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A lezione di Tipografia a Roma

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Il 14 dicembre, nell’ambito della manifestazione Design+ promossa dalla Sezione Arti, Design e Nuove Tecnologie del Dipartimento ITACA della Sapienza, si è svolto un seminario tenuto da Giò Fuga, progettista grafico specializzato nel disegno di caratteri tipografici (letterista).


Tratto da Web Sapienza

Ci sono dei mestieri d’arte che hanno un rapporto di contiguità con il webdesign. C’è ne uno che ne rappresenta una sorta di ascendenza nobile. Un Mestiere che affonda le radici nel Rinascimento. È il Type Design, il progettista di caratteri tipografici per la pubblicazione e la diffusione di testi a stampa.

Giò Fuga ne ha parlato oggi, davanti a un centinaio di studenti e di giovani professionisti, presentando Tipoitalia, la prima rivista italiana dello stile della tipografia, che focalizza e sviluppa i temi della nostra tipografia e della grafica ad essa connessa.

Nella seconda parte dell’incontro, Giò Fuga ha spiegato l’importanza del lettering nella comunicazione visiva e testuale e ha ripercorso i passaggi ‘operativi’ per progettare una font (Font deriva dal francese e va declinato al femminile).

Per progettare una font bisogna sempre partire da schizzi, progetti su carta: il computer non è uno strumento di progettazione ma di esecuzione.

Dopo aver ideato la font (sia per un progetto editoriale – più complicato perché destinato alla lettura – sia per un progetto di lettering visuale di un’azienda o di un’istituzione), si può passare alla realizzazione vera e propria utilizzando i software destinati allo scopo.

Il relatore ha anche parlato dei suoi progetti (la font ‘lespresso’ per le titolazioni del settimanale Espresso e la custom font della casa motoristica giapponese Yamaha).

Ha descritto un quadro abbastanza desolante sull’attenzione e sul livello di conoscenza di questo mestiere in Italia: negli altri paesi si è rispettati e conosciuti, qui – patria del design – non si valorizza il ruolo e i compiti del type designer.

La scarsa attenzione ai temi della leggibilità dei testi ha una ricaduta diretta sull’efficacia – ad esempio – della segnaletica e delle indicazioni stradali, con effetti diretti e spesso drammatici.

Non è mancato il riferimento al Web: un invito a non utilizzare l’Arial (molto meglio il Verdana), ricordando però che questi caratteri sono nati per lo schermo: quindi NON bisogna utilizzarli per pagine destinate alla carta.

L’invito dei curatori del seminario ai loro allievi è di considerare che siamo circondati da testi. Anche se non si fosse interessati a intraprendere questa professione è importante conoscerla per poter applicare le conoscenze acquisite ai nostri lavori e ai nostri progetti. L’invito – che vale per tutti e per tutto è di avere curiosità per le cose intorno a noi, una caratteristica essenziale per diventare un buon designer.

(Posted by fcarnera sul blog dell’università La Sapienza – Roma)

Testo in portoghese

Come irritare i type design: IKEA ora usa il Verdana …

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L’IKEA nel suo nuovo catalogo ha cambiato la font utilizzata, infatti dopo molti anni con l’uso del Futura e del Century Schoolbook, è passata al Verdana, font disegnata da Matthew Carter per la Microsoft Corporation per Internet e multimedia data la sua alta leggibilità video.

Ma proprio per il suo disegno, questa font non è assolutamente indicata per la grafica editoriale e per la corporate identity, come purtroppo avviene anche con l’Arial.

I Type Designer ed i grafici di tutto il mondo stanno rispondendo negativamente a questa folle scelta facendo varie petizioni affinché l’IKEA torni all’antico o perlomeno utilizzi una font corretta all’uso.

In una intervista comparsa sulla rivista svizzera CAP&DESIGN, l’IKEA giustifica la sua scelta verso il Verdana in quanto ritiene questa font sia utilizzata in tutti i paesi, compresi gli asiatici. Volendo anche dare la loro stessa immagine visualizzata nel loro sito web anche in tutta l’immagine aziendale.
Dite la vostra!

Type Design 3: il “In Motu Vita” di Matteo Cellerino

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Eccoci all’ottavo appuntamento settimanale con i lavori tipografici prodotti nella terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Poli.design di Milano.

Questa settimana vi presento un’altra font ispirata ad una delle quattro architetture milanesi prese in esame dai partecipanti al corso.

Dopo il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella ecco la seconda font abbinata alla “Stazione Centrale di Milano”, che proprio in questi giorni vede concludersi i lunghi lavori di restauro, è il «In Motu Vita» di Matteo Cellerino in una variabile di peso.

Nei prossimi appuntamenti del post vedremo, di settimana in settimana, gli altri lavori sempre abbinati alle quattro architetture milanesi: Torre Velasca, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Ca’ Brutta.

La Stazione Centrale necessita di almeno tre caratteri:

✔ Carattere “storico”(solo maiuscolo)
Carattere decorativo, non è una priorità la leggiblità quanto l’impatto estetico.
Sarà utilizzato per le insegne dei negozi e per l’eventuale comunicazioneStazione Centrale di Milano (ora Grandi Stazioni).
Fortemente ispirato e legato ai caratteri già presenti nelle iscrizioni storiche si rifarà anche al pastiche architettonico della Stazione riletto in chiave moderna.

✔ Carattere per la segnaletica (maiuscolo, minuscolo, cifre, segni d’interpunzione)
Ispirato a criteri di leggibilità e funzionalità, legame storico con i caratteri lineari in uso all’epoca.

✔ Carattere per la segnaletica elettronica (monospaziato, maiuscolo, minuscolo, cifre)
Versione riadattata ai pannelli display del carattere precedente.

L’obiettivo era creare un carattere lineare razionale e moderno ma con forti radici nei caratteri da stampa per segnaletica coevi o successivi alla realizzazione della stazione.
Le lettere hanno proporzioni umanistiche e sono leggibili da varie angolazioni, tagli e distanze.
Le aste ascendenti e le aste discendenti sono molto sporgenti, le aperture sono larghe per distinguere facilmente le lettere l’una dall’altra e la spaziatura è generosa.

Questi studi preliminari sono parte del “sistema” In Motu Vita, un sistema di caratteri pensato per adattarsi alle principali esigenze della stazione.
Come già detto, a seguito della ristrutturazione del 2008 molti degli spazi comuni saranno convertiti ad uso commerciale.
Sono state inoltre riscontrate diverse disomogeneità nei pannelli a palette, da sostituirsi, preferibilmente, con display a LED.
Per completare il progetto saranno disegnati due nuovi alfabeti: un alfabeto per le insegne dei negozi e la comunicazione esterna della stazione ed un alfabeto “ridotto” e monospaced per i pannelli elettronici.

Le vicende che portarono al progetto ed alla realizzazione della stazione Centrale di Milano, furono piuttosto lunghe e complesse quanto questo edificio imponente e variegato, nel quale la monumentalità si doveva e si deve tutt’oggi coniugare con la funzione a cui esso è destinato.
I progetti presentati al ”Concorso per la facciata della nuova stazione viaggiatori” del 1906 furono ben quarantatre.
Alla fine degli esami la commissione fu unanime nell’assegnare il primo premio al progetto “In motu vita” di Ulisse Stacchini. La costruzione a pieno ritmo iniziò nel 1925 e il 1 luglio 1931 la stazione venne inaugurata ufficialmente alla presenza di Costanzo Ciano. La stazione è attualmente interessata da importanti lavori di restauro e riqualificazione, iniziati ad agosto 2005, da parte di Grandi Stazioni, una società di Ferrovie dello Stato.
La facciata è larga 200 metri e la volta è alta 72, un record quando venne costruita. Dietro alla facciata, parallelamente ad essa corre la ”Galleria delle Carrozze”. La stazione non ha uno stile architettonico definito, ma è una miscela di diversi stili, in particolare Liberty e Art Decò, ma non solo. Talvolta il suo stile viene definito Assiro-Milanese. È stata definita dall’architetto Frank Lloyd Wright la più bella stazione ferroviaria al mondo.

Un sistema di caratteri per la Stazione Centrale di Milano, Ulisse Stacchini, 1912 – 1931

Nell’architettura della Stazione Centrale convivono:
✔ elementi Liberty (~1912, primo progetto, secondo la sensibilità di Stacchini )
✔ elementi littori (~1920, revisioni progetto, secondo le esigenze di propaganda del Fascismo)
✔ elementi moderni (~1950 ai giorni nostri, modifica e riadattamento degli spazi comuni)

Inoltre sta per essere ultimato un completo restauro della stazione che riadatterà parte degli spazi comuni destinandoli ad un uso commerciale.

Problemi della Stazione Centrale:
✕ Totale mancanza di uniformità nella segnaletica verticale
✕ Totale mancanza di segnaletica orizzontale (indicazioni sul pavimento)
✕ Invasività degli spazi pubblicitari e degli esercizi commerciali

I lavori già presentati nei precedenti post:
Il «Salieri» di Diana Quarti
Il «Velasca» di Nora Dealti
Il «Monumentale» di Pierfrancesco Annichiarico
Il «MilanoCentrale» di Alberto Manzella
Il «Labi.bold» di Laura Ferrario
Il «Velasca» di Laura Dal Maso
Il «Contrast» di Maddalena Lo Franco

C’era una volta una segnaletica della Metropolitana Milanese

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Il progetto della segnaletica della Metropolitana Milanese fatto nel 1962 da Bob Noorda
Il progetto della segnaletica della Metropolitana Milanese fatto nel 1962 da Bob Noorda

C’era una volta un ottimo progetto grafico della segnaletica delle prime due linee della Metropolitana Milanese eseguito da Bob Noorda che insieme all’Arch. Albini, Helg e Piva progettarono nei primi anni ‘60 la grafica e l’architettura delle stazioni. Come spiegò Bob Noorda in varie interviste « … beh, la storia della segnaletica della Metro di Milano, era una storia molto interessante, perché la metropolitana era completamente nuova. La struttura era stata fatta e in quel periodo lì l’Architetto Albini ha avuto l’incarico dell’arredamento delle varie stazioni. Anche lui si è trovato, diciamo anche in un momento abbastanza difficile, perché le strutture erano tutte di una finitura in cemento ma non era disegnato. D’accordo era tutto calcolato per il flusso del pubblico, ecc. ma non come una finitura, diciamo, con una espressione già personalizzata. Allora Albini ha trovato una soluzione molto semplice direi, di mettere nelle pareti di un cero materiale e risolvere tutto questo in un modo di grande design. Io ho avuto la fortuna di essere chiamato dall’Albini dal primo momento del progetto. […] Abbiamo tirato fuori un nuovo sistema, diciamo, che è questa famosa fascia rossa della linea uno, e per la linea due la fascia verde, che porta solo le indicazioni della segnaletica per trovare la strada in questi ambienti e anche sulla banchina. Per esempio una novità: prima di allora c’era il nome della stazione indicato una volta sola, in mezzo alla banchina, e io invece ho proposto di ripetere il nome ogni 5 metri in maniera che uno che sta nel treno, ancora in movimento, può subito leggere in quale stazione sta fermando. Questo è stata una novità mondiale, una idea ora copiata in tutte le metropolitane come per esempio Montreal. … ».

Bob Noorda
Bob Noorda

Per questo progetto Bob Noorda disegnò un carattere a mano (64 glifi), chiamato “Noorda” disegnandolo lettera per lettera basandosi sulle forme dell’Helvetica che allora era abbastanza nuovo. La scelta di non utilizzare l’Helvetica direttamente Noorda la fece in quanto doveva utilizzare un carattere bianco su rosso, cioè in negativo. Allora utilizzando l’Helvetica su questo sfondo, la variabile Regular era troppo chiara, il Bold ancora più chiara perché l’effetto in negativo è sempre di amplificazione (ne ho già parlato in un post a proposito della sciagurata scelta del Futura Bold per la nuova segnaletica delle Ferrovie dello Stato); il carattere si allarga otticamente. In più nel suo “Noorda” Bob, oltre ad attenuare le curvature, ha accorciato tutte le discendenti e ascendenti delle lettere in maniera da rendere l’occhio medio del carattere (x-height) più grande ed insieme ad una accorta spaziatura rese la segnaletica molto leggibile. Fino a quando non hanno sconvolto la grafica tale carattere funzionava benissimo. Infatti recentemente con i lavori di manutenzione e adeguamento, prima della linea uno e di seguito della linea due, hanno alterato i delicati equilibri grafici e percettivi studiati da Noorda: il colore è stato modificato e i cartelli riproposti con l’utilizzo dell’Helvetica mal spaziato e con una verniciatura lucida a discapito della leggibilità. Tutto questo è stato fatto senza interpellare Noorda che, rammaricato, ha affermato: «Tutti i lavori pubblici in Italia sono malmessi, il livello è bassissimo, non c’è interesse, manca il gusto estetico. In Olanda, per fare un esempio che conosco bene, c’è molta attenzione per l’immagine».

Che bella segnaletica! (linea due Piola - foto di James Clough)
Che bella segnaletica! (linea due – stazione Piola – foto di James Clough)


Le scritte gialle alle stazioni Lotto e Amendola
Le scritte gialle alle stazioni Lotto e Amendola
sempre più in alto la y!
sempre più in alto la y!

Il risultato di questo restyling è veramente pessimo e non è difficile imbattersi in molti esempi di pessima tipografia fatta con caratteri adesivi senza alcun criterio, poi con l’introduzione dei secondi nomi in alcune stazioni, per evidenziare i monumenti, la fiera o i musei vicini hanno voluto utilizzare le scritte minuscole con però accostamenti cromatici assurdi come le scritte gialle su rosso (linea uno) o peggio ancora su verde (linea due).

Inoltre dopo aver posizionato le prime scritte “Castello”, “Triennale” senza il problema delle discendenti si sono divertiti quando si sono trovati a comporre “Fieramilanocity” con il primo caso di lettera, la (y) con discendente. Guardate un po’ cosa hanno combinato!

In un prossimo post vi farò vedere invece il “capolavoro segnaletico” della linea tre.

Type Design 3: i risultati …

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del “Corso di Alta Formazione in Type Design” al Poli.design di Milano

Si è conclusa venerdì scorso la terza edizione del “Corso di Alta Formazione in Type Design” presso il Consorzio Poli.design di Milano.

La direzione è stata di Giancarlo Iliprandi, la supervisione scientifica del prof. Giovanni Baule e il coordinamento è stato di Francesco E. Guida. Docenti nei differenti moduli sono stati James Clough, Giangiorgio Fuga, Michele Patanè, Luciano Perondi, Andrea Braccaloni Piero De Macchi. Ospiti per le due lectures sono stati Giovanni De Faccio e Claudio Rocha.

La durata complessiva è stata di 80 ore, articolate in 20 giornate da 4 ore, nelle quattro settimane dal 17 Settembre al 12 Ottobre 2008.

Come nelle precedenti edizioni i partecipanti dovevano progettare, nel lavoro finale, un proprio carattere dai primi schizzi alla digitalizzazione finale della font seguendo il tema dato.

Quest’anno il tema era “progettare un carattere da abbinare ad una architettura milanese a scelta tra: Ca’ Brutta, Stazione Centrale, Teatro alla Scala e Torre Velasca” mentre nelle precedenti due edizioni i temi sono stati: “un carattere per le targhe automobilistiche” e “un carattere ad alta leggibilità in corpo 4”

Nel mio spazio su Flickr troverete un ampio reportage fotografico con gli elaborati finali.

Successivamente su questo blog saranno postati degli articoli di presentazione, da parti degli autori, sul proprio lavoro: scelta dell’architettura milanese

C’è occhio e “occhio”

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Abbiamo già visto in un precedente post della categoria “tipometria” la definizione di corpo del carattere e le unità di misura tipografiche.

Però il corpo non è un buon indicatore delle dimensioni del font, ma solo del suo ingombro verticale. Non si direbbe, ma se osservate, le due composizioni di testo sottostanti hanno lo stesso corpo. Quello a sinistra, il «Bernhard Modern», ha infatti le spalle – i tratti ascendenti molto lunghi, e l’occhio “medio” piccolo; quello a destra, il «News Gothic», presenta un occhio “medio” grande.

Anche nell’esempio sottostante tutti i caratteri sono composti con lo stesso corpo, ma alcuni sembrano composti in corpo superiore, altri in corpo inferiore.

Quindi l’occhio del carattere è tutto ciò che si vede della lettera quando essa è stampata, escluse le eventuali accentazioni delle maiuscole. L’occhio è quindi l’altezza e larghezza effettiva della lettera e si divide in tre parti: occhio medio, che viene riferito all’altezza della “x” minuscola x-height; l’occhio superiore che corrisponde alle aste ascendenti delle minuscole – si prende come riferimento la “l”; e l’occhio inferiore che corrisponde alle aste discendenti delle minuscole si prende come riferimento la “p” e la “g” a seconda dei caratteri.

L’occhio medio di una lettera non mantiene sempre le medesime dimensioni e proporzioni in tutti gli alfabeti dello stesso corpo. A parità di corpo, i caratteri con occhio medio grande sembrano molto più grandi di quelli con occhio medio piccolo. Se si desidera ridurre il corpo di un testo per avere più spazio nella pagina, basta scegliere un carattere con occhio medio grande; le lettere che compongono le parole saranno più leggibili. Questa dimensione, o proporzione, è detta “allineamenti dell’occhio medio” ed è definita come l’altezza relativa di una “x” minuscola in rapporto all’altezza della corrispondente maiuscola.

I caratteri con occhio medio – piccolo hanno occhielli più piccoli e aste ascendenti e discendenti più lunghe; vengono di solito usati in testi compatti con interlineatura uguale al corpo o, in alcuni rari casi, con sterlineatura (solo con giustezze piccole), e permettono di contenere il numero delle pagine o la lunghezza di un testo in colonna. I caratteri: «Bembo», «Bodoni», «Baskerville», «Bernhard Modern», «Chaparral», «Garamond», «Jenson», «Perpetua» sono un esempio di caratteri con occhio piccolo, ma tra questi il «Bodoni», anche se non ha l’occhio più piccolo del «Garamond» o dello «Jenson», risulta essere un carattere molto elegante ma di difficile lettura per testi lunghi, si presta molto bene per i “frontespizi”, i “titoli”, quindi con corpi grandi. Lo stesso «Bodoni» dà alla pagina una sensazione di maggiore vuoto, mentre un carattere con occhio medio più grande di esso conferisce una sensazione di maggior compattezza, risultando più estetico in molte situazioni compositive.

Nei caratteri con occhio medio – medio le proporzioni fra le minuscole e i tratti ascendenti sono omogenee e questo fa sì che siano adatti a una vasta gamma di applicazioni. Esempi di caratteri con occhio medio sono: «Futura», «Avenir», «Clarendon», «Times», «Gill Sans», «Optima», «Minion», «Palatino», «Serifa», «GFT Venexiano», «FF Scala», «Bell Gothic» e «Souvenir».

I caratteri con occhio medio – grande sono quelli che offrono il vantaggio della maggiore leggibilità e sono usati dove non esistano problemi di spazio o di economia. Sono quindi indicati per comporre testi per la lettura da parte dei bambini, per i testi scolastici e per i manifesti dove è più importante la comunicazione verbale su quella visiva. I caratteri: «American Typewriter», «New Century Schoolbook», «Antique Olive», «Avant Garde», «Franklin Gothic», «Helvetica», «Letter Gothic», «Myriad», «News Gothic», «Rockwell», «Univers» e «Tiepolo» sono esempi di caratteri con occhio grande.

Testo in portoghese