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Professione Typographer

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A Milano, presso il CFP Bauer, una serata tipografica femminile, la seconda di una serie che è incominciata l’anno scorso con il nome Professione Typographer. Martedì 16 ottobre 2012 alle ore 19.00 vedremo Anna Ronchi, Claude Marzotto e Maria Zaramella che parleranno delle loro attività professionale nella calligrafia e nella tipografia.

Anna Ronchi – calligrafa e grafica, fra i fondatori dell’Associazione Calligrafica Italiana e docente del corso di Design tipografico dalla prima edizione al 2004 presso il CFP Bauer, attualmente impegnata in un progetto di revisione dell’insegnamento della scrittura nelle scuole primarie.

Claude Marzotto – designer, illustratrice, contaminatrice di tecniche e linguaggi grafici è autrice del volume Proto tipi: farsi una stamperia, co-fondatrice dell’Atelier Vostok è oggi impegnata nel progetto Tob-stok. Sue anche alcune incursioni didattiche ai corsi Bauer.

Maria Zaramella – tra i fondatori di Officina Tipografica Nove punti (OT9PT), un’associazione culturale che progetta e realizza stampati tipografici di carattere sperimentale, con tecniche tradizionali e alternative, ex allieva del corso di Disegno tipografico.

martedì 16 ottobre 2012, ore 19
presso l’aula magna
del CFP Bauer-Afol Milano
via Soderini 24, Milano

www.cfpbauer.it

Sfoglia le pubblicazioni online

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Girovagando su internet ho trovato questo sito interessante: www.issuu.com.

Una sorta di “YouTube” per le riviste, le pubblicazioni, per così dire, che consente di visualizzare molti stampati in modo interattivo. Qui si può sfogliare liberamente, si può caricare i propri stampati (anche relativamente di grandi dimensioni di peso), che verranno poi visualizzate da Flash così da condividerli con altri lettori.

Subito sono andato a cercare pubblicazioni riguardanti la “Typography”, “Fonts” e inizialmente trovavo poco. Poi mi sono accorto che, in alto a destra della pagina web, era impostato su l’italiano e cambiando in english ho trovato di tutto, da riviste a specimen a libri …


Buona ricerca!

Testo in portoghese

Buon 90° compleanno Hermann! – 8 novembre 2008

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Questo è un anno di compleanni speciali, dopo gli 80 di Adrian Frutiger e di Wim Crouwel, oggi 8 novembre Hermann Zapf, il più prolifico disegnatore di caratteri vivente, compie 90 anni.

Nato a Norimberga l’8 novembre 1918 è sposato con la calligrafa e disegnatrice di caratteri Gudrun Zapf-von Hesse vive a Darmstadt in Germania. Ha imparato la calligrafia da autodidatta guardando i libri di Rudolf Kock e Edward Johnston. Egli ha avuto una illustre carriera nella progettazione dei caratteri e degli artefatti tipografici che si estende per oltre cinquanta anni rimanendo un tradizionalista ma anche un innovatore moderno allo stesso tempo.

Hermann Zapf è riconosciuto come uno dei leader mondiali del type designer e della tipografia, dopo aver progettato numerosi caratteri romani, greci e arabi soffrendo però le ferite della lama a doppio taglio della venerazione, visto che i suoi caratteri, che includono i tipi «Palatino» ed «Optima», sono stati oltre che i più ammirati anche i più imitati. L’esempio più noto è il «Book Antiqua», distribuito con Microsoft Office™ che è considerato un vero proprio plagio del suo «Palatino». Proprio per questo, nel 1993 egli rassegnò le dimissioni dall’ATypI (Association Typographique Internationale) per quella che considerava un atteggiamento ipocrita sulla copiatura non autorizzata da parte dei membri dell’ATypI.

Oltre ai già citati «Palatino» e «Optima» Zapf ha disegnato altri famosi caratteri tra i quali ricordo «Melior», «Virtuosa», «Aldus» e «Kompakt» creati all’inizio della sua carriera. Questi sono stati progettati principalmente per la Linotype. Poiché suoi disegni sono stati e sono tuttora, una componente essenziale di ogni ben pianificata offerta tipografica, i concorrenti della Linotype hanno prodotto dei cloni virtuali di caratteri tipografici di Zapf per i propri clienti. Dopo aver visto cosa accadeva in quel periodo, Zapf ha concluso che non era né intelligente né proficuo continuare una carriera di progettazione di caratteri che poi gli altri ti plagiamo, pertanto nella metà degli anni ‘60 smette la progettazione commerciale.

Passò più di un decennio prima che progettò un nuovo carattere tipografico in occasione della fondazione della ITC (International Typeface Corporation) nel 1971 da parte di Aaron Burns che convinse Zapf della filosofia aziendale basata sul principio che avrebbe acquisito le licenza dei disegni tipografici su una base di non esclusività in modo da creare un semplice rapporto d’affari senza restrizioni tra le parti.
Il rapporto con ITC continua, con la progettazione dei «ITC Zapf International» nel 1976 e «ITC Zapf Chancery» nel 1978. Sempre del 1976 è il «ITC Zapf Book» una miscela di «Melior», «Bodoni» e «Walbaum» per fare un carattere da testo al quale sono stati aggiunti più tardi caratteri swash caratteri per la visualizzazione. Nel 1977 Zapf, Burns e Herb Lubalin fondano una società denominata Design Processing International a New York per sviluppare software tipografici per computer. Dopo la morte di Lubalin nel 1981, la società diventa Zapf, Burns & Company. Con la morte di Burns nel 1991, che era stato responsabile della commercializzazione, si scioglie la società in quanto Zapf non voleva gestire una società americana dalla Germania e non voleva vivere a New York. Iniziò, invece, a sviluppare, in collaborazione con una società tedesca di software, un programma di typesetting chiamato “Hz-program” ma tale società fallì nella metà degli anni ’90 e il progetto si fermò.

Un carattere tipografico che potrebbe superare la popolarità della sua prima terna di «Optima», «Palatino» e «Melior» si è sviluppato in un progetto per sostenere ancora un altro software. Nei primi anni ’90 Zapf sviluppa un carattere tipografico “corsivo dritto” chiamato «AMS-Euler» per l’American Mathematical Society. Si è trattato di un progetto di collaborazione con la Stanford University con l’assistenza del professore Donald Knuth e un giovane studente, David Siegel, che ha convertito i disegni di Zapf in caratteri digitali utilizzando il METAFONT. Questo carattere cerca di emulare lo stile della calligrafia di un matematico che scriva entità matematiche sulla lavagna, che è dritto, piuttosto che inclinato. Nel 1992 Siegel scrive a Zapf, spiegando la sua idea di replicare grafia in una font. Per rendere la font calligrafica la più realistica possibile, ha spiegato, le lettere e la loro variabili alternative cambiano contestualmente e variano anche con l’altezza dalla linea di base, come con la normale scrittura a mano. Tutto ciò sarebbe stato realizzato con un nuovo software in via di sviluppo. Zapf era incuriosito da l’idea, ma ha anche avuto seri dubbi sul risultato. La risposta a quest’ultima preoccupazione di Zapf è stata la prima digitalizzazione di un piccolo pezzo di calligrafia contenuto in un sketchbook che Zapf aveva conservato mentre era militare. La stessa calligrafia era stata il modello per il «Virtuosa Script», che era stato punzonato e fuso in caratteri di piombo nel 1948. Sapendo che la progettazione del Virtuosa era stata compromessa a causa delle restrizioni che davano i caratteri in metallo convinse Zapf che « … forse questo nuovo software potrebbe consentire di effettuare in un font praticabile la calligrafia … ». Ha progettato pertanto centinaia di caratteri basati sulla calligrafia, compresi molti modelli alternativi per la maggior parte delle lettere e una massiccia serie di swash e legature. Però il processo di digitalizzazione e di implementazione della font da eseguire si era rivelato proibitivo in termini di tempo e tutto fu sospeso fino al 1997 quando Zapf portò i suoi disegni e le prime digitalizzazioni di Siegel alla Linotype.

Hermann Zapf e la Linotype si misero daccordo di produrre quattro alfabeti calligrafici eliminando alcune lettere e sostituendole con delle nuove. Così naque il suo carattere calligrafico «Zapfino», che diviso in quattro font PostScript fu originariamente rilasciato nel 1998 e ridisegnato nel 2003 per sfruttare le nuove potenzialità offerte dal formato digitale delle font OpenType™, questo è stato uno straordinario successo in tutto il mondo. Anche se la risultante font OpenType™, «Zapfino Extra», ha notevolmente più glifi comprese molte legature e variabili della stessa lettera, con questa tecnologia è più semplice l’utilizzo che permette di rendere più veritieri i caratteri calligrafici digitalizzati. Convertire il disegno originale in un font OpenType™ è stato un compito monumentale, ma Zapf, in collaborazione con la Linotype design sotto la direzione di Akira Kobayashi ci riuscì con un tour de force.

Hermann Zapf è stato fatto Honorary Designer for Industry dalla Royal Society of Arts e ha vinto innumerevoli premi. Egli è un membro onorario di oltre venti-quattro associazioni in tutto il mondo ed è anche Presidente onorario della Fondazione Edward Johnston.

I caratteri di Hermann Zapf sono in vendita presso la Linotype. (immagini per gentile concessione di Linotype)

Ecco l’elenco dei caratteri digitalizzati disegnati da Hermann Zapf:

«Aldus» (1954), «Aldus Nova» (2005), «Aurelia» (1983), «Comenius Antiqua BQ» (1976), «Edison» (1978), «AMS-Euler» (1971), «Kompakt» (1954), «Marconi» (1976), «Medici Script» (1971), «Melior» (1952), «Noris Script» (1976), «Optima» (1958), «Optima nova» (2002), «Orion» (1974), «Palatino» (1950), «Palatino nova» (2005), «Palatino Sans» (2006), «Saphir» (1953), «Sistina» (1950), «Vario» (1982), «Venture» (1969), «Linotype Zapf Essentials» (2002), «Zapfino» (1998), «Zapfino Extra (2003), «ITC Zapf Chancery» (1979), «ITC Zapf International» (1976), «ITC Zapf Book» (1976), «Zapf Renaissance Antiqua» (1984–1987), «ITC Zapf Dingbats» (1978).

Le misurazioni tipografiche

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Tipometro in punti PICA per la determinazione delle interlinee
Il tipometro è lo strumento che serve per la misurazione e la regolazione
Il tipometro è lo strumento che serve per la misurazione e la regolazione di tutto secondo le unità tipografiche. Nel presente modello la scala delle interlinee è in punti Didot.

Il sistema della misurazione dei caratteri tipografici, introdotto nel ‘700, ha prodotto vari benefici. Uno di questi è il fatto che i caratteri e gli spazi prodotti da diverse fonderie potevano finalmente essere mescolati insieme per comporre del testo senza impunità. La puntuazione è diminuita d’importanza con l’aumento delle macchine per la composizione meccanica prima, e della digitalizzazione poi. In effetti lo stampatore è divenuto il fonditore dei propri caratteri.

Quello che ha continuato ad essere un beneficio importante era il fatto che i caratteri tipografici, di misure diverse, possono essere messi insieme sulla base di un semplice adattamento aritmetico. E c’è stato un altro miglioramento: nei primi anni del ‘900 il piacere di rifondere “re-cast” i caratteri da parte dei fonditori, ha portato notevoli benefici nella regolarità e stabilità dimensionale, infatti portando tutti i tipi, tondi, corsivi, romani, ecc; su allineamenti comuni questi possono essere fiancheggiati insieme senza il pericolo dei precedenti accidenti di linee basi incalcolate.

Sistema Didot

Nel sistema di misura duodecimale di François-Ambroise Didot (del 1770) la misura di partenza, che risale a Carlo Magno (VIII-IX secolo), è il “piede del re” (32,484 cm); dal piede si ricava il “pollice”, corrispondente alla sua 12a parte (2,707 cm); dal pollice, la “linea”, che corrisponde alla sua 12a parte (2,256 mm); dalla linea si ricava il il punto tipografico, che corrisponde alla sua 6a parte cioè 0,376 mm. Il punto risulta, quindi, la 864a parte del “piede del re”. La corrispondente riga tipografica è pari a 4,512 mm e viene anche chiamata Cicero.

Sistema PICA

La misura tipografica duodecimale dei paesi anglo-americani è il Pica derivante dalla misura inglese, il “pollice” (2,54 cm) la misura legale confermata ufficialmente per l’Impero Britannico nel 1824. Dal pollice si ricava la “Pica”, corrispondente alla sua 6a parte (4,234 mm); dalla Pica si ricava il “punto pica”, corrispondente alla sua 12a parte. Il punto tipografico risulta, quindi, la 72a parte del

“pollice” inglese pari a 0,351 mm, pertanto leggermente più piccolo del punto Didot,

la riga tipografica, che viene anche chiamata Pica, corrisponde sempre a 12 punti cioè a 4,217 mm, ossia una misura vicina, ma non esattamente uguale, ad un sesto di pollice.

Il sistema Pica viene tuttora utilizzato nei paesi anglo-americani e nei software d’impaginazione dei Computers dove è il sistema predefinito, il sistema Didot è attualmente meno utilizzato dai progettisti grafici ma sempre preferito dai tipografi europei.

Sistemi ATA, TeX, PostScript

La misurazione Pica, attualmente, si divide in tre tipi distinti con impercettibili variazioni di misura: ATA (quella tradizionale formulata da van De Vinne nel 1886 per l’American Typefounders Association e utilizzata la prima volta dalla fonderia americana “Marder, Luse & Co.” di Chicago), TeX (basata sul sistema di composizione di Donald Knuth (1994), ideatore del concetto di literate programming, per la stesura di testi di matematica) e PostScript (formulata negli anni ‘90 dello scorso secolo da Adobe e utilizzata per l’utilizzo dei caratteri digitali).

Altre misurazioni

Altri metodi di misurazioni tipografiche, ora non più utilizzate sono stati quelli dell’Imprimerie nationale di Parigi, di Sébastien Truchet (1694) e di Pierre Fournier (1737).

Il metodo, oramai obsoleto, dell’Imprimerie nationale (già Imprimerie Royale fondata nel 1640 da Luigi XIII e dal Cardinale Richelieu) si basava su una unità di misura “point métrique” creato nel 1790 al momento dell’adozione del sistema metrico nella Rivoluzione Francese. Era l’equivalente a 0,4 mm.

Prima del metodo Didot, in Francia, si utilizzava quello del frate Sébastien Truchet, nominato da Luigi XIV ha contribuire al lavoro della serie completa di caratteri del «Romain du Roi», insieme a Jaugeon e Des Billettes, e che Grandjean successivamente ha usato nella stampa. Il primo suo studio di un metodo tipometrico data 1694 e si basava sui seguenti principi: tutti i caratteri sono misurabili e tale misura si basa su unità legale di lunghezza; la scala di una possibile grandezza di corpo è governata dalla seguente regola: i corpi sono dedotti dai corpi precedenti con aggiunta incrementale di una loro progressione geometrica; i corpi sono 7,5 – 9 – 10,5 – 12 inoltre 15 – 18 – 21. – 24, ecc. La misura reale del carattere è quindi 7,5 linee seconde, 9 linee seconde, ecc.

Il secondo progetto data 1695, basato su 1/24 di linea, il terzo utilizza una unità piccola corrispondente a 1/204 di linea (equivalente oggi a 0,011 057 mm). Un punto corrispondeva quindi a 1/12 di un 1/12 del “piede del re”.

La scala di stampa del sistema di misurazione tipografica di Fournier, dal “Manuel Typographique”, Barbou, Paris 1764
La scala di stampa del sistema di misurazione tipografica di Fournier, dal “Manuel Typographique”, Barbou, Paris 1764

In Belgio, fino a poco tempo fa, si utilizzava ancora la puntuazione Fournier formulata nel 1737 da Pierre Fournier, che utilizzerà 7 parti delle 204 proposte da Truchet, con la prima definizione del punto tipografico come 1/12 della misurazione del “Cicero” francese. Questa definizione è stata in origine presentata nel libretto «Tables des Proportions qu’il faut observer entre les caractères». Tale unità di misura pari a 0,348 mm e corrispondente riga “mediaan” pari a 4,180 mm.

• 1 punto (Truchet) = 0,188 mm

• 1 punto (métrique dell’Imprimerie nationale, IN) = 0,4 mm

• 1 punto (Fournier) = 0,3483 mm (ora inutilizzato)

• 1 punto (Didot) = 0,376 mm = 1/72 del “piede del re” (27,07 mm)

• 1 punto (Pica ATA) = 0,3514598 mm = 0,013837 inch

• 1 punto (Pica TeX) = 0,3514598035 mm = 1/72,27 inch

• 1 punto (Pica PostScript PS) = 0,3527777778 mm = 1/72 inch

• 1 mediaan = 4,180 mm = 12 punti (Fournier)

• 1 cicero = 4,531 mm = 12 punti (Didot)

• 1 pica (ATA) = 4,2175176 mm = 12 punti (ATA)

• 1 pica (TeX) = 4,217517642 mm = 12 punti (TeX)

• 1 pica (PostScript PS) = 4,233333333 mm = 12 punti (PostScript)

Il mercato della stampa e del Desk Top Publishing (DTP) attualmente è dominato dal mondo informatico dove la quasi totalità dei produttori di software grafico sono degli Stati Uniti (Apple, Adobe, Microsoft, Quark, Macromedia, ecc.), pertanto ha obbligato i fruitori di tali software ad utilizzare unicamente il metodo Pica – PostScript.

Tale confusione di sistemi ha creato diversi problemi tra gli utilizzatori grafici, tipografici, ecc; i principali sono:

– L’unità dominante della lunghezza, il punto del PostScript, ha con il valore di 25,4/72 = 0,352777 mm un rapporto molto inopportuno alle unità ampiamente usate di giustezza del testo (tester e millimetro);

– Non esiste nessuna pratica per denotare una dimensione.

Un esempio di una convenzione piuttosto stabilita deve specificare la lunghezza “di un em” nei punti del PostScript. Storicamente, “em” era la larghezza del tipo di metallo più largo dentro una serie completa di caratteri tipografici, che era tipicamente, per le serie complete di caratteri latini, la lettera maiuscola (M). Oggi, i punti di controllo dei profili digitali della serie completa di caratteri sono memorizzati in termini di coordinate e vettori all’interno di un quadrato dell’unità. Questo quadrato è un equivalente vago del formato di tipo massimo storico del metallo e la relativa lunghezza laterale si è transformata nell’incarnazione moderna del “em”. Di conseguenza, nessuna dimensione facilmente misurabile in un testo abbina la lunghezza del punto che indica una dimensione;

– Le risoluzioni dei dispositivi di uscita sono ancora specificate frequentemente in dpi (punti/pollice), che è il valore reciproco del formato del pixel moltiplicato con 25,4 millimetri.

Metodo decimale UNI

Una proposta per l’introduzione di una unità standard, basata sul sistema metrico decimale tipometrico in sostituzione dei metodi duodecimali Didot e Pica è da tempo in fase di studio da parte di una sotto-commissione dell’UNI, che si occupa della composizione. Tale proposta di studio riguardante la misurazione dei corpi dei caratteri, il cui utilizzo è stato rimandato per la pressione delle software-house intenzionate a mantenere il metodo Pica-PostScript, è stata così formulata:

– fino a 3 mm, incrementi di 1/10 di millimetro (dal c 4 al c 8 circa);

– fino a 4 mm, incrementi di 2/10 di millimetro (dal c 8 al c 11 circa);

– fino a 8 mm, incrementi di 5/10 di millimetro (dal c 11 al c 24 circa);

– fino a 14 mm, incrementi di millimetro (dal c 24 al c 42 circa);

– fino a 20 mm, incrementi di 2 mm (dal c 42 al c 60 circa);

– da 20 mm in su, incrementi di 5 mm.

segue su “Le misurazione tipografiche (2)”

Gli stampatori del 1500 a Milano: Michele Tini & Giacomo Piccaglia stampatori del Seminario di Milano al tempo di San Carlo Borromeo

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Il frontespizio del libro “Dialogo en laude de las mugeres”
Il frontespizio del libro “Dialogo en laude de las mugeres”

Nella seconda metà del 1500 anche il Seminario di Milano aveva una sua tipografia fortemente voluta dal suo Cardinale Carlo Borromeo. Da antichi documenti come il “Libro Mastro d’Entrata 1579 – 1585” registro amministrativo del Seminario, vengono citate varie informazioni riguardanti la storia della tipografia seminariale. Le prime notizie sono del 1579 quando viene segnata, su tale libro mastro, l’uscita di ben 2.521 lire, 6 soldi e 9 denari, cifra a quel tempo elevata « … per estinguere il debito della casa comprata da mons. Gio. Batta Osio per la stampa … ». Dopo altri sette fogli è trascritta l’uscita di 248 lire che corrispondono al « … pretio de risme n. 75 carta da stampa datta per il Seminario da 13 gennaio sin al di d’ogi come più chiaro appare alla partita della detta stamparia … ». Nel retro di questo foglio ecco apparire il nome di «mons. Michel Tini stampatore del Venerabile Seminario», il quale « … de dar a di primo gennaio 1579, 708 lire sono per tanti si fano boni alla mensa Archiepiscopale; qual gli ha fatto rimetere in Venetia per lui per comprar li caratteri per la stampa de qual suma se ne è datto credito a detta mensa in libro bianco … ». Dando un senso compiuto a queste affermazioni: lo stampatore Tini doveva rifondere le casse arcivescovili del prestito ottenuto per acquistare i caratteri a stampa fatti arrivare da Venezia, all’epoca uno dei centri più importanti dell’arte della stampa.

Ma chi era Michele Tini (che compare nelle sue edizioni anche come «Michael Thinus», «Michael Tinus», «Michele Tino» o «Michel Tini stampatore del seminario»)? Un monsignore originario di Sabbio Chiese presso Brescia che si dedicherà alla nuova arte della tipografia a Milano dal 1568 al 1594, figlio di Giovanni e fratello di Battista e Comino.

Agli studiosi della storia tipografica italiana, il Tini è conosciuto per le sue edizioni religiose stampate in rosso e nero firmate come «Typographus Seminari» e con il motto «Ad signum Famae». Lavorò sia da solo che in società con Giacomo Piccaglia nel 1580 firmando l’edizioni stampate come: «Michele Tini & Giacomo Piccaia stampatori del Seminario», e stampò spesso per i cugini gli altri Tini i fratelli Francesco, Simone e Pietro quest’ultimo editore e libraio attivo a Milano (con Michele e nella tipografia dei Da Ponte), Piacenza (dove utilizzò la tipografia di Giovanni Bazachi) e Venezia (di quelle di Giovanni Antonio Bertano, Girolamo Polo, Giacomo Vincenzi e Riccardo Amadino). Michele aveva bottega all’insegna della Fama. In un’edizione del 1584 compare il marchio della sirena e la leggenda: «Si vendono alla libreria de la Serena», gestita da Michele insieme con Francesco e Simone.

Giacomo Piccaglia fu attivo come tipografo prima a Venezia dal 1569 al 1570 e poi a Milano dal 1579 al 1590; lavorò da solo e in società oltre con Michele Tini, anche con Pacifico da Ponte e Graziadio Ferioli (Feriolo) a Milano e con Giovanni Maria Leni a Venezia. Non si sa se avesse rapporti di parentela con Giovanni Picaia, attivo a Venezia nel 1538.

Ma tornando alla tipografia del Seminario milanese è noto che essa ha un proprio edificio (la casa comprata da mons. G. B. Osio), un proprio titolare (Michele Tini) e con gli elementi indispensabili per una tale attività, ossia lettere mobili per la stampa e carta su cui stampare. Dal già citato “Libro Mastro”, inoltre, ci si può istruire sulla produzione di questa tipografia. Dai torchi uscivano calendari liturgici, spiegazioni per la S. Messa, testi con le litanie, il memoriale che San Carlo Borromeo scrisse ai milanesi dopo la peste del 1576-77, l’Ufficio della Madonna, il testo del Concilio Provinciale IV e V, le prediche in più volumi di un autore allora molto letto, il domenicano Ludovico Granata.

Accanto alla produzione, c’era un’attività di commercio. Lo stampatore Tini non lavorava solo per il Seminario, ma teneva parte del prodotto, per poi rivenderlo.

Alcuni librai di Milano, come i fratelli Besozzi e Gerolamo Giussani, acquistavano all’ingrosso per poi rivendere il prodotto a privati.

La produzione della tipografia seminariale però durò poco tempo in quanto, come risulta da diversi documenti, risultava come voce passiva per l’economia del Seminario.

Alla situazione di deficit si aggiunse quanto maturò nei giorni di Carnevale, sempre del 1580. Allora, il Cardinale Carlo Borromeo inflisse la scomunica a tutti coloro che avevano prolungato il Carnevale sino alla prima domenica di Quaresima, disturbando le funzioni religiose del Duomo. Poiché le cedole di scomunica erano state stampate da Michele Tini, costui e i suoi aiutanti vennero incarcerati e i locali della tipografia furono tenuti sotto sequestro per i conflitti che intercorsero tra l’Arcivescovo e le autorità governative. Le trattative che seguirono furono lunghe e snervanti, scoraggiando del tutto i responsabili del Seminario a mantenere la tipografia. Così venne venduta in blocco allo stesso stampatore Michele Tini, che continuò l’attività per altri 20-30 anni.

Nella sua brevità, la storia della tipografia del Seminario è significativa in quanto segnala la sensibilità del Cardinale Borromeo nell’utilizzo e controllo dei mezzi di comunicazione.

Fonte: La Fiaccola 01/2008 – Don Umbero Dell’Orto

French Type Design: Roger Excoffon

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Roger Excoffon – nasce il 7 settenbre 1910 a Marsiglia (F), muore a Parigi nel 1983.
Egli è stato un apprezzato graphic designer, tipografo e type designer francese.
Studiò giurisprudenza all’Università di Aix-en-Provence. Successivamente studiò pittura a Parigi dove lavorò come graphic designer.
Nel 1947 aprì il suo studio. Fu co-fondatore della Co-founder U + O (Urbi et Orbi) agenzia pubblicitaria sempre a Parigi.
Consulente artistico per la Fonderie Olive type foundry a Marsiglia (fino al 1959). Nel 1968 disegnò il simbolo per le Olimpiadi invernali di Grenoble. Nel 1972 fondò la sua agenzia Excoffon Conseil. Excoffon progettò numerosi manifesti per: Air France, Bally calzature, Dunlop, Sandoz e SNCF, inoltre contribuì graficamente e nei contenuti per le riviste: “Le Courier Graphique”, “Typographica”, “Esthétique Industrielle” e “Techniques Graphiques”.

Acronimo progettato da Roger Excoffon nel 1952 per il 3° Salone Internazionale delle Tecniche cartarie e grafiche

Acronimo progettato da Roger Excoffon nel 1952 per il 3° Salone Internazionale delle Tecniche cartarie e grafiche


Pagine pubblicitarie per rivista tecnica Caractère. Nella prima, del 1952, viene pubblicizzata la Fonderie Olive utilizzando il Banco; nella seconda pubblicità, del 1963, è fatta proprio per lanciare la famiglia di caratteri dellAntique Olive.

Pagine pubblicitarie per rivista tecnica "Caractère". Nella prima, del 1952, viene pubblicizzata la Fonderie Olive utilizzando il Banco; nella seconda pubblicità, del 1963, è fatta proprio per lanciare la famiglia di caratteri dell'Antique Olive.

Diversi sono i caratteri disegnati da Excoffon, la maggior parte ora digitalizzati: Chambord (1945), Banco™ (1951), Mistral™ (1953), Choc™ (1955), Diane (1956) che è stato ridisegnato e digitalizzato da Thierry Puyfoulhoux con il nome Diana (2004), Princess (1956) digitalizzato da Thierry Puyfoulhoux, Calypso (1958) digitalizzato da Ralph M. Unger, Antique Olive™ (1962–66)

Per chi vuole più notizie su Roger Excoffon consiglio il testo scritto da John Dreyfus per la rivista U&lc Upper & Lower Case (ora in formato online).