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Tipoitalia2 da i “numeri”

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È uscito il secondo numero di Tipoitalia!

Diretto da Claudio Rocha la rivista Tipoitalia2 si presenta ai lettori con un omaggio ai numeri. Di solito comprimari sulla scena tipografica, le cifre, al pari delle lettere nel parallelo universo dell’alfabeto, hanno una loro precisa identità nella scrittura. Oltre a una riconosciuta funzione pratica, come quella di rappresentare le ore nei quadranti o indicare la numerazione civica, in questi casi specifici i numeri possiedono anche un valore estetico-formale, dialogando con le lancettte o adattandosi allo stile architettonico delle facciate.
La forza espressiva delle cifre prodotte in tipi di legno è presente in un inserto tipografico stampato in esclusiva dalla Tipoteca Italiana. Un secondo inserto, edito e stampato in tipo-impressione da Enrico Tallone, è parte integrante dell’articolo sul carattere creato da Alberto Tallone sul finire degli anni ‘40 per le sue edizioni, sulla scia di una tradizione che risale agli editori-tipografi del Rinascimento.
Come nel primo numero della rivista, la composizione dei testi privilegia le font create da type designer italiani oppure caratteri basati sui modelli storici dell’Italia. Inoltre, abbiamo anche la partecipazione di alcuni giovani tipografi italiani della nuova e talentuosa generazione, che gentilmente hanno concesso l’utilizzo delle loro font per comporre gli articoli di Tipoitalia.

Sul sito www.tipoitalia.it potrete trovare tutte le informazione per acquistare le riviste sia online, sia presso librerie tra le quali la Libreria Aiap.

Testo in portoghese

La controversa origine dei nostri numeri

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Contrariamente alla dizione “araba” data alla provenienza dei numeri che utilizziamo tutti i giorni, questi in realtà si sviluppano in India dal 400 a.C. al 400 d.C. come evoluzione dei numeri brahmitici (dall’1 al 9).

numerazione brahminica
numerazione brahmitica

Le iscrizioni buddiste intorno al 300 a.C. utilizzano i glifi che poi divennero 1, 4 e 6. Un secolo più tardi, fu registrato l’utilizzo dei glifi che poi divennero 2, 7 e 9.

numeri Nagari derivanti dal Sanscrito
Origine ed evoluzione dei numeri Nagari derivanti dal Brahmitico e dal Sanscrito
Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi
Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi

Lo 0 compare per la prima volta nel ıx secolo, a Gwalior risalente all’anno 870. In ogni caso, prima di questa data, l’uso del glifo aveva già raggiunto la Persia, e viene menzionato sia nelle descrizioni del matematico persiano Abu Abdullah Muhammad bin Musa al-Khwarizmi autore dell’opera Aritmetica dove tratta in modo esauriente delle cifre e dell’utilizzazione dello zero e dove afferma di aver appreso il sistema numerico dagli indiani, sia dal matematico arabo Al-Kindi, che scrisse quattro volumi, “Sull’utilizzo dei numeri indiani” (Ketab fi Isti’mal al-‘Adad al-Hindi) intorno all’830. Questi matematici sono pertanto i principali responsabili per la diffusione del sistema indiano di numerazione nel Medio Oriente, grazie all’espansione dell’impero dei Muslim, e successivamente nei Paesi Occidentali.

Nel x secolo, i matematici Mediorientali estesero il sistema numerico decimale includendo le frazioni, così come registrato dal trattato del matematico Abu’l-Hasan al-Uqlidisi nel 952 – 953.

Nel mondo arabo – fino ai tempi moderni – il sitema numerico arabo era utilizzato solo dai matematici. Scienziati musulmani utilizzavano il sistema di numerazione babilonese, e i mercanti utilizzavano i numeri Abjad.

Una variante distintiva “arabica occidentale” dei simboli incominciò ad emergere intorno al x secolo nel Maghreb e in Al-Andalus (Andalusia), chiamati i numeri ghubar (“tavola di sabbia” o “tavola di polvere”).

Codex Vigilanus del 976
Codex Vigilanus del 976

Le prime menzioni dei numeri nei paesi occidentali sono trovate nel Codex Vigilanus del 976. Nel decennio del 980, Gerberto di Aurillac (più tardi noto come Papa Silvestro II) iniziò a diffondere la conoscenza dei numeri in Europa. Gerberto aveva studiato nella sua giovinezza a Barcellona, ed è conosciuto per aver richiesto trattati matematici riguardanti l’utilizzo dell’astrolabio da Lupito di Barcellona dopo che ritornò in Francia. Le prime tracce in Spagna sono datate precisamente nell’anno 976 con reperti rivenuti presso il Monastero di Albelda, in Italia arriveranno in Vaticano nel 1077 incontrando però molti ostacoli.

Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”
Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”

Sarà Leonardo da Pisa detto “Fibonacci”, che assieme al padre Guglielmo, rappresentante dei mercanti della Repubblica di Pisa nella regione di Bugia (in arabo: Bejaia, in berbero: Bgayet) in Cabilia (Algeria), passò alcuni anni in quella città, dove studiò i procedimenti aritmetici che gli Arabi stavano diffondendo nelle regioni del mondo islamico. Proprio per perfezionare queste conoscenze, Fibonacci viaggiò molto, arrivando fino a Costantinopoli, alternando il commercio con gli studi matematici. Verso il 1200 rientrò a Pisa, dove negli anni successivi pubblicò nel 1202 e nel 1228 la sua opera di quindici capitoli Liber Abaci, tramite la quale introdusse per la prima volta in Europa le nove cifre (da lui chiamate indiane), assieme al segno 0, “che in latino è chiamato zephirus “zefiro” (cap. I, con confronti con il sistema romano), presentò criteri di divisibilità, regole di calcolo di radicali quadratici e cubici, le serie, le proporzioni. Introdusse con poco successo la barretta delle frazioni (nota al mondo arabo prima di lui) (cap. II-IV). Fibonacci è noto soprattutto per la sequenza di numeri da lui ideata e conosciuta, appunto, come successione di Fibonacci): 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, … in cui ogni termine, a parte i primi due, è la somma dei due che lo precedono. Sembra che questa sequenza sia presente in diverse forme naturali (per esempio, negli sviluppi delle spirali delle conchiglie, ecc.). Per mostrare “ad oculum” l’utilità del nuovo sistema egli pose sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi, romano e indiano (che era si conosciuto ma se ne dubitava la superiorità su quello romano).

Sono anche compresi quesiti che gli furono posti, con la loro soluzione (uno dei capitoli trattava aritmetica commerciale, problemi di cambi, ecc.). Nonostante si tratti di un manoscritto, ne sono giunte alcune copie fino ai nostri tempi, assieme ad alcuni altri suoi libri; si ha notizia anche di altri scritti, però non rintracciabili.

L’eco di Fibonacci giunse anche alla corte di Federico II del Sacro Romano Impero, soprattutto dopo che il suo matematico ebbe alcuni problemi risolti dal Fibonacci. Per questo motivo gli fu assegnato un vitalizio che gli permise di dedicarsi completamente ai suoi studi. A partire dal 1228 non si hanno più notizie del matematico, tranne per quanto concerne il Decreto della Repubblica di Pisa che gli conferì il titolo di “Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo”. Fibonacci morì qualche anno dopo presumibilmente a Pisa, ma i suoi studi furono così importanti che tutt’oggi esiste una pubblicazione periodica dedicata interamente alla sequenza aritmetica da lui elaborata, il “Fibonacci Quarterly”.

Origine ed evoluzione del numero 3
Origine ed evoluzione del numero 3

Type Milano: numeri civici “austriaci” 1786 – 1866

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Numero civico “austriaco” in Via Durini – Palazzo Durini, sicuramente tra i più belli esempi ancora esistenti a Milano

Nel 1786, il ministro austriaco Johann Wilczeck, per volontà dell’imperatore d’Austria Giuseppe II, incarica il marchese Ferdinando Cusani, giudice delle strade, di far appendere ad ogni cantonata della città il nome della rispettiva via. Vengono assegnati alle case i primi numeri civici che saranno nominati “teresiani” perché utilizzati sotto Maria Teresa d’Austria.
Il piano parrocchiale con i nuovi numeri civici progressivi sarà pubblicato il 16 novembre 1787 nella “Pianta di Milano” di Arcangelo Lavelli. Secondo un sistema progressivo unico, partendo dal Palazzo Reale (che risultò così essere il n.1), per poi proseguire in senso circolare a spirale, dal centro alla periferia (mura spagnole) con l’ultimo numero 5314. Nel 1830 viene fatto il nuovo piano municipale che riordina i numeri civici progressivi, arrivati a 5628 case.
Si decide di contrassegnare i nuovi numeri affiancando ai precedenti lettere alfabetiche (ad esempio, 560-560A-561) mentre fino ad allora venivano inseriti i nuovi numeri pescando dall’ultimo progressivo (ad esempio, 560-4981-561). L’elenco con la nuova numerazione è riportato nella “Nuova Guida numerica della città di Milano” del 1839 che riporta il confronto con la numerazione precedente del 1786.

Numero civico “austriaco” in Corso di Porta Vigentina, 23 sulla facciata di quella che era la chiesetta di S. Maria al Portello Vigentino che sorse al posto di una delle croci che un tempo erano poste agli incroci e ora si trova fagocitata da un negozio di articoli ortopedici diventandone quasi una dependance
Numero civico “austriaco” in Corso di Porta Vigentina, 23 sulla facciata di quella che era la chiesetta di S. Maria al Portello Vigentino che sorse al posto di una delle croci che un tempo erano poste agli incroci e ora si trova fagocitata da un negozio di articoli ortopedici diventandone quasi una dependance

Nel 1886 Delibera municipale che istituisce i numeri civici bianchi al posto di quelli rossi (12 e 13 settembre). La delibera verrà attuata progressivamente negli anni successivi.
Solo ottant’anni più tardi, nel 1866, di fronte alle difficoltà di una tale numerazione, il sistema venne concepito secondo la numerazione via per via, coi pari sulla destra venendo dal centro (odierno sistema). Sempre nello stesso anno uscirà l’importante fascicolo con il raffronto tra i vecchi numeri progressivi, i numeri rossi e i nuovi numeri civici. Vallardi pubblica una “Pianta di Milano” con i nuovi numeri civici divisi per vie. Il sistema “austriaco” della numerazione civica fu adottato anche dalla città di Parigi dal 1791 al 1805, e restano nella capitale francese ancora visibili, qua e là questi antichi numeri.
Attualmente il vecchi sistema austriaco è utilizzato solo a Venezia, dove al contrario della vecchia Milano della dominazione asburgica, qui viene ripetuta per i sei Sestieri (San Marco, Cannaregio, Castello, Dorsoduro, Santa Croce, San Polo) più la Giudecca. Insieme ai “nissioetti” (targhe stradali) francesi i numeri austriaci sono l’ultima eredità dell’occupazione straniera in quella che era la capitale della Serenissima Repubblica di San Marco. Anche per un veneziano e per i postini a volte è molto difficile arrivare ad un dato numero civico. Le abitazioni di ogni sestiere sono numerate progressivamente da 1 a qualche migliaio. Qualsiasi calle uno prenda vedrà dei civici sulle centinaia da una parte e sulle migliaia dall’altro. Uno aumenta, l’altro diminuisce. Ad un tratto trovate una calle ed il numero “300” diventa per magia “700”. Seguite la calle, ritrovando il “300″ fino a trovarne un’altra che “fa il trucco del 500”. Fate un ponte e vi ritrovate al “2000” di un altro sestiere.

Numero civico a Venezia nel Sestiere di Cannaregio
Numero civico a Venezia nel Sestiere di Cannaregio