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La “esselonga” non è un supermercato

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Fino ai primi anni dell’800 nelle parole scritte o stampate venivano utilizzate due tipi di esse minuscole. La prima era la “esse corta” o “esse rotonda” che è quella che utilizziamo attualmente, derivante dal disegno della S maiuscola del lapidario romano e che allora trovava utilizzo principalmente a fine parola; la seconda, chiamata “esselonga” che nel disegno assomiglia ad una ‘f’ senza il trattino orizzontale d’incrocio a destra, trovava utilizzo singolarmente o in legature in tutte le altre posizioni nelle parole.
In inglese la “esselonga” viene chiamata long, medial o descending s (ſ).
La “esselonga” deriva dalle forme amanuensi delle prime scritture corsive romane dove si utilizzavano solamente lettere maiuscole per arrivare, passando dal “semionciale”, alle forme uniformate della scrittura operata da Carlo Magno e la comparsa della “carolina” o “minuscola carolingia”.
Gli scritti in “minuscola carolingia” del nono secolo usavano soltanto la “esselonga”, ma nel “tardo carolingio” e nelle prime scritture del “Gotico”, dal dodicesimo secolo in poi, è stata adottata la consuetudine di utilizzare la “esselonga” all’inizio e nell’interno delle parole e la “esse corta” alla fine di parola.

Con l’avvento della stampa anche i primi prototipografi seguirono la consuetudine di utilizzo dei due tipi di esse nella forma gotica. Anche l’alfabeto greco usa due lettere per la sigma, corrispondente alla latina ‘s’, la normale ‘σ’ e la forma speciale ‘ς’ in finale di parola, cosa che potrebbe avere aiutato la creazione di forme speciali della ‘s’; infatti durante il Rinascimento una parte significativa della classe intellettuale europea aveva familiarità con il greco. Alcuni stampatori che hanno cominciato ad usare i caratteri influenzati dalle scritture umanistiche (Sweynheym e Pannartz a Subiaco nel 1465, per esempio ed Ulric Gering a Parigi nel 1470) hanno utilizzato i due tipi di “s“ in modo differente per poi ritornare all’uso ‘gotico’ della “esselonga” iniziale e mediale e della “esse corta” finale e questa si è transformata in nella regola quasi universale nella stampa fino alla conclusione del diciottesimo secolo quando l’utilizzo della s finale si generalizzò poco a poco, finché giunse a sostituire completamente la “esselonga”. Il testo della Costituzione degli Stati Uniti d’America, per esempio, impiega la “esselonga” unicamente lì dove la “s” è doppia, come nelle parole Congress, Class, Business …
La s lunga è rimasta nel francese e in inglese fino alla Rivoluzione Industriale.


Nel minuscolo corsivo della esselonga il disegno della lettera non presenta nessun trattino orizzontale d’incrocio ed ha invece un tratto discendente pendente verso sinistra non possibile nelle altre forme di carattere senza crenatura.
Poiché la “esselonga” era crenata e coincideva con il disegno dei caratteri adiacenti, la “esse corta”, a volte, è stata usata come espediente davanti alle lettere alte con cui la forma della esselunga si sarebbe scontrata.
Speciali legature sono stati fatte per molte delle combinazioni, quali as (per l’inglese da stampa) sb, sh, si, sk, sl, ss, st, ssi, ssl.

Come gli stampatori anche chi redige gli scritti umanistici, nella fine del quindicesimo secolo, ritornano generalmente ad utilizzare per firmare con le iniziali e la esselonga mediale e la essecorta finale. Ma i produttori della forma corsiva dello scritto e delle mani che si sono sviluppati da esso (chancery corsivo e le mani ‘italiane ‘) successive spesso non hanno fatto uso affatto della esselonga e distesa e dell’uso contradditorio dei calligrafi è in maniera sconvolgente differenti dalla pratica rigida osservata dagli stampatori. Gli esempi dell’utilizzo della essecorta iniziale e mediale possono essere trovati verso la conclusione del quindicesimo secolo nel lavoro di Bartolomeo Sanvito e forse, una figura significativa in questo contesto come in molti altri, è il famoso calligrafo di sedicesimo-secolo Giovan Francesco Cresci a Roma che, diverso dei produttori più in anticipo del corsiva di cancellaresca, compreso il suo arco-rivale Giovanni Battista Palatino, ha reso piccolo ad uso della s lunga in suoi propri manoscritti e libri di scrittura. Il suo nuovo stile, adottato dai suoi allievi e successori, ha cambiato il tipo di scrittura a mano occidentale.
Dal quindicesimo alla fine del diciottesimo secolo ci sono molto poche eccezioni in testi stampati alla regola che la s iniziale e mediale era lunga e la s finale era corta. Una delle eccezioni è visibile in una serie di stampati a Vicenza nel 1520 per il riformatore linguistico italiano Giangiorgio Trissino, in cui la s lunga e corta è usata per distinguere espressamente e la consonante. Pierre Moreau, che ha stampato nel 1640, a Parigi, con i tipi ha basato su una versione corrente della mano corsiva italiana, ha seguito la pratica dei calligrafi contemporanei ed ha usato soltanto la s corta. La s lunga non è stata usata in Joseph Ames, le antichità tipografiche (Londra, 1749), né nel Virgil di 1758 ha stampato da Robert e da Andrew Foulis di Glasgow e da alcuni dei loro altri titoli. Gli esempi di stampa senza s lunga inoltre sono stati ritrovati in Spagna durante la fine del diciottesimo secolo, l’esempio più iniziale finora identificato essendo Tomas Lopez, Descripción de la Provincia de Madrid (Madrid: Joaquín Ibarra, 1763). Altri esempi includono Andres Xímenez, del di Descripción… Escorial (Madrid: Antonio Marín, 1764), il tipo esemplare di Antonio Espinosa (Madrid, 1771) e Sallust del Ibarra (Madrid, 1772). Veda D. B. Updike, i tipi di stampa, secondo ed. (1937), figs. 233-44. Non ci sembra essere spiegazione stampata da c’è ne di questi stampatori perchè hanno fatto questo, ma sembra probabilmente che questi esempi di diciottesimo-secolo in Gran-Bretagna ed in Spagna rappresentano l’inizio di una sommossa contro l’uso irrazionale di due forme differenti per una lettera, che ha significato che così come la s lunga in se che lo stampatore ha dovuto trovare la stanza nell’argomento per il suo numeroso ligatured le specie così come i cinque inevitabili per la f.
Lo scarto generale della s lunga dagli stampatori è probabilmente dovuto François-Ambroise Didot, Parigi, che in circa 1781 inizia il taglio di nuovo stile di tipo che più successivamente è stato conosciuto in inglese come ‘faccia moderna ‘. La s lunga non è stata inclusa nei nuovi tipi e l’esempio del Didot è stato seguito rapidamente da altri stampatori sotto la sua influenza. Uno di questi era John Bell, stampatore e typefounder a Londra, a quale il movimento per il relativo disuse è attribuito a volte erroneamente. Bell non ha usato la s lunga in suo giornale il mondo, in primo luogo pubblicato il 1 gennaio 1787, né nel testo dell’esemplare di nuovi tipi tagli per la sua Lettera-Fonderia britannica da Richard Austin (1788), anche se la sinossi del fount indica che la s lunga e le relative combinazioni sono state fatte per esso. Bell aveva una conoscenza di con i libri francesi contemporanei, che ha importato in Inghilterra ed aveva usato un piccolo formato di uno dei tipi tagliati da Firmin, figlio di François-Ambroise Didot. ‘nel Prolegomena ‘al suo Shakspeare (1788) Belhi hanno spiegato che i suoi oggetti nell’omissione della s lunga erano dare le linee ‘che l’effetto di essere più si apre ‘(uno scopo di molti stampatori del diciottesimo secolo tardo, quando i testi erano comunemente al piombo) ed evitare la confusione della s lunga con la f.
Quando i fonditori di caratteri in Gran-Bretagna introducendo la “modernità“ dei tipi durante la decade dal 1795 al 1805, la esselonga spesso non è stata fornita nelle polize dei nuovi caratteri costringendo gli stampatori a sostituirla con la presente essecorta portando rapidamente alla scomparsa dell’utilizzo. È stata fatta rivivere per un certo tempo per il relativo sapore antiquariato dagli stampatori come Charles Whittingham e Louis Perrin quando utilizzavano i vecchi caratteri e sono stati usati di nuovo per la stampa verso la metà del diciannovesimo secolo, ma la esselonga è completamente sparita nella stampa giornaliera con i tipi romani mentre sono ancora usate quando il tedesco è composto correttamente nei tipi gotici come Schwabacher e Fraktur.

Nella lingua tedesca, ad esclusione della Svizzera tedesca dove da molto tempo è stata abolito l’uso, e tuttora utilizzato il glifo della legatura “ß”, conosciuto con il nome di Eszett (o Esszett, Eszet, Esszet) o scharfes S se considerato a sé stante, poiché essenzialmente è basato sulla legatura “sz”. L’utilizzo dipende anche dal tipo di vocale. È usato dopo una vocale lunga, come in Straße (via), ma non dopo una corta, come in Gasse (vicolo).
Inoltre poiché la ß non può essere divisa, non si può sillabare, mentre le ss è diviso fra le sillabe (Gas-se). Questa lettera ha una particolarità tra gli alfabeti occidentali dal momento che non appare mai in posizione iniziale (tranne in rarissimi casi, come in alcune trascrizioni fonetiche di qualche dizionario tedesco dove indica il fonema /s/, opposto a che indica /z/).
I cambiamenti recenti alla ortografia tedesca hanno modificato le regole ed hanno ridotto le occasioni per il relativo uso sostituendo la ß con l’uso semplice della doppia s. La lettera minuscola latina S tagliente, come ß è conosciuta, non solo ha relativo posto fra i glyphs della serie di caratteri di ASCII (dal 1986) e di Unicode (U+00DF), ma è accessibile sui telefoni mobili.

Nella lingua francese la “esselonga” seguita da un’altra s poteva essere scritta in più modi, secondo il gusto del tipografo (e talvolta senza grande coerenza), come due “esselonga” o con una “esselonga” seguita da una “esse rotonda”, il che può portare alla legatura ß che non è stata, in passato, limitata al tedesco.
Attualmente, i lettori o gli editori non preparati confondono frequentemente la “esselonga” con una f (nello stesso nodo in cui gli anglofoni confondono la grafia moderna di þ con una y tra cui non vi è nessun rapporto). La confusione è sovente dovuta alla presenza del trattino orizzontale. I matematici impiegano un ultimo avatar, della s lunga come simbolo dell’integrale: ∫. Esiste nell’alfabeto fonetico internazionale un’altra variazione della s lunga chiamata esh ʃ, che serve a indicare la consonante fricativa postalveolare sorda che si trova all’interno della parola pesce (indica il digramma italiano sc). La si ritrova attualmente nelle ortografie recenti di molte lingue africane (come il dagbani del Ghana, il songhoy e il tamasheq del Mali o anche il pandikeri dell’Uganda). La forma maiuscola non è una S ma una specie di sigma maiuscola greca, Ʃ oppure, nell’alfabeto internazionale di Niamey una versione ingrandita della minuscola, usata di preferenza per le lingue africane.

tratto da testi di James Mosley e di Giangiorgio Fuga

Ex libris: Eric Gill

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Eric Gill il famoso scultore, disegnatore di caratteri e tipografo inglese, nato a Brighton nel 1882, che guadagnò notorietà negli anni ’30 dello scorso secolo per i suoi celebri caratteri come il Gill Sans (1929), il Perpetua (1929) e il Joanna (1930 – 1931) (considerato il più bel corsivo del novecento basato sui caratteri del Granjon) e i meno noti Golden Cockerel Press Type (per la Golden Cockerel Press; 1929), il Solus (1929), l’Aries (1932), il Floriated Capitals (1932), il Bunyan (1934) e il Jubilee (conosciuto anche come Cunard; 1934) collaborando con la Monotype Corporation e nelle opere d’arte come i rilievi della Via Crucis della cattedrale londinese di Westmister è famoso anche per la produzione xilografica di pregevoli ex libris (alcuni a tema erotico).

In questo suo ex libris personale è visibile la devozione per i libri e la tipografia, una mano irradia luce sopra un libro aperto contenente la dicitura latina Liber est causa sui.
In questo suo ex libris personale è visibile la devozione per i libri e la tipografia, una mano irradia luce sopra un libro aperto contenente la dicitura latina “Liber est causa sui”.

Ex libris dedicato a Ananda Coomaraswamy
Ex libris dedicato a Ananda Coomaraswamy
Matrice in legno dellex libris per Freida & Kemp Waldie
Matrice in legno dell’ex libris per Freida & Kemp Waldie
Lex libris “Eve” per Jacob Weiss. Questo lavoro è allo stesso tempo profondamente religioso e profondamente sensuale
L’ex libris “Eve” per Jacob Weiss. Questo lavoro è allo stesso tempo profondamente religioso e profondamente sensuale
Ex libris dedicato a Mary Gill
Ex libris dedicato a Mary Gill

Casa degli stampatori ebraici di Soncino (CR)

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Il vecchio torchio tipografico
Il vecchio torchio tipografico

Il Museo della Stampa – Casa degli Stampatori Ebrei è una tra le prime stamperie in Italia, e la prima a stampare testi ebraici, sorta nella cittadina di Soncino già nella seconda metà del ‘400, a meno di una trentina di anni da quella di Gutenberg a Magonza.
Il Museo, inaugurato nel 1988, in occasione delle celebrazioni del V Centenario della Stampa della Prima Bibbia Ebraica Completa è dedicato alla celebre famiglia di stampatori provenienti da Spira, vicino a Magonza, e in esso vengono illustrati i metodi di stampa e le vicende storiche.
La tradizione ha sempre indicato la tipica casa a torre nel centro della cittadina, oggi adibita a museo, come sede della stamperia della famiglia ebraica che trovò a Soncino lo stimolo per iniziare la nuova attività di stampatori.

I caratteri in legno di pero
I caratteri in legno di pero utilizzati per corpi grandi

A Soncino i primi ebrei arrivano, perché chiamati dagli Sforza, signori di Milano, che accolsero volentieri questi emigranti e, avendo ricevuto da loro un sostanzioso prestito di denaro, li autorizzarono a svolgere l’attività a Soncino, borgo di “frontiera” famoso come “fortezza” strategica nell’epoca sforzesca, al confine della vicinissima Serenissima Repubblica di Venezia, che stava vivendo, proprio in quegli anni, il suo rinascimento con grande sviluppo di iniziative artigianali, commerciali e culturali.

Sul legame tra prosperità e un Banco dei pegni da istituire ci sarebbe da meditare; limitiamoci a far notare che con questo compito, la gestione del banco dei pegni – uno dei pochi mestieri consentiti agli ebrei – Moshèh da Spira, proveniente dalla vicina Orzinuovi citta di frontiera della Serenissima, si stabilì in città. Ebbe un figlio, Israel Nathan, che faceva il medico e sognava di allestire una stamperia. Sarà il figlio di lui Yehoshùa Shelomòh (Giuseppe Salomone Nathan) a realizzarla.

È bene ricordarlo: sono passati appena 28 anni dalla scoperta attribuita a Gutenberg quando, nel 1483, vede la luce il primo libro stampato a Soncino, è il Talmud Babilonese; dopo pochi anni, nel 1488, la Bibbia Ebraica Completa, ovvero quella che si indica come la prima Bibbia ebraica stampata nel mondo, edita da Gershòm, uno dei figli del fratello, considerato il più grande tipografo ebreo e l’unico, allora, a stampare anche in italiano, in greco e in latino.

Seguiranno la prima Bibbia “tascabile”, usata anche da Lutero per la traduzione dell’Antico testamento in tedesco, le opere di Petrarca (1503) e altri testi ancora. La stamperia fu attiva nel Borgo per una decina d’anni, poi gli ebrei se ne andarono cacciati per l’opposizione cattolica culminata in un processo che li costrinse a chiudere la stamperia di Soncino ed a cercare rifugio e lavoro altrove. Ma lo loro impresa continuò in una migrazione che vide come tappe della “fuga”: Brescia, Casalmaggiore, Fano, Pesaro, Napoli, Salonicco, fino ad arrivare a Costantinopoli dove si stabilirono definitivamente. Continuarono a firmare la loro produzione con il nome “Soncino”, in omaggio al borgo nella quale erano stati accolti dopo la cacciata dalla Germania e stamparono persino testi religiosi cristiani.

I “Soncino” sono considerati i maggiori tra gli stampatori ebrei e cristiani che hanno pubblicato libri con caratteri ebraici. Tutte le opere stampate a Soncino (circa una trentina) sono in lingua ebraica e di argomento religioso.

Museo della Stampa – Casa degli Stampatori Ebrei Soncino
Via Lanfranco, 6 26029 Soncino (Cr)
Tel. 0374 – 83 171

Orari d’apertura
ORARI INVERNALI
da martedì a venerdì: 10.00 – 12.00
sabato e festivi: 10.00 – 12.30 e 14.30 – 17.30
ORARI ESTIVI
da martedì a venerdì: 10.00 – 12.00
sabato e festivi: 10.00 – 12.30 e 15.00 – 19.00

Museo della stampa
Indirizzo: Via Lanfranco, 6 26029 Soncino (Cr)

Caderno de Tipografia Nr. 6 – Febbraio 2008

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I «Cadernos de Tipografia» trattano i temi della Tipografia, il typeface design, il design grafico, e analizzano socialmente e culturalmente i fenomeni relazionati con le edizioni, pubblicazioni e riproduzioni dei testi e delle immagini.

I «Cadernos», pubblicati in portoghese, e occasionalmente e parzialmente anche in spagnolo, è diretto principalmente con le sue tematiche verso il mondo tipografico del Portogallo, Spagna, Brasile e America Latina trovando poi molti lettori al di fuori di queste realtà

La distribuzione è gratuita, potete scaricare la versione in PDF direttamente dal sito Tipografos dove troverete anche i numeri precedenti.

Temi del numero 6 è la rappresentazione del Made in USA (parte I).
Gli articoli presenti trattano di: Le lettere che venivano dalla pubblicità; Fondamentalismo protestante, pioniere del design contemporaneo; Il movimento Shaker: paradigma del Modernismo;
Benjamin Franklin, tipografo; Frederic Wiliam Goudy; Linotype: una composizione è meccanizzata; La Monotype di Lanston Tolbert; Linn Boyd Benton; Morris Fuller Benton; La font Broadway; The Century Family; American Type Founders Company; Franklin Gothic, un sans serif nord americano;
William Addison Dwiggins; La font Electra … e l’etichette Citrus per le cassette di frutta americana.

Testo in portoghese

I caratteri mobili di legno e l’invenzione della stampa

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Tondi, corsivi, romani, lineari tante sono le serie di caratteri in legno di pero utilizzate nella “vecchia” tipografia per stampare in corpi grandi.
Tondi, corsivi, romani, lineari tante sono le serie di caratteri in legno di pero utilizzate nella “vecchia” tipografia per stampare in corpi grandi.

I caratteri mobili sono stati inventati nel 1041 dai cinesi. Phi Sing ebbe l’idea di tagliare blocchi di creta a forma di ideogrammi dell’alfabeto cinese; questi, dopo essersi induriti, venivano incollati ad un supporto, venivano inchiostrati e premuti su un foglio. I caratteri mobili potevano essere smontati e rimontati secondo le esigenze. I caratteri mobili cinesi non potevano essere utilizzati a lungo perché essendo fatti di creta si rompevano.

I primi caratteri mobili in legno datano 1298 quando Wang Zhen, un ufficiale, sostituì i fragili caratteri in creta e argilla con i più duraturi in legno intagliato. Egli sviluppò un complesso sistema di tavole girevoli e associazioni tra numeri e caratteri cinesi che rendevano la resa qualitativa più efficiente.

Nel 1377 in Corea furono inventati i caratteri mobili in metallo.

La tecnologia impiegata in Asia può essersi diffusa in Europa attraverso le vie del commercio per l’India o per il mondo arabo. In Europa, furono stampate inizialmente intere tavole intagliate su legno, visto che non resistevano a lungo, decisero di imitare i cinesi. Si elaborò una nuova tecnica: consisteva nel versare in blocchi d’argilla del metallo fuso per ottenere una tavola stampata. Cosi si arrivò alla fusione delle singole lettere, furono fatte con stampini di varia forma alfabetica, in modo che ogni singola lettera unita ad altre formasse una parola. L’intuizione fu quella di fabbricare le matrici di ogni singola lettera dell’alfabeto per poter stampare un qualsiasi testo combinandole in tutti i modi, componendo e scomponendo testi, riutilizzando gli stessi caratteri per altre composizioni, nonché la possibilità di stampare svariate copie (identiche) in breve tempo rispetto ai libri manoscritti.

Su chi per primo in Europa utilizzò questo innovativo mezzo, che andava a sostituire la scrittura amanuense, ci sono ancora diverse versioni e opinioni: una vede il feltrino Pànfilo Castaldi, dotto insegnante, poeta e medico, nato a Feltre nel 1430 (una lunga diatriba tra Feltre e Magonza, tra sostenitori del Castaldi e quelli del Gutenberg lo fa emergere nell’Ottocento come la risposta italiana al teutonico inventore della stampa. E molti documenti indicano a Panfilo lo stesso anno di nascita di Gutenberg il 22 settembre 1398), come l’inventore dei caratteri mobili da stampa in legno utilizzando un torchio già dal 1456, un anno prima di Johann Gensfleish, passato alla storia col nome di Gutenberg, e aprì la sua prima stamperia a Capodistria e poi nel 1471 diresse con un socio, Filippo da Lavagna, una tipografia a Milano avendo ottenuto dal Duca Galeazzo Maria Sforza, una patente, cioè un brevetto, per stampare libri in esclusiva; l’altra vede il più famoso Gutenberg con Johann Fust e Peter Schöffer a Magonza inventare il sistema di stampa (il primo libro con data certa stampato in Magonza dal Fust e Schöffer con caratteri di legno mobili, è del 1457 Codex Psalmorum); un’altra ancora vede Gutenberg che apprese tale invenzione dal Castaldi a Feltre quando venne nella città veneta, ospite dell’insegnante feltrino, per imparare l’idioma italiano facendosi chiamare Giovanni Fausto Comesburgo e che una volta ritornato nella sua Magonza certamente sviluppò e migliorò il sistema di stampa inumidendo i fogli per una migliore qualità nell’impressione dei caratteri, ma anche se ne attribuì il credito di primo inventore.

Panfilo Castaldi
Panfilo Castaldi

Diversi sono i documenti ritrovati a Venezia che trattano la questione: Marc’Antonio Coccio, detto Sabèllico, nato in Vicovaro (presso Roma) il 1436, professore di eloquenza in Udine (1475) e Venezia poi, dov’era conservatore della biblioteca di San Marco. Egli nel libro VIII, decade III della Storia Veneta, scritta per ordine del Senato e pubblicata nel 1486, scrive, parlando di Pasquale Malipiero, doge di Venezia dal 30 ottobre 1457 al 5 maggio 1462, in cui morì: “Alle altre felicità del suo principato s’aggiunse che allora per la prima volta la maniera di stampare i libri fu trovata in Italia: quell’invenzione stessa che si crede essere di un Germano (Gutenberg)” poi lo stesso Sabèllico elogia un altro grande prototipografo Nicolas Jenson che perfezionò l’arte della stampa: “Ma dopochè coll’andar del tempo si furono stabilite in tutta l’Italia delle officine della divina arte, e con aperta emulazione si gareggiava fra gli operaj di ingegno e diligenza, Nicolao Jenson, che la città di Venezia ebbe in sorte, in cotal lode si lasciò addietro di gran lunga tutti gli altri”.

Ma c’è una questione che ha creato confusione, ovvero le date trovate in questi documenti del Sabèllico: del settembre 1469 è un diploma del Senato Veneto che concede al maestro Giovanni da Spira, il privilegio di esercitare egli solo l’arte in Venezia e dintorno, per cinque anni dalla data del decreto, e questo Giovanni da Spira in un libro stampato nel 1468 dice di sé che “Primus in Adriaca formis impressit aenis Urbe libros…” quando già dal 1461(?) operava in Venezia Nicolas Jenson e stampava pure a Venezia un sacerdote italiano: Clemente Padovano (o da Padova). Come mai potè il Sabèllico asserire che la stampa fu introdotta in Italia nel 1458 se solo nel 1465 fu in Subiaco? se solo nel 1462 con la presa di Magonza fatta da Adolfo di Nassau, gli operai tipografi si tennero sciolti dal giuramento, disperdendosi a fondare nuove stamperie, se nella stessa Germania, fuori di Magonza e di Bamberga (1461), non ci sono tipografie prima del 1466(?) Se dunque in Italia verso il 1456 c’era già qualcosa in quanto furono ritrovati stampati sotto il doge Malipiero, che muore nel maggio 1462, e il nuovo pontificato di Pio II che subbentrò a Callisto III morto nell’agosto del 1458. Quindi c’è una coincidenza strabiliante tra i documenti veneziani (1457 – 1458) e il primo libro stampato in Germania dal Fust e Schöffer con caratteri mobili 1457. Quindi l’invenzione dei caratteri mobili in Italia è stata fatta 16 anni prima che venisse “importata” dalla Germania. Secondo una tradizione ancora non provata, fu proprio nel 1461 che Castaldi stampò due rari foglietti, Il responsorio di Sant’Antonio di Padova e l’Orazione alla Santa Sindone.

Ad ogni modo è certo che il Càstaldi fu un tipografo di un certo successo in quanto ci è nota la tiratura di 300 copie delle Epistole di Cicerone fatta nel 1471

Comunque sia ognuno tira l’acqua al suo mulino, per i tedeschi sarà sempre Gutenberg l’inventore, mentre per gli italiani il nome di Pànfilo Castaldi non dice nulla come dell’altro “sperimentatore” l’orafo fiorentino Bernardo Cennini nato a Firenze nel 1414 che si dedicò all’arte della stampa producendo con i figli Pietro e Domenico il primo libro incunabulum a Firenze (In tria Virgilii Opera Expositio di Servio; 1471).

Un’ultima curiosità: nessuno studioso prese mai in esame la notizia (da rogito) che Pànfilo Castaldi sposò nel 1454 una nipote di Marco Polo, Caterina da Pola, che tra i beni dotali aveva caratteri mobili portati a Venezia dal Cataio in Cina.

Tornando ai caratteri in legno, oramai non più utilizzati ma sempre bellissimi da collezionare, erano fatti in legno di pero in quanto tale legno è facilmente lavorabile nell’intaglio ma allo stesso tempo resistentissimo alla pressione del torchio.

Il Castaldi morirà a Zara, in Dalmazia, a 57 anni nel 1487.

Le quattro lapidi nel basamento della statua dedicata a Panfilo Castaldi a Feltre
Bibliografia: Archivio Storico di Venezia, Biblioteca Marciana di Venezia e tanti libri …

Ulteriori notizie su http://www.melograno.net/talpanet/panfilo/fornari1.htm

French Type Design: Roger Excoffon

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Roger Excoffon – nasce il 7 settenbre 1910 a Marsiglia (F), muore a Parigi nel 1983.
Egli è stato un apprezzato graphic designer, tipografo e type designer francese.
Studiò giurisprudenza all’Università di Aix-en-Provence. Successivamente studiò pittura a Parigi dove lavorò come graphic designer.
Nel 1947 aprì il suo studio. Fu co-fondatore della Co-founder U + O (Urbi et Orbi) agenzia pubblicitaria sempre a Parigi.
Consulente artistico per la Fonderie Olive type foundry a Marsiglia (fino al 1959). Nel 1968 disegnò il simbolo per le Olimpiadi invernali di Grenoble. Nel 1972 fondò la sua agenzia Excoffon Conseil. Excoffon progettò numerosi manifesti per: Air France, Bally calzature, Dunlop, Sandoz e SNCF, inoltre contribuì graficamente e nei contenuti per le riviste: “Le Courier Graphique”, “Typographica”, “Esthétique Industrielle” e “Techniques Graphiques”.

Acronimo progettato da Roger Excoffon nel 1952 per il 3° Salone Internazionale delle Tecniche cartarie e grafiche

Acronimo progettato da Roger Excoffon nel 1952 per il 3° Salone Internazionale delle Tecniche cartarie e grafiche


Pagine pubblicitarie per rivista tecnica Caractère. Nella prima, del 1952, viene pubblicizzata la Fonderie Olive utilizzando il Banco; nella seconda pubblicità, del 1963, è fatta proprio per lanciare la famiglia di caratteri dellAntique Olive.

Pagine pubblicitarie per rivista tecnica "Caractère". Nella prima, del 1952, viene pubblicizzata la Fonderie Olive utilizzando il Banco; nella seconda pubblicità, del 1963, è fatta proprio per lanciare la famiglia di caratteri dell'Antique Olive.

Diversi sono i caratteri disegnati da Excoffon, la maggior parte ora digitalizzati: Chambord (1945), Banco™ (1951), Mistral™ (1953), Choc™ (1955), Diane (1956) che è stato ridisegnato e digitalizzato da Thierry Puyfoulhoux con il nome Diana (2004), Princess (1956) digitalizzato da Thierry Puyfoulhoux, Calypso (1958) digitalizzato da Ralph M. Unger, Antique Olive™ (1962–66)

Per chi vuole più notizie su Roger Excoffon consiglio il testo scritto da John Dreyfus per la rivista U&lc Upper & Lower Case (ora in formato online).