non tanto rigidi e formali come quelli disegnati dal grande rivale francese Firmin Didot. Un altro degli aspetti più importanti di quest’opera monumentale è la sua integrità di stile, che costituisce un modello di coerenza estetica vigente tutt’oggi nella nostra epoca.

Nella sua prefazione al manuale, Bodoni espone i quattro principi o qualità che costituiscono la bellezza di una famiglia di caratteri tipografici.

La prima è l’uniformità o regolarità del disegno che consiste nel comprendere che molti dei caratteri in un alfabeto hanno elementi in comune che devono rimanere gli stessi precisi in ognuno di essi. Il secondo è l’eleganza unita alla nitidezza ovvero il giusto taglio e la rifinitura meticolosa dei punzoni che producono una matrice perfetta dalla quale ottenere caratteri nitidi e delicati. Il terzo principio è il buon gusto: il tipografo deve restare fedele ad una nitida semplicità e non dimenticarsi mai del suo “debito” con le migliori lettere scritte nel passato. La quarta ed ultima qualità afferma il Bodoni è l’incanto, una qualità difficile da definire, ma che è presente in quelle lettere che danno l’impressione di essere state scritte non con svogliatezza ne con rapidità, ma con somma calma come in un atto d’amore.

Questo volume è stato ristampato più volte come nell’edizione del 1965 di Franco Maria Ricci.

5) Transizionali – Barocche (Classificazione Novarese)

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Sono così chiamati perché i suoi elementi indicano la transizione tra “romani antichi” e “romani moderni”. Nascono tra la fine del XVII e il XVIII secolo prima in Francia, successivamente in Olanda e Inghilterra e non presentano particolari innovazioni rispetto ai caratteri Veneziani che li hanno preceduti.

Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529
Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529

Dalle ricostruzioni geometriche dei Lapidari durante il Rinascimento si arriva ai primi esempi di transizionale francese del «Roman du Roi», creato da Philippe Grandjean nel 1692 su commissione dell’Accademia francese delle scienze dove per la prima volta fu disegnato un corsivo originale.

Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Particolare della costruzione della lettera “M” del Roman du Roi

Dai transizionali olandesi come quelli incisi dal punzonista Cristoffel Van Dijck per gli Elsevier fino ai transizionali inglesi, le grazie non hanno quasi mai inclinazioni e si raccordano all’asta verticale con una piccola curva, mentre la base della grazia è completamente piatta.

Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660
Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660

In questo carattere l’asse verticale non è più inclinato ma perpendicolare alla base come nelle lettere “o”, “O”, “Q”. La “C”, la “G” e la “S” hanno il rostro molto pronunciato e le differenze tra fine e grosso sono più accentuate come è più accentuato il contrasto tra i pieni e i vuoti. I transizionali sono caratterizzati da un contrasto più pronunciato fra aste verticali e orizzontali rispetto ai romani antichi. L’asse, è quasi verticale. L’allineamento superiore della “T” non è più sporgente.

Dal punto di vista della leggibilità stanno alla pari dei Veneziani, però sono più adatti per le riproduzioni in considerazione delle grazie leggermente più accentuate rispetto ai tipi precedenti: virtù eccellente per sopperire alle naturali deformazioni fotografiche. Sono apprezzati e sempre in primo piano per qualsiasi applicazione e sono anche più resistenti, come caratteri a piombo, all’usura delle lunghe tirature tipografiche.

Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati della epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione dIndipendenza degli Stati Uniti. They fell out of favour in the century after his death, but were revived in the 1840s, and Caslon-inspired typefaces are still widely used today.
Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati dell’epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti.

Per la composizione tipografica di libri (quali romanzi, saggi, narrativa, ecc.), il carattere più consigliato e meglio riuscito è il «Baskerville», disegnato dall’inglese John Baskerville (1706-1775), artista, disegnatore di caratteri e stampatore seguendo i suggerimenti del suo contemporaneo William Caslon (1692-1766) autore del carattere ononimo «Caslon», accentuando ulteriormente i contrasti d’asta e rendendo più eleganti i raccordi con il risultato di un carattere molto leggibile.

Del carattere del Baskerville esiste in commercio una versione ridisegnata che prende nome di «New Baskerville».

Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763
Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763

Esempio di carattere per i testi da quotidiano è il «Times» disegnato da Stanley Morison (1889-1967) per il quotidiano londinese “The Times” nel 1932 basandosi sul «Plantin», dal nome dello stampatore francese Christophe Plantin (1520-1589).

Specimen del New Century Schoolbook
Specimen del New Century Schoolbook

Per la composizione tipografica di libri di testo scolastico il carattere più consigliato è il «New Century Schoolbook», basato sul «Century» disegnato da Linn Boyd Benton nel 1895, per la sua leggibilità anche se meno elegante degli altri della famiglia di classificazione.

Tra i molti Transizionali ricordiamo, oltre ai già citati: «Plantin», «Baskerville», «Caslon», «Century», «New Century Schoolbook» e «Times»; anche: «Granjon», «Palatino», «Aster», «Magister», «Bell», «Bulmer», «Cochin», «Hoefler Text», «New Caledonia», «Perpetua», «Fournier», «ITC Stone Serif», ecc.