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Museum Graphia: l’arte di riprodurre

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In Italia, oltre all’importantissima Tipoteca Italiana fondazione di Cornuda (TV) che ho già trattato in un precedente post e che tornerò a trattare prossimamente, esistono altre entità museali di raccolta di materiali e macchinari storici per la stampa.

La Casa degli stampatori ebraici di Soncino (CR) pure questa già presente in un post del mio blog; il Museo della stampa di Lodi, Il Museo della Stampa di Rivoli (TO), il Museo della stampa di Mondovì (CN), il Museo della Stampa della “Libertà” di Piacenza, la Tipografia e Biblioteca del Monastero armeno dell’isola di S. Lazzaro a Venezia, il Museo dell’Industria e del Lavoro «Eugenio Battisti» di Brescia, il Typographiae di Trapani, e tante altre piccole realtà (tutti saranno trattati prossimamente); il Museum Graphia vicino ad Urbino.

Parto proprio da quest’ultima realtà: il Museum Graphia è il Museo Internazionale della Stampa concepito all’interno delle strutture de la Corte della Miniera nei pressi di Urbino dove tra l’esposizione di macchine da stampa di ogni tipo, dalle più semplici alle più complesse, dalle più antiche alle più moderne, con una moltitudine di accessori e utensili si “respira” la tipografia.

Inoltre è presente una esposizione di incisioni originali esplicative per le varie tecniche incisorie calcografiche o litografiche; come pure di fogli a stampa tipografica che documentano le carte, i formati, i caratteri, l’impaginazione, ecc.

Lo scopo di questa struttura è la didattica oltre alla semplice esposizione, infatti viene visitata ogni anno da varie scolaresche di ogni ordine e grado e dai vicini studenti dell’ISIA di Urbino che qui hanno la possibilità di sperimentare le tecniche incisorie e litografiche, e toccare da vicino le varie tecniche poligrafiche.

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LA CORTE DELLA MINIERA
Via della Miniera, 74
Loc. Miniera
61029 Urbino (PU)
Tel/fax: 0722345322 – 0722347002
info@cortedellaminiera.it
www.cortedellaminiera.it

4) Veneziani – Rinascimentali (Classificazione Novarese)

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Il ritorno alle forme romane, nelle maiuscole (Subiaco, 1465) derivanti dai caratteri lapidari romani fu il preludio anche all’imitazione delle scritture umanistiche dette “Incunabuli” per il minuscolo dagli stampatori di Venezia che gli disegnavano e incidevano con il bulino.

Si formò così il primo alfabeto tipico, il quale – dopo il perfezionamento acquisito, dovuto ai prototipografi dell’epoca – trovò in Venezia l’ambiente ideale per la sua diffusione nel mondo. E ciò fu dovuto alle forme dei caratteri dei fratelli Da Spira, Griffo, Paganini, Ratdolt e, specialmente, di Nicholas Jenson.

Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson

Il carattere più utilizzato e armonioso di questa famiglia è, senza dubbio, il «Garamond», disegnato dallo stampatore francese Claude Garamond (1480-1561) “copiando” i caratteri sia dell’incisore di punzoni bolognese Francesco Griffo (1400-1500) per il «De Aetna» di Pietro Bembo (1495), tale carattere prenderà il nome di «Bembo», sia il carattere ononimo del francese Nicholas Jenson (1470). Il Griffo, che fu il primo a produrre ed utilizzare un corsivo da stampa, lavorava, a Venezia, per Aldo Manuzio (1450-1515) e inciderà anche il carattere per «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) che prenderà la denominazione di «Poliphilus Roman», per la forma tonda e «Blado Italic» per quella corsiva.

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Francesco Colonna
Francesco Colonna «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) stampato da Aldo Manuzio con i caratteri di Francesco Griffo
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)

Caratteristiche nel disegno delle lettere sono la presenza dell’asse verticale inclinata nettamente da 30° fino a 45° all’indietro; il contrasto tra i pieni ed i filetti è debole; le grazie hanno una forma arrotondata con la base concava; le differenze di spessore tra le aste verticali e le aste oblique sono più accentuate e, anche nelle lettere tonde; i rapporti di sottile e largo sono più accentuati; il filetto traversale della è inizialmente obliquo per poi trasformarsi in orizzontale.

Claude Garamond sarà il primo a disegnare il maiuscolo corsivo e ad utilizzare il corsivo insieme al tondo, come si fa attualmente, e non in alternativa come faceva il Manuzio.

Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)
Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)

Il «Garamond», del quale esistono numerose e differenti forme presenti sul mercato, alcune delle quali che nulla hanno a che fare con il disegno originale (i più fedeli ai punzoni originali sono: «Adobe Garamond» e «Garamond Simoncini», mentre la versione «ITC Garamond» è completamente distante dalle forme che dovrebbe rappresentare), è usatissimo nella composizione dei testi dei libri, nelle pubblicità, ecc.

Molto bello è il corsivo minuscolo di questo carattere, che si lega molto bene alle illustrazioni e dà all’insieme un’aria molto classica e pulita.

L’utilizzo di questi caratteri prevedevano, anche nel testo corsivo l’utilizzo delle maiuscole tonde fino alla metà del XVI secolo (nelle versioni ridisegnate per la tipografia moderna e la digitalizzazione non viene rispettata questa regola stilistica utilizzando come maiuscolo un “falso corsivo” storico).

Oltre alle varie versioni del «Garamond» esistono in commercio altri tipi digitalizzati di Veneziani: «Bembo», «Poliphilus Roman» «Blado Italic», «Jenson», «Garaldus», «ITC Galliard», «Golden», «Caledonia», «Centaur», «De Roos», «Elzevir», «Sabon», «Vendôme», «Romulus», «Trajanus», «Meno», «Minion», «Van Dijck», «Bitstream Iowan Old Style», «Serlio», «Aurelia», «Dante», «GFT Venexiano». ecc.

Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 - 1526)
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 – 1526)

La “esselonga” non è un supermercato

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Fino ai primi anni dell’800 nelle parole scritte o stampate venivano utilizzate due tipi di esse minuscole. La prima era la “esse corta” o “esse rotonda” che è quella che utilizziamo attualmente, derivante dal disegno della S maiuscola del lapidario romano e che allora trovava utilizzo principalmente a fine parola; la seconda, chiamata “esselonga” che nel disegno assomiglia ad una ‘f’ senza il trattino orizzontale d’incrocio a destra, trovava utilizzo singolarmente o in legature in tutte le altre posizioni nelle parole.
In inglese la “esselonga” viene chiamata long, medial o descending s (ſ).
La “esselonga” deriva dalle forme amanuensi delle prime scritture corsive romane dove si utilizzavano solamente lettere maiuscole per arrivare, passando dal “semionciale”, alle forme uniformate della scrittura operata da Carlo Magno e la comparsa della “carolina” o “minuscola carolingia”.
Gli scritti in “minuscola carolingia” del nono secolo usavano soltanto la “esselonga”, ma nel “tardo carolingio” e nelle prime scritture del “Gotico”, dal dodicesimo secolo in poi, è stata adottata la consuetudine di utilizzare la “esselonga” all’inizio e nell’interno delle parole e la “esse corta” alla fine di parola.

Con l’avvento della stampa anche i primi prototipografi seguirono la consuetudine di utilizzo dei due tipi di esse nella forma gotica. Anche l’alfabeto greco usa due lettere per la sigma, corrispondente alla latina ‘s’, la normale ‘σ’ e la forma speciale ‘ς’ in finale di parola, cosa che potrebbe avere aiutato la creazione di forme speciali della ‘s’; infatti durante il Rinascimento una parte significativa della classe intellettuale europea aveva familiarità con il greco. Alcuni stampatori che hanno cominciato ad usare i caratteri influenzati dalle scritture umanistiche (Sweynheym e Pannartz a Subiaco nel 1465, per esempio ed Ulric Gering a Parigi nel 1470) hanno utilizzato i due tipi di “s“ in modo differente per poi ritornare all’uso ‘gotico’ della “esselonga” iniziale e mediale e della “esse corta” finale e questa si è transformata in nella regola quasi universale nella stampa fino alla conclusione del diciottesimo secolo quando l’utilizzo della s finale si generalizzò poco a poco, finché giunse a sostituire completamente la “esselonga”. Il testo della Costituzione degli Stati Uniti d’America, per esempio, impiega la “esselonga” unicamente lì dove la “s” è doppia, come nelle parole Congress, Class, Business …
La s lunga è rimasta nel francese e in inglese fino alla Rivoluzione Industriale.


Nel minuscolo corsivo della esselonga il disegno della lettera non presenta nessun trattino orizzontale d’incrocio ed ha invece un tratto discendente pendente verso sinistra non possibile nelle altre forme di carattere senza crenatura.
Poiché la “esselonga” era crenata e coincideva con il disegno dei caratteri adiacenti, la “esse corta”, a volte, è stata usata come espediente davanti alle lettere alte con cui la forma della esselunga si sarebbe scontrata.
Speciali legature sono stati fatte per molte delle combinazioni, quali as (per l’inglese da stampa) sb, sh, si, sk, sl, ss, st, ssi, ssl.

Come gli stampatori anche chi redige gli scritti umanistici, nella fine del quindicesimo secolo, ritornano generalmente ad utilizzare per firmare con le iniziali e la esselonga mediale e la essecorta finale. Ma i produttori della forma corsiva dello scritto e delle mani che si sono sviluppati da esso (chancery corsivo e le mani ‘italiane ‘) successive spesso non hanno fatto uso affatto della esselonga e distesa e dell’uso contradditorio dei calligrafi è in maniera sconvolgente differenti dalla pratica rigida osservata dagli stampatori. Gli esempi dell’utilizzo della essecorta iniziale e mediale possono essere trovati verso la conclusione del quindicesimo secolo nel lavoro di Bartolomeo Sanvito e forse, una figura significativa in questo contesto come in molti altri, è il famoso calligrafo di sedicesimo-secolo Giovan Francesco Cresci a Roma che, diverso dei produttori più in anticipo del corsiva di cancellaresca, compreso il suo arco-rivale Giovanni Battista Palatino, ha reso piccolo ad uso della s lunga in suoi propri manoscritti e libri di scrittura. Il suo nuovo stile, adottato dai suoi allievi e successori, ha cambiato il tipo di scrittura a mano occidentale.
Dal quindicesimo alla fine del diciottesimo secolo ci sono molto poche eccezioni in testi stampati alla regola che la s iniziale e mediale era lunga e la s finale era corta. Una delle eccezioni è visibile in una serie di stampati a Vicenza nel 1520 per il riformatore linguistico italiano Giangiorgio Trissino, in cui la s lunga e corta è usata per distinguere espressamente e la consonante. Pierre Moreau, che ha stampato nel 1640, a Parigi, con i tipi ha basato su una versione corrente della mano corsiva italiana, ha seguito la pratica dei calligrafi contemporanei ed ha usato soltanto la s corta. La s lunga non è stata usata in Joseph Ames, le antichità tipografiche (Londra, 1749), né nel Virgil di 1758 ha stampato da Robert e da Andrew Foulis di Glasgow e da alcuni dei loro altri titoli. Gli esempi di stampa senza s lunga inoltre sono stati ritrovati in Spagna durante la fine del diciottesimo secolo, l’esempio più iniziale finora identificato essendo Tomas Lopez, Descripción de la Provincia de Madrid (Madrid: Joaquín Ibarra, 1763). Altri esempi includono Andres Xímenez, del di Descripción… Escorial (Madrid: Antonio Marín, 1764), il tipo esemplare di Antonio Espinosa (Madrid, 1771) e Sallust del Ibarra (Madrid, 1772). Veda D. B. Updike, i tipi di stampa, secondo ed. (1937), figs. 233-44. Non ci sembra essere spiegazione stampata da c’è ne di questi stampatori perchè hanno fatto questo, ma sembra probabilmente che questi esempi di diciottesimo-secolo in Gran-Bretagna ed in Spagna rappresentano l’inizio di una sommossa contro l’uso irrazionale di due forme differenti per una lettera, che ha significato che così come la s lunga in se che lo stampatore ha dovuto trovare la stanza nell’argomento per il suo numeroso ligatured le specie così come i cinque inevitabili per la f.
Lo scarto generale della s lunga dagli stampatori è probabilmente dovuto François-Ambroise Didot, Parigi, che in circa 1781 inizia il taglio di nuovo stile di tipo che più successivamente è stato conosciuto in inglese come ‘faccia moderna ‘. La s lunga non è stata inclusa nei nuovi tipi e l’esempio del Didot è stato seguito rapidamente da altri stampatori sotto la sua influenza. Uno di questi era John Bell, stampatore e typefounder a Londra, a quale il movimento per il relativo disuse è attribuito a volte erroneamente. Bell non ha usato la s lunga in suo giornale il mondo, in primo luogo pubblicato il 1 gennaio 1787, né nel testo dell’esemplare di nuovi tipi tagli per la sua Lettera-Fonderia britannica da Richard Austin (1788), anche se la sinossi del fount indica che la s lunga e le relative combinazioni sono state fatte per esso. Bell aveva una conoscenza di con i libri francesi contemporanei, che ha importato in Inghilterra ed aveva usato un piccolo formato di uno dei tipi tagliati da Firmin, figlio di François-Ambroise Didot. ‘nel Prolegomena ‘al suo Shakspeare (1788) Belhi hanno spiegato che i suoi oggetti nell’omissione della s lunga erano dare le linee ‘che l’effetto di essere più si apre ‘(uno scopo di molti stampatori del diciottesimo secolo tardo, quando i testi erano comunemente al piombo) ed evitare la confusione della s lunga con la f.
Quando i fonditori di caratteri in Gran-Bretagna introducendo la “modernità“ dei tipi durante la decade dal 1795 al 1805, la esselonga spesso non è stata fornita nelle polize dei nuovi caratteri costringendo gli stampatori a sostituirla con la presente essecorta portando rapidamente alla scomparsa dell’utilizzo. È stata fatta rivivere per un certo tempo per il relativo sapore antiquariato dagli stampatori come Charles Whittingham e Louis Perrin quando utilizzavano i vecchi caratteri e sono stati usati di nuovo per la stampa verso la metà del diciannovesimo secolo, ma la esselonga è completamente sparita nella stampa giornaliera con i tipi romani mentre sono ancora usate quando il tedesco è composto correttamente nei tipi gotici come Schwabacher e Fraktur.

Nella lingua tedesca, ad esclusione della Svizzera tedesca dove da molto tempo è stata abolito l’uso, e tuttora utilizzato il glifo della legatura “ß”, conosciuto con il nome di Eszett (o Esszett, Eszet, Esszet) o scharfes S se considerato a sé stante, poiché essenzialmente è basato sulla legatura “sz”. L’utilizzo dipende anche dal tipo di vocale. È usato dopo una vocale lunga, come in Straße (via), ma non dopo una corta, come in Gasse (vicolo).
Inoltre poiché la ß non può essere divisa, non si può sillabare, mentre le ss è diviso fra le sillabe (Gas-se). Questa lettera ha una particolarità tra gli alfabeti occidentali dal momento che non appare mai in posizione iniziale (tranne in rarissimi casi, come in alcune trascrizioni fonetiche di qualche dizionario tedesco dove indica il fonema /s/, opposto a che indica /z/).
I cambiamenti recenti alla ortografia tedesca hanno modificato le regole ed hanno ridotto le occasioni per il relativo uso sostituendo la ß con l’uso semplice della doppia s. La lettera minuscola latina S tagliente, come ß è conosciuta, non solo ha relativo posto fra i glyphs della serie di caratteri di ASCII (dal 1986) e di Unicode (U+00DF), ma è accessibile sui telefoni mobili.

Nella lingua francese la “esselonga” seguita da un’altra s poteva essere scritta in più modi, secondo il gusto del tipografo (e talvolta senza grande coerenza), come due “esselonga” o con una “esselonga” seguita da una “esse rotonda”, il che può portare alla legatura ß che non è stata, in passato, limitata al tedesco.
Attualmente, i lettori o gli editori non preparati confondono frequentemente la “esselonga” con una f (nello stesso nodo in cui gli anglofoni confondono la grafia moderna di þ con una y tra cui non vi è nessun rapporto). La confusione è sovente dovuta alla presenza del trattino orizzontale. I matematici impiegano un ultimo avatar, della s lunga come simbolo dell’integrale: ∫. Esiste nell’alfabeto fonetico internazionale un’altra variazione della s lunga chiamata esh ʃ, che serve a indicare la consonante fricativa postalveolare sorda che si trova all’interno della parola pesce (indica il digramma italiano sc). La si ritrova attualmente nelle ortografie recenti di molte lingue africane (come il dagbani del Ghana, il songhoy e il tamasheq del Mali o anche il pandikeri dell’Uganda). La forma maiuscola non è una S ma una specie di sigma maiuscola greca, Ʃ oppure, nell’alfabeto internazionale di Niamey una versione ingrandita della minuscola, usata di preferenza per le lingue africane.

tratto da testi di James Mosley e di Giangiorgio Fuga

Gli stampatori del 1500 a Milano: Michele Tini & Giacomo Piccaglia stampatori del Seminario di Milano al tempo di San Carlo Borromeo

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Il frontespizio del libro “Dialogo en laude de las mugeres”
Il frontespizio del libro “Dialogo en laude de las mugeres”

Nella seconda metà del 1500 anche il Seminario di Milano aveva una sua tipografia fortemente voluta dal suo Cardinale Carlo Borromeo. Da antichi documenti come il “Libro Mastro d’Entrata 1579 – 1585” registro amministrativo del Seminario, vengono citate varie informazioni riguardanti la storia della tipografia seminariale. Le prime notizie sono del 1579 quando viene segnata, su tale libro mastro, l’uscita di ben 2.521 lire, 6 soldi e 9 denari, cifra a quel tempo elevata « … per estinguere il debito della casa comprata da mons. Gio. Batta Osio per la stampa … ». Dopo altri sette fogli è trascritta l’uscita di 248 lire che corrispondono al « … pretio de risme n. 75 carta da stampa datta per il Seminario da 13 gennaio sin al di d’ogi come più chiaro appare alla partita della detta stamparia … ». Nel retro di questo foglio ecco apparire il nome di «mons. Michel Tini stampatore del Venerabile Seminario», il quale « … de dar a di primo gennaio 1579, 708 lire sono per tanti si fano boni alla mensa Archiepiscopale; qual gli ha fatto rimetere in Venetia per lui per comprar li caratteri per la stampa de qual suma se ne è datto credito a detta mensa in libro bianco … ». Dando un senso compiuto a queste affermazioni: lo stampatore Tini doveva rifondere le casse arcivescovili del prestito ottenuto per acquistare i caratteri a stampa fatti arrivare da Venezia, all’epoca uno dei centri più importanti dell’arte della stampa.

Ma chi era Michele Tini (che compare nelle sue edizioni anche come «Michael Thinus», «Michael Tinus», «Michele Tino» o «Michel Tini stampatore del seminario»)? Un monsignore originario di Sabbio Chiese presso Brescia che si dedicherà alla nuova arte della tipografia a Milano dal 1568 al 1594, figlio di Giovanni e fratello di Battista e Comino.

Agli studiosi della storia tipografica italiana, il Tini è conosciuto per le sue edizioni religiose stampate in rosso e nero firmate come «Typographus Seminari» e con il motto «Ad signum Famae». Lavorò sia da solo che in società con Giacomo Piccaglia nel 1580 firmando l’edizioni stampate come: «Michele Tini & Giacomo Piccaia stampatori del Seminario», e stampò spesso per i cugini gli altri Tini i fratelli Francesco, Simone e Pietro quest’ultimo editore e libraio attivo a Milano (con Michele e nella tipografia dei Da Ponte), Piacenza (dove utilizzò la tipografia di Giovanni Bazachi) e Venezia (di quelle di Giovanni Antonio Bertano, Girolamo Polo, Giacomo Vincenzi e Riccardo Amadino). Michele aveva bottega all’insegna della Fama. In un’edizione del 1584 compare il marchio della sirena e la leggenda: «Si vendono alla libreria de la Serena», gestita da Michele insieme con Francesco e Simone.

Giacomo Piccaglia fu attivo come tipografo prima a Venezia dal 1569 al 1570 e poi a Milano dal 1579 al 1590; lavorò da solo e in società oltre con Michele Tini, anche con Pacifico da Ponte e Graziadio Ferioli (Feriolo) a Milano e con Giovanni Maria Leni a Venezia. Non si sa se avesse rapporti di parentela con Giovanni Picaia, attivo a Venezia nel 1538.

Ma tornando alla tipografia del Seminario milanese è noto che essa ha un proprio edificio (la casa comprata da mons. G. B. Osio), un proprio titolare (Michele Tini) e con gli elementi indispensabili per una tale attività, ossia lettere mobili per la stampa e carta su cui stampare. Dal già citato “Libro Mastro”, inoltre, ci si può istruire sulla produzione di questa tipografia. Dai torchi uscivano calendari liturgici, spiegazioni per la S. Messa, testi con le litanie, il memoriale che San Carlo Borromeo scrisse ai milanesi dopo la peste del 1576-77, l’Ufficio della Madonna, il testo del Concilio Provinciale IV e V, le prediche in più volumi di un autore allora molto letto, il domenicano Ludovico Granata.

Accanto alla produzione, c’era un’attività di commercio. Lo stampatore Tini non lavorava solo per il Seminario, ma teneva parte del prodotto, per poi rivenderlo.

Alcuni librai di Milano, come i fratelli Besozzi e Gerolamo Giussani, acquistavano all’ingrosso per poi rivendere il prodotto a privati.

La produzione della tipografia seminariale però durò poco tempo in quanto, come risulta da diversi documenti, risultava come voce passiva per l’economia del Seminario.

Alla situazione di deficit si aggiunse quanto maturò nei giorni di Carnevale, sempre del 1580. Allora, il Cardinale Carlo Borromeo inflisse la scomunica a tutti coloro che avevano prolungato il Carnevale sino alla prima domenica di Quaresima, disturbando le funzioni religiose del Duomo. Poiché le cedole di scomunica erano state stampate da Michele Tini, costui e i suoi aiutanti vennero incarcerati e i locali della tipografia furono tenuti sotto sequestro per i conflitti che intercorsero tra l’Arcivescovo e le autorità governative. Le trattative che seguirono furono lunghe e snervanti, scoraggiando del tutto i responsabili del Seminario a mantenere la tipografia. Così venne venduta in blocco allo stesso stampatore Michele Tini, che continuò l’attività per altri 20-30 anni.

Nella sua brevità, la storia della tipografia del Seminario è significativa in quanto segnala la sensibilità del Cardinale Borromeo nell’utilizzo e controllo dei mezzi di comunicazione.

Fonte: La Fiaccola 01/2008 – Don Umbero Dell’Orto

Casa degli stampatori ebraici di Soncino (CR)

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Il vecchio torchio tipografico
Il vecchio torchio tipografico

Il Museo della Stampa – Casa degli Stampatori Ebrei è una tra le prime stamperie in Italia, e la prima a stampare testi ebraici, sorta nella cittadina di Soncino già nella seconda metà del ‘400, a meno di una trentina di anni da quella di Gutenberg a Magonza.
Il Museo, inaugurato nel 1988, in occasione delle celebrazioni del V Centenario della Stampa della Prima Bibbia Ebraica Completa è dedicato alla celebre famiglia di stampatori provenienti da Spira, vicino a Magonza, e in esso vengono illustrati i metodi di stampa e le vicende storiche.
La tradizione ha sempre indicato la tipica casa a torre nel centro della cittadina, oggi adibita a museo, come sede della stamperia della famiglia ebraica che trovò a Soncino lo stimolo per iniziare la nuova attività di stampatori.

I caratteri in legno di pero
I caratteri in legno di pero utilizzati per corpi grandi

A Soncino i primi ebrei arrivano, perché chiamati dagli Sforza, signori di Milano, che accolsero volentieri questi emigranti e, avendo ricevuto da loro un sostanzioso prestito di denaro, li autorizzarono a svolgere l’attività a Soncino, borgo di “frontiera” famoso come “fortezza” strategica nell’epoca sforzesca, al confine della vicinissima Serenissima Repubblica di Venezia, che stava vivendo, proprio in quegli anni, il suo rinascimento con grande sviluppo di iniziative artigianali, commerciali e culturali.

Sul legame tra prosperità e un Banco dei pegni da istituire ci sarebbe da meditare; limitiamoci a far notare che con questo compito, la gestione del banco dei pegni – uno dei pochi mestieri consentiti agli ebrei – Moshèh da Spira, proveniente dalla vicina Orzinuovi citta di frontiera della Serenissima, si stabilì in città. Ebbe un figlio, Israel Nathan, che faceva il medico e sognava di allestire una stamperia. Sarà il figlio di lui Yehoshùa Shelomòh (Giuseppe Salomone Nathan) a realizzarla.

È bene ricordarlo: sono passati appena 28 anni dalla scoperta attribuita a Gutenberg quando, nel 1483, vede la luce il primo libro stampato a Soncino, è il Talmud Babilonese; dopo pochi anni, nel 1488, la Bibbia Ebraica Completa, ovvero quella che si indica come la prima Bibbia ebraica stampata nel mondo, edita da Gershòm, uno dei figli del fratello, considerato il più grande tipografo ebreo e l’unico, allora, a stampare anche in italiano, in greco e in latino.

Seguiranno la prima Bibbia “tascabile”, usata anche da Lutero per la traduzione dell’Antico testamento in tedesco, le opere di Petrarca (1503) e altri testi ancora. La stamperia fu attiva nel Borgo per una decina d’anni, poi gli ebrei se ne andarono cacciati per l’opposizione cattolica culminata in un processo che li costrinse a chiudere la stamperia di Soncino ed a cercare rifugio e lavoro altrove. Ma lo loro impresa continuò in una migrazione che vide come tappe della “fuga”: Brescia, Casalmaggiore, Fano, Pesaro, Napoli, Salonicco, fino ad arrivare a Costantinopoli dove si stabilirono definitivamente. Continuarono a firmare la loro produzione con il nome “Soncino”, in omaggio al borgo nella quale erano stati accolti dopo la cacciata dalla Germania e stamparono persino testi religiosi cristiani.

I “Soncino” sono considerati i maggiori tra gli stampatori ebrei e cristiani che hanno pubblicato libri con caratteri ebraici. Tutte le opere stampate a Soncino (circa una trentina) sono in lingua ebraica e di argomento religioso.

Museo della Stampa – Casa degli Stampatori Ebrei Soncino
Via Lanfranco, 6 26029 Soncino (Cr)
Tel. 0374 – 83 171

Orari d’apertura
ORARI INVERNALI
da martedì a venerdì: 10.00 – 12.00
sabato e festivi: 10.00 – 12.30 e 14.30 – 17.30
ORARI ESTIVI
da martedì a venerdì: 10.00 – 12.00
sabato e festivi: 10.00 – 12.30 e 15.00 – 19.00

Museo della stampa
Indirizzo: Via Lanfranco, 6 26029 Soncino (Cr)

Specimen: MacKellar, Smiths & Jordan Co. Philadelphia — 1892

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Pochi mesi prima di incorporarsi nella nascente American Type Founders Company (ATF) la MacKellar, Smiths & Jordan Co. di Philadelphia stampa nel 1892 il Compact Book os Specimens chiamata la “Twentieth issue from our Foundry” (la ventesima edizione della nostra fonderia tipografica).

Tale ricco campionario di caratteri di ben 512 pagine è conosciutissimo da tutti gli stampatori americani. Esso presenta un ricchissimo assortimento di caratteri e ornamenti tutti prodotti dalla fonderia che, per la bellezza di stile, originalità, e la durata, non possono essere eccelsi. La portabilità del libro permetteva di essere spedito per posta alle tipografie in luoghi lontani che altrimenti non potevano essere comodamente raggiunte. La serie di caratteri plain e fantasia illustrati in questo libro sono impaginati e visualizzati sul vecchio standard dei corpi e nel sistema a punti.

Esempio presente nello Specimen
Esempio presente nello Specimen

Sono presenti i seguenti tipi (comprensivi di caratteri greci e ebraici) e simboli: Algebraic Signs, Almanac Signs, American, Anglo-Gothic, Angular Text, Antiquarian, Antique, Antique Condensed, Antique Extended, Antique Extra Condensed, Antique Open, Antique Pointed, Antique Tuscan Condensed, Aquatint, Arboret, Archaic, Artistic, Astronomical and Planetary Signs, Attic, Baskerville, Base Ball Cuts, Bijou, Billhead Logotypes, Bill-of-Fare Cuts, Bizarre, Black, Black Cap, Black Inlaid, Black Ornate, Black Ornate Shaded, Black Shaded, Boldface Borussian, Boldface Italic, Boldface Roman, Borussian, Brass Braces, Brass Centre Pieces, Brass Circles, Brass Curved Corners, Brass Ovals, Brass Rule, Strips, Brass Slotted and Mitred Corners, Broadgauge, Broadgauge Ornate, Broadgauge Shaded, Business Cuts, Byzantine, Cabalistic, Cafe and Carte du Jour Cuts, Cadmus, Cameo, Campanile, Cancelled Figures, Card logotypes, Card Ornaments, Card Text, Card Text Shaded, Caxtonian, Caxton Black, Celtic, Celtic Shaded, Celtic Single Shade, Chamfer Condensed, Chancel, Chapel Text, Chaucer, Check Blanks, Check Lines, Check Ornaments, Childs, Cimmerian, Circular Black, Clarendon, Cloister, Cloister Shaded, Columbian, Combination Borders, Combination Ornaments, Commercial Logotypes, Concave, Condensed, Condensed Black, Condensed Black Shaded, Condensed Clarendon, Condensed Cloister Shaded, Condensed Concave, Condensed German Title, Condensed Monastic, Condensed Runic, Condensed Title, Continental, Copperplate, Corners, Crayon, Crosier, Cruikshank Culdee, Dado, Dashes, Doric, Dynamo, Kastlake, Fdson, Engravers’ Italic, Esthetic, Eureka Shaded, Eureka Text, Extended, Extended Runic, Extra Condensed, Fancy Celtic, Fancy Text, Fancy Text Shaded, Fautail, Filigree, Fillet, Flourish-Ornaments, Frauconian, Franklin Shaded, French Clarendon, French Clarendon Extended, French Clarendon Extra Condensed, French Clarendon Italic, French Clarendon Shaded, Fresco, Gallic, Games and Diversions, German Open, German Ornamented, German Plain Faces, German Shaded, German Title, Giraffe, Giraffe Extended, Glyptic, Glyptic Shaded, Gothic, Gothic Condensed, Gothic Extended, Gothic Extra Condensed, Gothic Hairline, Gothic Ornamented, Gothic Ornate, Graphic Text, Greek, Greenback, Grolier, Gutenberg, Hairline Italic, Half-Title, Hansard, Hebrew, Horizontal, Illuminated, Imprint Gothic, Index Corners, Index Initials, Initial Letters, Interline, Ionic Shaded, Italic Copperplate, Italic Figures, Italic Gothic, Italic Gothic Condensed, Italic Inlaid, Italic Ornate, Italic title, Japanesque, Jenson, Johnson, Keystone, Keystone Open, Kitcat, Knobby, Koster, Labor-Saving Brass Leaders, Lacrosse, Lady Text, Latin Antique, Law Italic, Lightface, Lightface Celtic, Lightface Condensed, Lightface Extended, Lining Antique, Lining Gothic, Lining Gothic Extended, Lithographic Slope, Luray, Medallic, Medical Signs, Medieval, Medieval Text, Medieval Text. Ornate, Mezzotype, Minaret, Minster, Miscellaneous Cuts, Miscellaneous Signs, Missal, Modern Text, Monastic, Monastic Shaded, Monkish, Monumental, Mortised, Mortised Ornaments, Music, Newfangle, Newspaper Cuts, Newspaper Headings, Nymphic, Obelisk, Oblique, Oblique Shaded, Old Style Antique, Old Style Circular, Old Style Condensed, Old Style, Old Style Title, Old Style Two-Line Letter, Opaque Shaded, Ornamental Initial Letters, Ornamented, Oxonian, Parsee, Peaked, Pencraft, Phidian, Philadelphian, Pictorial, Piece Accents, Plain Shade, Pynson Queen-Anne Text, Bradford (Standard bodies), Binny (Standard bodies), MacKellar, Ronaldson, Standard bodies, Large job sizes, Point bodies, Radiant, Radiated, Railroad Cuts, Recherche, Recipe Marks, Relievo, Ringlet, Ripple Text , Romanesque, Ronaldson, Ronaldson Clarendon, Ronaldson Condensed, Ronaldson Extended, Ronaldson Gothic, Ronaldson Title Slope, Round Gothic, Roundhead, Round Shaded, Runic, Ruskin, Rustic, Saxon Ornate, Saxon Ornate Shaded, School Text, Script, Centennial, Script, Circular, Script, Compact, Script, Excelsior, Script, French, Script, Italic, Script, Master, Script, No. 9, Script, Queen-Bess, Script, Sansom, Script, Spencerian, Scrivener, Shadow, Signal Service Signs, Signs, Skeleton Antique, Skeleton Gothic Condensed, Slanting Shaded, Sloping Black, Sloping Black Shaded, Smithsonian, Special Figures and Fractions, Spiral, Standard Type-Writer, Stars, State Seals, Steelplate Gothic, Stencil, Stencil-Gothic, Stipple, Stylus, Tendril, Teutonic and Teutonic Extended,Teutonic Shaded, Teutonic Title, Teuton Text, Text Ornate, Tilted, Tinted, Title, Title Black, Title Black Shaded, Title Extended, Title Italic, Title Italic Open, Title Text, Title Text Open, Treasury, Treasury Open, Trojan, Tudoresque, Tuscan, Tuscan Antique, Tuscan Shaded, Typo, Unique, Unique Celtic, Zinco.

Esempi del Clarendon presenti nello Specimen
Esempi del Clarendon presenti nello Specimen
Esempi del Mortised presenti nello Specimen
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