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TypeDesign4: “Meridian” di Anna Morena

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Proseguono i post di presentazione dei lavori della quarta edizione del Corso di alta formazione in Type Design tenuto presso il Consorzio Poli.design di Milano tra settembre e ottobre 2009.

Il quarto lavoro, qui presentato, è il “Meridian” di Anna Morena di Roma.

Ecco come Anna illustra il suo progetto: “Meridian” è il nome della font creata per un’interfaccia analogica di un orologio da parete comune, che presenta anche un sistema a RID per il calendario ad esso connesso. Il nome, che dall’inglese vuol dire “meridiano”, si riferisce a “mezzogiorno”, ossia il termine tipicamente usato in Italia per indicare le ore 12:00 che coincidono con la metà di una giornata.

Il carattere è stato progettato per gradi: prima sono stati pensati i numeri, parte principale di un’interfaccia di un orologio; poi le lettere maiuscole, poiché l’orologio presenta il calendario; e infine sono state realizzate solo alcune delle lettere minuscole, poiché non integrabili nel progetto, ma solo al fine di rendere più completo l’alfabeto.

La font nasce dall’idea di fondere il carattere lineare bastoni, tipicamente contemporaneo, a un carattere con caratteristiche più classiche. Ciò è evidente dalla presenza di “grazie fittizie” in tutto l’alfabeto. Nei numeri, inoltre, creati in versione maiuscola, si nota la presenza di ascendenti e discendenti, lievemente accennate, che richiamano al corsivo, frequentemente usato nella scrittura classica.

Il limite progettuale di questa font, è quello di essere visibile e rientrare all’interno del riquadro per il calendario, per cui deve presentare le seguenti caratteristiche: condensato, lineare, ampio spazio bianco e contrasto minimo tra le aste. Non è, però, un monospaziato, poiché, nel caso di un calendario, le parole sono già composte e ciascuna lettera non ha una valenza a sé, ma già è pensata per essere integrata con la parola nel riquadro.

Tipoitalia2 da i “numeri”

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È uscito il secondo numero di Tipoitalia!

Diretto da Claudio Rocha la rivista Tipoitalia2 si presenta ai lettori con un omaggio ai numeri. Di solito comprimari sulla scena tipografica, le cifre, al pari delle lettere nel parallelo universo dell’alfabeto, hanno una loro precisa identità nella scrittura. Oltre a una riconosciuta funzione pratica, come quella di rappresentare le ore nei quadranti o indicare la numerazione civica, in questi casi specifici i numeri possiedono anche un valore estetico-formale, dialogando con le lancettte o adattandosi allo stile architettonico delle facciate.
La forza espressiva delle cifre prodotte in tipi di legno è presente in un inserto tipografico stampato in esclusiva dalla Tipoteca Italiana. Un secondo inserto, edito e stampato in tipo-impressione da Enrico Tallone, è parte integrante dell’articolo sul carattere creato da Alberto Tallone sul finire degli anni ‘40 per le sue edizioni, sulla scia di una tradizione che risale agli editori-tipografi del Rinascimento.
Come nel primo numero della rivista, la composizione dei testi privilegia le font create da type designer italiani oppure caratteri basati sui modelli storici dell’Italia. Inoltre, abbiamo anche la partecipazione di alcuni giovani tipografi italiani della nuova e talentuosa generazione, che gentilmente hanno concesso l’utilizzo delle loro font per comporre gli articoli di Tipoitalia.

Sul sito www.tipoitalia.it potrete trovare tutte le informazione per acquistare le riviste sia online, sia presso librerie tra le quali la Libreria Aiap.

Testo in portoghese

Anatomia dei caratteri

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Molti sono i vocaboli utilizzati per definire le parti anatomiche delle lettere.
Le aste sono gli elementi essenziali al carattere, poiché senza di esse la lettera non esisterebbe. Infatti le aste, con la loro combinazione convenzionale di linee, costituiscono la forma delle lettere e quindi si può dire che le lettere sono formate fondamentalmente da linee:
rette: E F H I L T i l
spezzate: A K M N V W X Y Z k v w x y z 1 4 7 1 4 7
curve: C O Q S c o s 0 3 6 8 9 0 3 6 8 9
miste: B D G J P R U a b d e f g h j m n p q r t u 2 5 2 5
Le aste rette possono essere:
– Aste verticali: sono così chiamate propriamente solo quelle delle lettere maiuscole.
– Aste medie – aste ascendenti – aste discendenti: sono così chiamate quelle delle lettere e numeri minuscoli indicando la loro posizione nello sviluppo verticale delle lettere stesse.
– Aste montanti (salienti o discendenti): sono quelle che non sono disposte perpendicolarmente alla linea di base.
– Aste traversali o barre: sono quelle che uniscono direttamente fra loro le aste verticali o le montanti.
– Aste traversali ad incrocio: sono quelle che troviamo nelle lettere minuscole (f) e (t) e nella cifra (4 4).
– Aste traversali spezzate: sono quelle che troviamo nelle lettere (M), (W) e (w).
– Aste oblique o spine rette: sono quelle che troviamo nelle lettere (N), (X), (Z), (x) e (z).
Si deve fare una distinzione tra i vari spessori delle aste: il filetto, per esempio, è un’asta di spessore minimo.

(1) Aste orizzontali - (2) Aste verticali - (3) Aste medie - (4) Aste montanti - (5) Aste traversali spezzate - Aste oblique (spine rette) - (6) Aste di congiunzione - (7) Archi - (8) Ardiglioni - (9) Barre e Aste traversali - (10) Becchi o rostri - (11) Bracci - (12) Code curve - (13) Code rette - (14) Colli - (15) Cravatte - (16) Gambe - (17) Ganci ad uncino- (18) Incroci traversali - (19) Occhielli - Anelli - Rilievo - (20) Orecchi a bottone - (21) Orecchi a goccia - (22) Orecchi a becco o uncino - (23) Orecchi a bandiera - (24) Pilastrini o speroni - (25) Spine curve o dorso - (26) Tratti terminali di testa - (27) Tratti terminali di piede - (28) Vertici superiori, inferiori e mediano - (29) Biforcazioni - (30) Spazio chiuso]img src=../immagini/6595658.jpg alt=(1) Aste orizzontali - (2) Aste verticali - (3) Aste medie - (4) Aste montanti - (5) Aste traversali spezzate - Aste oblique (spine rette) - (6) Aste di congiunzione - (7) Archi - (8) Ardiglioni - (9) Barre e Aste traversali - (10) Becchi o rostri - (11) Bracci - (12) Code curve - (13) Code rette - (14) Colli - (15) Cravatte - (16) Gambe - (17) Ganci ad uncino- (18) Incroci traversali - (19) Occhielli - Anelli - Rilievo - (20) Orecchi a bottone - (21) Orecchi a goccia - (22) Orecchi a becco o uncino - (23) Orecchi a bandiera - (24) Pilastrini o speroni - (25) Spine curve o dorso - (26) Tratti terminali di testa - (27) Tratti terminali di piede - (28) Vertici superiori, inferiori e mediano - (29) Biforcazioni - (30) Spazio chiuso
(1) Aste orizzontali – (2) Aste verticali – (3) Aste medie – (4) Aste montanti – (5) Aste traversali spezzate – Aste oblique (spine rette) – (6) Aste di congiunzione – (7) Archi – (8) Ardiglioni – (9) Barre e Aste traversali – (10) Becchi o rostri – (11) Bracci – (12) Code curve – (13) Code rette – (14) Colli – (15) Cravatte – (16) Gambe – (17) Ganci ad uncino- (18) Incroci traversali – (19) Occhielli – Anelli – Rilievo – (20) Orecchi a bottone – (21) Orecchi a goccia – (22) Orecchi a becco o uncino – (23) Orecchi a bandiera – (24) Pilastrini o speroni – (25) Spine curve o dorso – (26) Tratti terminali di testa – (27) Tratti terminali di piede – (28) Vertici superiori, inferiori e mediano – (29) Biforcazioni – (30) Spazio chiuso”

Le aste curve si possono distinguere in:
Archi: sono le aste curve aperte presenti nelle seguenti lettere e cifre:
(C – D – G – U – c – e – h – m – n – u – 2 – 2 – 3 – 3 – 5 – 5 – 6 – 9 – 9).
Anelli o occhielli: sono le aste curve chiuse presenti nelle seguenti lettere e cifre: (B – O – P – Q – R – a – b – d – e – o – p – q – & – 0 – 6 – 8 – 9); come pure in quasi tutti i caratteri di stile Calligrafico inglese.
Spine curve: sono le aste ondulate aperte presenti nelle lettere: (S – s – a); come pure nella cifra (2 – 2). Le aste possono essere uniformi o modulate. Si dicono uniformi quando il loro spessore rimane costante; mentre sono modulate quando i loro contorni formano un’armonica e graduale variazione di spessore.
La modulazione può essere a fusello e tronca; con pieni perfetti e di massima forza (grado calligrafico) oppure con pieno nascente e morente o con una porzione digradante in filetto.
Si dà una particolare importanza all’inclinazione delle curve modulate per la determinazione dello stile di una lettera tra un Romano Antico (curva inclinata a 45°), Veneziano (curva inclinata a 30°), Transizionale, Bodoniano ed Egiziano (curva verticale).
La forma delle lettere dà luogo a un contorno interno ed esterno delle medesime; tale contorno costituisce un fattore estetico di massimo interesse.
Se poi si considera che il contorno esterno e interno nelle lettere ad asta uniforme (gran parte dei lineari) è parallelo, mentre in quelle modulate esso è continuamente variato, si può intendere la raffinata sensibilità del disegnatore attento ad ogni effetto delle tensioni e delle forme create dal fluire delle linee. Perciò è necessario determinare le aste con una nomenclatura ancora più precisa in relazione alla loro posizione e alla loro forma nelle singole lettere.
Dai più basilari come: Asta verticale, orizzontale e obliqua; Filetto, Gancio, Barra, Montanti, Braccio, Pilastrino, Orecchio, Cravatta, Collo, Archi, Vertice superiore, inferiore e mediano, Coda curva e retta, Gamba, Spine curve, Incrocio, Tratto terminale: acutiforme, curviforme, mistiforme e rettiforme; ecc. Per arrivare a denominazioni più particolareggiate come: Modulazione a fusello, Modulazione tronca, Cimasa, Becco, Terminazione a bottone, a goccia, a becco, ecc.
Per prima cosa è consigliabile imparare a riconoscere le parti del carattere. Solo così sarà poi più facile riconoscere le caratteristiche dell’alfabeto base scelte dai diversi disegnatori.
Altre denominazioni particolari:
Coda che può essere retta o curva, è l’asta pensile di alcune lettere maiuscole e minuscole: (K – Q – R – g – j – k – p – q – y) e della cifra (7).
Uncino o gancio è un particolare tipo di coda o parte di essa presente nei caratteri ( J – f – j – r – t).
Bracci delle lettere sono certe porzioni terminali delle aste rette e curve aperte.
Ardiglione è il braccio che differenzia la (G) dalla (C). Pilastrino o sperone è il tratto verticale della (G), il sostegno dei bracci della (Y) e delle cifre (4 – 4) e (5 – 5).
Cravatta è l’asta orizzontale centrale della (E) e della (F).
Collo è l’attacco della coda della (g) al suo anello.
Vertice superiore, inferiore o mediano è l’unione e l’incrocio delle aste inclinate.
Aste di congiunzione sono i raccordi tra l’asta principale e gli altri elementi del carattere. Sono presenti nelle maiuscole: (B – D – P – R) e nelle minuscole: (b – d – h – m – n – p – q – u).
Tratti terminali, dette anche le grazie, sono sempre un’accentuazione stilistica dell’espressione fisionomica e decorativa delle lettere. Essi possono essere definiti tratti di testa se posti come tratti iniziali al carattere, e tratti di piede se sono alla base di esso. Sono tratti iniziali e finali quelli dei bracci, delle cravatte e delle code definiti becchi o ganci e ardiglioni.
Le grazie di piede possono essere di diversa forma corrispondente alle classificazioni storiche dei caratteri. Possono essere: angoliformi come nelle lettere Lapidarie romana; fratti come nei Gotici; curviformi come nei caratteri del Rinascimento; digradanti come i Transizionali; estemporanei e manuali come i caratteri Scritti e Calligrafici; fregiformi come negli Ornati; contrastanti come i Bodoniani; rettiformi come gli Egizi; ibridi come le Fantasie.

Tratto da: Grammatica tipografica di Giangiorgio Fuga

I caratteri mobili di legno e l’invenzione della stampa

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Tondi, corsivi, romani, lineari tante sono le serie di caratteri in legno di pero utilizzate nella “vecchia” tipografia per stampare in corpi grandi.
Tondi, corsivi, romani, lineari tante sono le serie di caratteri in legno di pero utilizzate nella “vecchia” tipografia per stampare in corpi grandi.

I caratteri mobili sono stati inventati nel 1041 dai cinesi. Phi Sing ebbe l’idea di tagliare blocchi di creta a forma di ideogrammi dell’alfabeto cinese; questi, dopo essersi induriti, venivano incollati ad un supporto, venivano inchiostrati e premuti su un foglio. I caratteri mobili potevano essere smontati e rimontati secondo le esigenze. I caratteri mobili cinesi non potevano essere utilizzati a lungo perché essendo fatti di creta si rompevano.

I primi caratteri mobili in legno datano 1298 quando Wang Zhen, un ufficiale, sostituì i fragili caratteri in creta e argilla con i più duraturi in legno intagliato. Egli sviluppò un complesso sistema di tavole girevoli e associazioni tra numeri e caratteri cinesi che rendevano la resa qualitativa più efficiente.

Nel 1377 in Corea furono inventati i caratteri mobili in metallo.

La tecnologia impiegata in Asia può essersi diffusa in Europa attraverso le vie del commercio per l’India o per il mondo arabo. In Europa, furono stampate inizialmente intere tavole intagliate su legno, visto che non resistevano a lungo, decisero di imitare i cinesi. Si elaborò una nuova tecnica: consisteva nel versare in blocchi d’argilla del metallo fuso per ottenere una tavola stampata. Cosi si arrivò alla fusione delle singole lettere, furono fatte con stampini di varia forma alfabetica, in modo che ogni singola lettera unita ad altre formasse una parola. L’intuizione fu quella di fabbricare le matrici di ogni singola lettera dell’alfabeto per poter stampare un qualsiasi testo combinandole in tutti i modi, componendo e scomponendo testi, riutilizzando gli stessi caratteri per altre composizioni, nonché la possibilità di stampare svariate copie (identiche) in breve tempo rispetto ai libri manoscritti.

Su chi per primo in Europa utilizzò questo innovativo mezzo, che andava a sostituire la scrittura amanuense, ci sono ancora diverse versioni e opinioni: una vede il feltrino Pànfilo Castaldi, dotto insegnante, poeta e medico, nato a Feltre nel 1430 (una lunga diatriba tra Feltre e Magonza, tra sostenitori del Castaldi e quelli del Gutenberg lo fa emergere nell’Ottocento come la risposta italiana al teutonico inventore della stampa. E molti documenti indicano a Panfilo lo stesso anno di nascita di Gutenberg il 22 settembre 1398), come l’inventore dei caratteri mobili da stampa in legno utilizzando un torchio già dal 1456, un anno prima di Johann Gensfleish, passato alla storia col nome di Gutenberg, e aprì la sua prima stamperia a Capodistria e poi nel 1471 diresse con un socio, Filippo da Lavagna, una tipografia a Milano avendo ottenuto dal Duca Galeazzo Maria Sforza, una patente, cioè un brevetto, per stampare libri in esclusiva; l’altra vede il più famoso Gutenberg con Johann Fust e Peter Schöffer a Magonza inventare il sistema di stampa (il primo libro con data certa stampato in Magonza dal Fust e Schöffer con caratteri di legno mobili, è del 1457 Codex Psalmorum); un’altra ancora vede Gutenberg che apprese tale invenzione dal Castaldi a Feltre quando venne nella città veneta, ospite dell’insegnante feltrino, per imparare l’idioma italiano facendosi chiamare Giovanni Fausto Comesburgo e che una volta ritornato nella sua Magonza certamente sviluppò e migliorò il sistema di stampa inumidendo i fogli per una migliore qualità nell’impressione dei caratteri, ma anche se ne attribuì il credito di primo inventore.

Panfilo Castaldi
Panfilo Castaldi

Diversi sono i documenti ritrovati a Venezia che trattano la questione: Marc’Antonio Coccio, detto Sabèllico, nato in Vicovaro (presso Roma) il 1436, professore di eloquenza in Udine (1475) e Venezia poi, dov’era conservatore della biblioteca di San Marco. Egli nel libro VIII, decade III della Storia Veneta, scritta per ordine del Senato e pubblicata nel 1486, scrive, parlando di Pasquale Malipiero, doge di Venezia dal 30 ottobre 1457 al 5 maggio 1462, in cui morì: “Alle altre felicità del suo principato s’aggiunse che allora per la prima volta la maniera di stampare i libri fu trovata in Italia: quell’invenzione stessa che si crede essere di un Germano (Gutenberg)” poi lo stesso Sabèllico elogia un altro grande prototipografo Nicolas Jenson che perfezionò l’arte della stampa: “Ma dopochè coll’andar del tempo si furono stabilite in tutta l’Italia delle officine della divina arte, e con aperta emulazione si gareggiava fra gli operaj di ingegno e diligenza, Nicolao Jenson, che la città di Venezia ebbe in sorte, in cotal lode si lasciò addietro di gran lunga tutti gli altri”.

Ma c’è una questione che ha creato confusione, ovvero le date trovate in questi documenti del Sabèllico: del settembre 1469 è un diploma del Senato Veneto che concede al maestro Giovanni da Spira, il privilegio di esercitare egli solo l’arte in Venezia e dintorno, per cinque anni dalla data del decreto, e questo Giovanni da Spira in un libro stampato nel 1468 dice di sé che “Primus in Adriaca formis impressit aenis Urbe libros…” quando già dal 1461(?) operava in Venezia Nicolas Jenson e stampava pure a Venezia un sacerdote italiano: Clemente Padovano (o da Padova). Come mai potè il Sabèllico asserire che la stampa fu introdotta in Italia nel 1458 se solo nel 1465 fu in Subiaco? se solo nel 1462 con la presa di Magonza fatta da Adolfo di Nassau, gli operai tipografi si tennero sciolti dal giuramento, disperdendosi a fondare nuove stamperie, se nella stessa Germania, fuori di Magonza e di Bamberga (1461), non ci sono tipografie prima del 1466(?) Se dunque in Italia verso il 1456 c’era già qualcosa in quanto furono ritrovati stampati sotto il doge Malipiero, che muore nel maggio 1462, e il nuovo pontificato di Pio II che subbentrò a Callisto III morto nell’agosto del 1458. Quindi c’è una coincidenza strabiliante tra i documenti veneziani (1457 – 1458) e il primo libro stampato in Germania dal Fust e Schöffer con caratteri mobili 1457. Quindi l’invenzione dei caratteri mobili in Italia è stata fatta 16 anni prima che venisse “importata” dalla Germania. Secondo una tradizione ancora non provata, fu proprio nel 1461 che Castaldi stampò due rari foglietti, Il responsorio di Sant’Antonio di Padova e l’Orazione alla Santa Sindone.

Ad ogni modo è certo che il Càstaldi fu un tipografo di un certo successo in quanto ci è nota la tiratura di 300 copie delle Epistole di Cicerone fatta nel 1471

Comunque sia ognuno tira l’acqua al suo mulino, per i tedeschi sarà sempre Gutenberg l’inventore, mentre per gli italiani il nome di Pànfilo Castaldi non dice nulla come dell’altro “sperimentatore” l’orafo fiorentino Bernardo Cennini nato a Firenze nel 1414 che si dedicò all’arte della stampa producendo con i figli Pietro e Domenico il primo libro incunabulum a Firenze (In tria Virgilii Opera Expositio di Servio; 1471).

Un’ultima curiosità: nessuno studioso prese mai in esame la notizia (da rogito) che Pànfilo Castaldi sposò nel 1454 una nipote di Marco Polo, Caterina da Pola, che tra i beni dotali aveva caratteri mobili portati a Venezia dal Cataio in Cina.

Tornando ai caratteri in legno, oramai non più utilizzati ma sempre bellissimi da collezionare, erano fatti in legno di pero in quanto tale legno è facilmente lavorabile nell’intaglio ma allo stesso tempo resistentissimo alla pressione del torchio.

Il Castaldi morirà a Zara, in Dalmazia, a 57 anni nel 1487.

Le quattro lapidi nel basamento della statua dedicata a Panfilo Castaldi a Feltre
Bibliografia: Archivio Storico di Venezia, Biblioteca Marciana di Venezia e tanti libri …

Ulteriori notizie su http://www.melograno.net/talpanet/panfilo/fornari1.htm

Type Milano: numeri civici “austriaci” 1786 – 1866

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Numero civico “austriaco” in Via Durini – Palazzo Durini, sicuramente tra i più belli esempi ancora esistenti a Milano

Nel 1786, il ministro austriaco Johann Wilczeck, per volontà dell’imperatore d’Austria Giuseppe II, incarica il marchese Ferdinando Cusani, giudice delle strade, di far appendere ad ogni cantonata della città il nome della rispettiva via. Vengono assegnati alle case i primi numeri civici che saranno nominati “teresiani” perché utilizzati sotto Maria Teresa d’Austria.
Il piano parrocchiale con i nuovi numeri civici progressivi sarà pubblicato il 16 novembre 1787 nella “Pianta di Milano” di Arcangelo Lavelli. Secondo un sistema progressivo unico, partendo dal Palazzo Reale (che risultò così essere il n.1), per poi proseguire in senso circolare a spirale, dal centro alla periferia (mura spagnole) con l’ultimo numero 5314. Nel 1830 viene fatto il nuovo piano municipale che riordina i numeri civici progressivi, arrivati a 5628 case.
Si decide di contrassegnare i nuovi numeri affiancando ai precedenti lettere alfabetiche (ad esempio, 560-560A-561) mentre fino ad allora venivano inseriti i nuovi numeri pescando dall’ultimo progressivo (ad esempio, 560-4981-561). L’elenco con la nuova numerazione è riportato nella “Nuova Guida numerica della città di Milano” del 1839 che riporta il confronto con la numerazione precedente del 1786.

Numero civico “austriaco” in Corso di Porta Vigentina, 23 sulla facciata di quella che era la chiesetta di S. Maria al Portello Vigentino che sorse al posto di una delle croci che un tempo erano poste agli incroci e ora si trova fagocitata da un negozio di articoli ortopedici diventandone quasi una dependance
Numero civico “austriaco” in Corso di Porta Vigentina, 23 sulla facciata di quella che era la chiesetta di S. Maria al Portello Vigentino che sorse al posto di una delle croci che un tempo erano poste agli incroci e ora si trova fagocitata da un negozio di articoli ortopedici diventandone quasi una dependance

Nel 1886 Delibera municipale che istituisce i numeri civici bianchi al posto di quelli rossi (12 e 13 settembre). La delibera verrà attuata progressivamente negli anni successivi.
Solo ottant’anni più tardi, nel 1866, di fronte alle difficoltà di una tale numerazione, il sistema venne concepito secondo la numerazione via per via, coi pari sulla destra venendo dal centro (odierno sistema). Sempre nello stesso anno uscirà l’importante fascicolo con il raffronto tra i vecchi numeri progressivi, i numeri rossi e i nuovi numeri civici. Vallardi pubblica una “Pianta di Milano” con i nuovi numeri civici divisi per vie. Il sistema “austriaco” della numerazione civica fu adottato anche dalla città di Parigi dal 1791 al 1805, e restano nella capitale francese ancora visibili, qua e là questi antichi numeri.
Attualmente il vecchi sistema austriaco è utilizzato solo a Venezia, dove al contrario della vecchia Milano della dominazione asburgica, qui viene ripetuta per i sei Sestieri (San Marco, Cannaregio, Castello, Dorsoduro, Santa Croce, San Polo) più la Giudecca. Insieme ai “nissioetti” (targhe stradali) francesi i numeri austriaci sono l’ultima eredità dell’occupazione straniera in quella che era la capitale della Serenissima Repubblica di San Marco. Anche per un veneziano e per i postini a volte è molto difficile arrivare ad un dato numero civico. Le abitazioni di ogni sestiere sono numerate progressivamente da 1 a qualche migliaio. Qualsiasi calle uno prenda vedrà dei civici sulle centinaia da una parte e sulle migliaia dall’altro. Uno aumenta, l’altro diminuisce. Ad un tratto trovate una calle ed il numero “300” diventa per magia “700”. Seguite la calle, ritrovando il “300″ fino a trovarne un’altra che “fa il trucco del 500”. Fate un ponte e vi ritrovate al “2000” di un altro sestiere.

Numero civico a Venezia nel Sestiere di Cannaregio
Numero civico a Venezia nel Sestiere di Cannaregio