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Le abbreviazioni tipografiche

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Fin dall’epoca dell’Impero Romano e fino al XVI secolo, gli scrittori hanno ricorso a delle, “scorciatoie” da un lato per fare tenere il testo nello spazio d’impaginazione imposto e dall’altro per guadagnare spazio per economizzare denaro, poiché l’incisione nella pietra e la calligrafia su papiro e poi su pergamena è sempre costata cara.

Così, allora, inventarono i segni delle abbreviazioni. La loro moltiplicazione ha fatto che la lettura del testo alfabetico si è a volte trasformata in una vera codificazione di segni convenzionali (un pò come la stenografia in uso d’oggi) che solo l’iniziati potevano comprendere.

La prima tipografia ereditò ai suoi albori queste abbreviazioni che durarono un secolo e vennero soppresse sia per il minor uso del latino, sia per rendere più comprensivi i testi al maggior numero dei lettori. Al giorno d’oggi vengono utilizzate diverse abbreviazioni per le diverse lingue.

Segni delle abbreviazioni utilizzati dal VIII al XVI secolo nella calligrafia e nella nascente tipografia
Segni delle abbreviazioni utilizzati dal VIII al XVI secolo nella calligrafia e nella nascente tipografia

Curiosi sono i significati di alcune di queste abbreviazioni, per esempio l’asterisco * che significava il denaro o il simbolo dell’infinito ∞ che un tempo si riferiva alla cifra mille intesa anche come Anno Mille (quello allora previsto come la fine del mondo e quindi l’infinito).

Testo in portoghese

Lettere satellitari

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Questa è nuova! Non bastano le ricerche fotografiche di osservare con occhi diversi ciò che ci circonda e si propone di trovare un nuovo tipo di lettering che abbiamo sempre visto intorno a noi ma che non abbiamo mai “visto”: un lettering fatto da oggetti più o meno comuni. Probabilmente a non tutti era capitato di vedere, in un comune semaforo, una E; in un paio di occhiali chiusi, una B; in uno scambio tranviario, una X; e così via.

Bene, ora con le fotografie satellitari e con siti tipo Google Earth, c’è chi si è sbizzarrito a trovare forme di case, palazzi, piazze, strutture architettoniche e tanto altro, tra le milioni città del mondo, che ricordino lettere dell’alfabeto latino.

Sul sito GEOGREETING si può scrivere un messaggio da spedire via e-mail utilizzando un “font satellitare” che con la forma della lettera richiesta ci visualizza la parola, in questo caso le lettere sono preimpostate percui i caratteri utilizzati sono sempre gli stessi.

Provate voi stessi a cercare nuove lettere utilizzando Google Earth!

Testo in portoghese

Scritto da Giò

settembre 15th, 2008 at 3:44

5) Transizionali – Barocche (Classificazione Novarese)

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Sono così chiamati perché i suoi elementi indicano la transizione tra “romani antichi” e “romani moderni”. Nascono tra la fine del XVII e il XVIII secolo prima in Francia, successivamente in Olanda e Inghilterra e non presentano particolari innovazioni rispetto ai caratteri Veneziani che li hanno preceduti.

Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529
Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529

Dalle ricostruzioni geometriche dei Lapidari durante il Rinascimento si arriva ai primi esempi di transizionale francese del «Roman du Roi», creato da Philippe Grandjean nel 1692 su commissione dell’Accademia francese delle scienze dove per la prima volta fu disegnato un corsivo originale.

Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Particolare della costruzione della lettera “M” del Roman du Roi

Dai transizionali olandesi come quelli incisi dal punzonista Cristoffel Van Dijck per gli Elsevier fino ai transizionali inglesi, le grazie non hanno quasi mai inclinazioni e si raccordano all’asta verticale con una piccola curva, mentre la base della grazia è completamente piatta.

Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660
Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660

In questo carattere l’asse verticale non è più inclinato ma perpendicolare alla base come nelle lettere “o”, “O”, “Q”. La “C”, la “G” e la “S” hanno il rostro molto pronunciato e le differenze tra fine e grosso sono più accentuate come è più accentuato il contrasto tra i pieni e i vuoti. I transizionali sono caratterizzati da un contrasto più pronunciato fra aste verticali e orizzontali rispetto ai romani antichi. L’asse, è quasi verticale. L’allineamento superiore della “T” non è più sporgente.

Dal punto di vista della leggibilità stanno alla pari dei Veneziani, però sono più adatti per le riproduzioni in considerazione delle grazie leggermente più accentuate rispetto ai tipi precedenti: virtù eccellente per sopperire alle naturali deformazioni fotografiche. Sono apprezzati e sempre in primo piano per qualsiasi applicazione e sono anche più resistenti, come caratteri a piombo, all’usura delle lunghe tirature tipografiche.

Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati della epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione dIndipendenza degli Stati Uniti. They fell out of favour in the century after his death, but were revived in the 1840s, and Caslon-inspired typefaces are still widely used today.
Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati dell’epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti.

Per la composizione tipografica di libri (quali romanzi, saggi, narrativa, ecc.), il carattere più consigliato e meglio riuscito è il «Baskerville», disegnato dall’inglese John Baskerville (1706-1775), artista, disegnatore di caratteri e stampatore seguendo i suggerimenti del suo contemporaneo William Caslon (1692-1766) autore del carattere ononimo «Caslon», accentuando ulteriormente i contrasti d’asta e rendendo più eleganti i raccordi con il risultato di un carattere molto leggibile.

Del carattere del Baskerville esiste in commercio una versione ridisegnata che prende nome di «New Baskerville».

Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763
Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763

Esempio di carattere per i testi da quotidiano è il «Times» disegnato da Stanley Morison (1889-1967) per il quotidiano londinese “The Times” nel 1932 basandosi sul «Plantin», dal nome dello stampatore francese Christophe Plantin (1520-1589).

Specimen del New Century Schoolbook
Specimen del New Century Schoolbook

Per la composizione tipografica di libri di testo scolastico il carattere più consigliato è il «New Century Schoolbook», basato sul «Century» disegnato da Linn Boyd Benton nel 1895, per la sua leggibilità anche se meno elegante degli altri della famiglia di classificazione.

Tra i molti Transizionali ricordiamo, oltre ai già citati: «Plantin», «Baskerville», «Caslon», «Century», «New Century Schoolbook» e «Times»; anche: «Granjon», «Palatino», «Aster», «Magister», «Bell», «Bulmer», «Cochin», «Hoefler Text», «New Caledonia», «Perpetua», «Fournier», «ITC Stone Serif», ecc.

La storia del cirillico

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Nel 863 Constantino il Filosofo (detto Cirillo) e suo fratello Metodio crearono un alfabeto destinato ad essere usato dagli slavi, esso venne chiamato glagolitico (“glagolitza”) e fu diffuso fino alla fine dell’undicesimo secolo.
L’alfabeto “glagolitico” non aveva niente a che fare con gli alfabeti già esistenti, era singolare e piuttosto complicato. Dal 863 in poi, per due secoli e mezzo (dalla metà del IX secolo alla fine del XI) tutti i manoscritti della letteratura bulgara antica furono scritti in “glagolitico”.
Contemporaneamente all’alfabeto “glagolitico”, sin dalla seconda metà del IX secolo, si sviluppò anche un alfabeto di grafia più semplice che rimase nella storia con il nome “kirilitza”; una gran parte degli studiosi suppone che la “kirilitza” fosse stata creata da uno degli allievi di Cirillo e Metodio, San Clemente d’Ocrida (Sveti Kliment Ohridski).
Questo alfabeto fu chiamato dal popolo “kirilitza” in onore di S. Cirillo e diede l’origine al cirillico moderno. Esso infatti è molto più semplice della “glagolitza” e una parte delle sue lettere deriva dall’alfabeto greco e latino. A poco a poco, a partire dal X secolo, la “kirilitza” cominciò a sostituire la “glagolitza”. La maggior parte delle iscrizioni che risalgono a quell’epoca sono in “kirilitza”, con essa si scriveva più facilmente su pietra e metallo.
L’introduzione della “kirilitza” non sottovalutò in nessun modo la grande opera di Cirillo e Metodio: anzi, senza la loro “glagolitza” non sarebbe esistito l’alfabeto cirillico. Durante il Medioevo il popolo bulgaro visse con l’idea che Cirillo e Metodio avessero creato l’alfabeto cirillico. Cirillo, Metodio e i loro discepoli Clemente (Kliment), Naum, Anghelarij, Gorazd, tradussero in lingua bulgara antica tutti i testi sacri e le agiografie. Infine, grazie a Cirillo e Metodio fu per la prima volta possibile nella storia della Chiesa l’introduzione della messa in una lingua diversa dal latino, ebreo e greco (le “tre lingue sacre”).
Un secolo dopo la creazione dell’alfabeto cirillico e dell’introduzione di esso in Bulgaria, alla fine del X secolo, missionari bulgari portarono in Russia libri bulgari e vi diffusero l’alfabeto cirillico. La Russia infatti introdusse l’alfabeto cirillico e si convertì al cristianesimo ortodosso un secolo dopo la Bulgaria, alla fine del X secolo.

La Ґ, minuscolo ґ, chiamata Ghe o Ghe con rialzo, è una lettera dellalfabeto cirillico che riproduce il suono della consonante occlusiva velare sonora IPA /g/, ovvero la g dura italiana.
La Ґ, minuscolo ґ, chiamata Ghe o Ghe con rialzo, è una lettera dell’alfabeto cirillico che riproduce il suono della consonante occlusiva velare sonora IPA /g/, ovvero la g dura italiana.

Attualmente l’alfabeto cirillico è utilizzato per scrivere varie lingue slave (il bielorusso, il bosniaco, il bulgaro, il macedone, il russo, il ruteno, il serbo e l’ucraino) e lingue non slave parlate in territori appartenenti all’ex Unione Sovietica e nell’odierna Federazione russa.

Tipografia popular brazileira

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In Brasile vengono progettate diverse font partendo dal ridisegno di lettere pitturate a mano in occasioni di manifesti e striscioni fieristici, lettering d’insegne, menu calligrafici dei bar, ecc. Una visione del quotidiano che ti sta intorno nelle vie, sui muri, nelle vetrine dei piccoli negozi.
Tali lettere sono riportate in una griglia fissa per studiarne le proporzioni per poi progettare le lettere mancanti, i numeri, gli accenti, i simboli ed i segni d’interpunzione. Le font presenti in questo post sono state poi prodotte dalla fonderia digitale Tipos Populares do Brasil.

Nel carattere Responsa (2004, market price font) di Pedro Moura viene mostrata la quantità delle possibilità della tipografia popolare brasiliana facendo risaltare le pseudo grazie delle lettere B, P e R

Esempio con lutilizzo del Responsa
Esempio con l’utilizzo del Responsa

Nel carattere Tetéla (2004, connected script) disegnato da Pedro Moura partendo da dei minuscoli corsivi della tipografia popolare brasiliana viene sviluppata una forma armonica tra le lettere fatte da diversi artisti.

Una corretta regolazione del kerning di questa font rende possibile una legatura continua fra tutte le lettere dell’alfabeto, poiché così erano state dipinte nella realtà. Inoltre, il disegno delle maiuscole sono molto elaborati, risultando come font adatta alle titolazioni.

Esempio di utilizzo del Tetéla
Esempio di utilizzo del Tetéla


Il Tetra, sempre di Pedro Moura, è invece una adattazione di un carattere usato per un cartello prezzi di una macelleria in una via di São Paulo. La sua forma inregolare e la sua prospettiva storta gli conferisce un aspetto urbano e decompresso.


Per il font Caprichoza, Pedro Moura è partito da una targa presente in una casa di Niterói, di fronte al tradizionale bar Barroquinho, e il suo disegno si mostrò tanto elaborato che propiziò la costruzione quasi completa del carattere partendo dall’originale fotografico. La costruzione tipografica, ugualmente inregolare in alcuni tratti, segue una logica ben definita, data dal movimento della penellata curvilinea dell’artista in uno stile decorativo che ricorda l’Art Nouveau, talvolta adattato alla locale realtà tropicale. Furono fatte 27 lettere dell’alfabeto latino più il sistema completo di lettere accentate.

Ultimo carattere di Pedro Moura è il Marvada, questa font fa parte del gruppo “rústicas” dei caratteri della Tipografia popolare. Essa è una riproduzione diretta di diverse targhe per gli annunci prodotti da persone con alfabetizzazione precaria. La sua proposta è fare un abbordaggio semantico della realtà del grado d’istruzione del popolo brasiliano, e che si caratterizza come una font sperimentale. Questa caratteristica si riproduce nella costruzione dei caratteri e nella logica di ordinamento dell’archivio digitale: tutti i glifi sono disegnati come altezza della maiuscola e mantengono tutti gli errori di ortografia e di disegno errato come per esempio la “S” invertita o la “W” sostituita per la “I”, o la “Ç” sostituita per la “ss” e la “J” e la “R” minuscole. Allo stesso tempo, se l’utilizzatore del font vuole scrivere correttamente, può utilizzare la versione come minuscolo, quindi senza il tasto Shift, per scrivere senza errori.

La font 1 Rial fu sviluppata nel 2006 da Fátima Finizola partendo dall’0sservazione dei caratteri vernacolari utilizzati nelle targhe delle vie nella città di Recife. Partendo da l’essenza del disegno originale, alcune lettere furono ritoccate e le lettere mancanti furono disegnate basandosi su quelle presenti. La font è marcata per gli angoli retti e tratti rustici e grossolani, mostrando gli atrezzi utilizzati dal letterista per disegnarle e dipingerle.

Thereza è una font xilografica prodotta dal designer brasiliano Fernando Rocha.
La sua tipografia digitale si basa sulla stampa xilografica e sulla letteratura dello “spago”: «La font fu fatta come progetto della Faculdade (PUC-Rio) e l’obiettivo della ricerca era stato le lezioni d’incisione. L’idea del progetto era di produrre una font basandosi selle tecniche d’incisione; la font Thereza fu una di queste soluzioni. Il nome della font venne dedicato a Thereza Miranda che fu una pioniera della fotoincisione in Brasile e una deli incisori più importanti. Gli studenti del PUC furono entusiasti per questa scelta mentre per la Facoltà appariva assurdo perché non presentava al meglio il tema del corso …»
L’alfabeto fu intagliato nel legno lettera per lettera, digitalizzato e corretto in Adobe illustrator, infine importato su Fontlab per l’implementazione finale come font.

By Pedro Moura: Teteia (2004, connected script), Responsa (2004, market price font), Caprichoza (2004, handprinted display face), Marvada (2004), Treta (2004, handprinted outline face), Faceira (2005, another connected script). Treta excepted, inspiration for these fonts came from the streets of Rio de Janeiro.
By Fernando Rocha, Rio de Janeiro: Thereza Miranda.
By Buggy, Recife: Cordel.
By Gustavo Lassala, Sao Paulo: Adrenalina (no longer free).
By Fernando PJ, Salvador: Bonoco 2.0, Suburbana.
By Fatima Finizola, Recife: 1Rial.

La tilde e la sua origine

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I copisti amanuensi del Medio Evo semplificavano il loro penoso lavoro abbreviando le parole e i nomi sostituendoli con determinati glifi. Per copiare più velocemente e per risparmiare inchiostri e pergamene che erano molto costose utilizzavano abbreviazioni e segni vari. Alcuni di questi glifi continuano ad essere utilizzati anche oggi.

Fu così che nacque, per esempio, la tilde (~), per sostituire una “m” o una “n” che nasalizzava la vocale anteriore. La tilde (parola derivante dal latino titulus) era una abbreviatura, una piccola “n a forma di onda” posizionata sopra la lettera.

Oggi, la tilde è un segno diacritico che serve per nasalizzare le vocali (in portoghese) e la “n” (nello spagnolo). Curiosamente, in Portogallo, nel dittongo “ão”, la tilde fu per molto tempo collocato sopra la “o” di seguito a volte sopra la “a”, a volte sopra la “o”. Le notizie più antiche sulla definizione di tilde è del XVI secolo nel testo «Gramática» di João de Barros.

Referenza e traduzione da: Cadernos de Tipografia, Nr. 2

Testo in portoghese