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Il punto medio centrato

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Iscrizioni lapidarie altiniane conservate presso il Museo Archeologico di Altino (Ve)
Iscrizioni lapidarie altiniane conservate presso il Museo Archeologico di Altino (Ve)

Il primo segno di punteggiatura utilizzato nella storia della scrittura è il punto medio centrato (·) presente già nelle iscrizioni lapidarie romane per le abbreviazioni, e successivamente per separare i nomi propri (all’epoca non erano ancora comparsi gli spazi fra le parole).

La parola latina signum era probabilmente collegata al verbo secare, cioè tagliare: il signum poteva quindi essere in origine l’effetto, il prodotto di un taglio o di separazione.

Sempre in epoca romana, il punto venne utilizzato per separare tutte le parole e per segnalare la fine di una frase.

In epoca medievale compaiono anche altri segni, utilizzati tuttavia dagli scribi con parsimonia e con regole abbastanza variabili. Infatti era ancora utilizzato soprattutto il punto per le abbreviazioni. La ricchezza di congiunzioni del latino rendeva superflui la maggior parte dei segni di punteggiatura, e anche i grandi capolettera ad inizio periodo rendevano spesso superfluo il punto fermo.

Solo con la comparsa della stampa, alla fine del Medio Evo, vengono fissate delle regole standard nell’uso della punteggiatura.

Sarà Aldo Manuzio, il grande stampatore veneziano, a dare origine a un sistema pressoché moderno nelle edizioni di opere di Pietro Bembo (a cominciare dal 1496): virgola nella stessa forma odierna, punto e virgola per una pausa minore di quella segnata dai due punti, punto fermo in chiusura di periodo e “punto mobile” alla fine di frasi interne al periodo, apostrofo e accento.

Ancora oggi il punto medio centrato, seppur raramente utilizzato, è una delle forme di punteggiatura tipografica più semplice ed efficace (nel catalano serve a dividere una doppia elle minuscole o maiuscole come per esempio nelle parole: intel·lectual, col·laboració, ecc.).

Testo in portoghese

5) Transizionali – Barocche (Classificazione Novarese)

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Sono così chiamati perché i suoi elementi indicano la transizione tra “romani antichi” e “romani moderni”. Nascono tra la fine del XVII e il XVIII secolo prima in Francia, successivamente in Olanda e Inghilterra e non presentano particolari innovazioni rispetto ai caratteri Veneziani che li hanno preceduti.

Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529
Pagine del Champs Fleury, Geoffroy Tory 1529

Dalle ricostruzioni geometriche dei Lapidari durante il Rinascimento si arriva ai primi esempi di transizionale francese del «Roman du Roi», creato da Philippe Grandjean nel 1692 su commissione dell’Accademia francese delle scienze dove per la prima volta fu disegnato un corsivo originale.

Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Romain du Roi disegnato da Philippe Grandjean per il re di Francia Louis XIV, nel 1692
Particolare della costruzione della lettera “M” del Roman du Roi

Dai transizionali olandesi come quelli incisi dal punzonista Cristoffel Van Dijck per gli Elsevier fino ai transizionali inglesi, le grazie non hanno quasi mai inclinazioni e si raccordano all’asta verticale con una piccola curva, mentre la base della grazia è completamente piatta.

Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660
Lo specimen del DTL Elzevir disegnato da Gerard Daniëls, basandosi sui caratteri di Christoffel van Dijck 1660

In questo carattere l’asse verticale non è più inclinato ma perpendicolare alla base come nelle lettere “o”, “O”, “Q”. La “C”, la “G” e la “S” hanno il rostro molto pronunciato e le differenze tra fine e grosso sono più accentuate come è più accentuato il contrasto tra i pieni e i vuoti. I transizionali sono caratterizzati da un contrasto più pronunciato fra aste verticali e orizzontali rispetto ai romani antichi. L’asse, è quasi verticale. L’allineamento superiore della “T” non è più sporgente.

Dal punto di vista della leggibilità stanno alla pari dei Veneziani, però sono più adatti per le riproduzioni in considerazione delle grazie leggermente più accentuate rispetto ai tipi precedenti: virtù eccellente per sopperire alle naturali deformazioni fotografiche. Sono apprezzati e sempre in primo piano per qualsiasi applicazione e sono anche più resistenti, come caratteri a piombo, all’usura delle lunghe tirature tipografiche.

Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati della epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione dIndipendenza degli Stati Uniti. They fell out of favour in the century after his death, but were revived in the 1840s, and Caslon-inspired typefaces are still widely used today.
Lo specimen dei caratteri di William Caslon. Questi caratteri di derivazione dai transizionali olandesi sono stati molto popolari e utilizzati per molti importanti stampati dell’epoca, incluso la prima versione stampata della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti.

Per la composizione tipografica di libri (quali romanzi, saggi, narrativa, ecc.), il carattere più consigliato e meglio riuscito è il «Baskerville», disegnato dall’inglese John Baskerville (1706-1775), artista, disegnatore di caratteri e stampatore seguendo i suggerimenti del suo contemporaneo William Caslon (1692-1766) autore del carattere ononimo «Caslon», accentuando ulteriormente i contrasti d’asta e rendendo più eleganti i raccordi con il risultato di un carattere molto leggibile.

Del carattere del Baskerville esiste in commercio una versione ridisegnata che prende nome di «New Baskerville».

Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763
Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763

Esempio di carattere per i testi da quotidiano è il «Times» disegnato da Stanley Morison (1889-1967) per il quotidiano londinese “The Times” nel 1932 basandosi sul «Plantin», dal nome dello stampatore francese Christophe Plantin (1520-1589).

Specimen del New Century Schoolbook
Specimen del New Century Schoolbook

Per la composizione tipografica di libri di testo scolastico il carattere più consigliato è il «New Century Schoolbook», basato sul «Century» disegnato da Linn Boyd Benton nel 1895, per la sua leggibilità anche se meno elegante degli altri della famiglia di classificazione.

Tra i molti Transizionali ricordiamo, oltre ai già citati: «Plantin», «Baskerville», «Caslon», «Century», «New Century Schoolbook» e «Times»; anche: «Granjon», «Palatino», «Aster», «Magister», «Bell», «Bulmer», «Cochin», «Hoefler Text», «New Caledonia», «Perpetua», «Fournier», «ITC Stone Serif», ecc.

4) Veneziani – Rinascimentali (Classificazione Novarese)

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Il ritorno alle forme romane, nelle maiuscole (Subiaco, 1465) derivanti dai caratteri lapidari romani fu il preludio anche all’imitazione delle scritture umanistiche dette “Incunabuli” per il minuscolo dagli stampatori di Venezia che gli disegnavano e incidevano con il bulino.

Si formò così il primo alfabeto tipico, il quale – dopo il perfezionamento acquisito, dovuto ai prototipografi dell’epoca – trovò in Venezia l’ambiente ideale per la sua diffusione nel mondo. E ciò fu dovuto alle forme dei caratteri dei fratelli Da Spira, Griffo, Paganini, Ratdolt e, specialmente, di Nicholas Jenson.

Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Il tondo di Nicholas Jenson (1470)
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson
Pagina tratta dal libro «Laertii Diogenis Vitae et sententiae eorum qui in philosophia probati fuerunt» stampato nel 1475 da Nicholas Jenson

Il carattere più utilizzato e armonioso di questa famiglia è, senza dubbio, il «Garamond», disegnato dallo stampatore francese Claude Garamond (1480-1561) “copiando” i caratteri sia dell’incisore di punzoni bolognese Francesco Griffo (1400-1500) per il «De Aetna» di Pietro Bembo (1495), tale carattere prenderà il nome di «Bembo», sia il carattere ononimo del francese Nicholas Jenson (1470). Il Griffo, che fu il primo a produrre ed utilizzare un corsivo da stampa, lavorava, a Venezia, per Aldo Manuzio (1450-1515) e inciderà anche il carattere per «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) che prenderà la denominazione di «Poliphilus Roman», per la forma tonda e «Blado Italic» per quella corsiva.

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Prima pagina di testo del «De Aetna» di Pietro Bembo (1495) con il carattere di Francesco Griffo

Francesco Colonna
Francesco Colonna «l’Hypnerotomachia Poliphili» (1499) stampato da Aldo Manuzio con i caratteri di Francesco Griffo
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)
Uno specimen di carattere “aldino” di Francesco Griffo (1499)

Caratteristiche nel disegno delle lettere sono la presenza dell’asse verticale inclinata nettamente da 30° fino a 45° all’indietro; il contrasto tra i pieni ed i filetti è debole; le grazie hanno una forma arrotondata con la base concava; le differenze di spessore tra le aste verticali e le aste oblique sono più accentuate e, anche nelle lettere tonde; i rapporti di sottile e largo sono più accentuati; il filetto traversale della è inizialmente obliquo per poi trasformarsi in orizzontale.

Claude Garamond sarà il primo a disegnare il maiuscolo corsivo e ad utilizzare il corsivo insieme al tondo, come si fa attualmente, e non in alternativa come faceva il Manuzio.

Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)
Il corsivo del carattere disegnato da Claude Garamond (1540)

Il «Garamond», del quale esistono numerose e differenti forme presenti sul mercato, alcune delle quali che nulla hanno a che fare con il disegno originale (i più fedeli ai punzoni originali sono: «Adobe Garamond» e «Garamond Simoncini», mentre la versione «ITC Garamond» è completamente distante dalle forme che dovrebbe rappresentare), è usatissimo nella composizione dei testi dei libri, nelle pubblicità, ecc.

Molto bello è il corsivo minuscolo di questo carattere, che si lega molto bene alle illustrazioni e dà all’insieme un’aria molto classica e pulita.

L’utilizzo di questi caratteri prevedevano, anche nel testo corsivo l’utilizzo delle maiuscole tonde fino alla metà del XVI secolo (nelle versioni ridisegnate per la tipografia moderna e la digitalizzazione non viene rispettata questa regola stilistica utilizzando come maiuscolo un “falso corsivo” storico).

Oltre alle varie versioni del «Garamond» esistono in commercio altri tipi digitalizzati di Veneziani: «Bembo», «Poliphilus Roman» «Blado Italic», «Jenson», «Garaldus», «ITC Galliard», «Golden», «Caledonia», «Centaur», «De Roos», «Elzevir», «Sabon», «Vendôme», «Romulus», «Trajanus», «Meno», «Minion», «Van Dijck», «Bitstream Iowan Old Style», «Serlio», «Aurelia», «Dante», «GFT Venexiano». ecc.

Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 - 1526)
Corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 – 1526)

Corpo del carattere

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La dimensione del carattere tipografico si misura in senso verticale e si definisce corpo.
Con riferimento ai vecchi caratteri di fonderia è la misura dell’altezza della faccia del blocchetto in lega di piombo – antimonio sulla quale è fusa in rilievo la forma ribaltata del carattere, questa altezza è compresa quindi fra la spalla superiore e la spalla inferiore. Questa distanza è, sempre tipograficamente, la dimensione costante di tutto l’alfabeto.
L’altezza del corpo è tradizionalmente misurata in punti, corrispondenti a circa 1 / 72 di pollice (In tipografia digitale, il punto è stato arrotondato esattamente a 1 / 72 di pollice americano. Nei sistemi precedenti, proposti da Pierre Fournier le Jeune,American Type Founder’s Association e da Firmin Didot, il punto variava da 0,349 millimetri, 0,3515 millimetri e di 0,376 millimetri, rispettivamente). Altre misure tipografiche, ormai poco utilizzati, sono Cicero e Pica, entrambi con il 12 punti. Nella tipografia digitale, il corpo è una misura relativa che può essere scalata a qualsiasi dimensione.

Il corpo è suddiviso in due spazi: l’occhio del carattere, che è compreso tra la linea inferiore, corrispondente alla massima discendente della lettera minuscola (g) o della (p), a seconda del tipo di carattere, alla linea superiore che corrisponde alla massima ascendente della lettera minuscola (l) e l’area delle accentazioni. dove possone essere presenti gli accenti, le dieresi e i segni diacritici per le lettere maiuscole.
Lo stesso occhio comprende la linea di base (baseline) la linea immaginaria della base della parte mediana sulla quale si appoggiano tutte le lettere di una riga di testo e dalla linea dell’altezza delle maiuscole, che è sempre inferiore alla massima altezza dell’ascendente della minuscola.
Sopra la linea di base si trova la x-height (altezza della x), corrispondente alla distanza tra la linea di base e la parte superiore delle lettere minuscole, senza ascendenti e del maiuscoletto e la linea delle ascendenti, che segna l’altezza delle lettere minuscole con tratti ascendenti (come la lettera ‘b’), e in alcuni casi, le lettere maiuscole. No caso de fontes de texto mais tradicionais, a altura das maiúsculas é um pouco menor do que a das minúsculas com ascendentes, e é marcada pela linha das capitulares . Nei caratteri di testo più tradizionali, l’altezza delle maiuscole è leggermente più basso rispetto alla massima ascendente di una minuscola. La linea che determina la x-height può essere chiamata linea mediana.
Quindi per misurare correttamente il corpo, si deve calcolare la distanza che intercorre tra l’ipotetico accento posto sopra alle lettere maiuscole; fino all’estremità inferiore dell’ascendente della lettera minuscola.

Testo in portoghese

Le misurazioni tipografiche (2)

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Come ho scritto in un precedente post sulle misurazioni tipografiche oramai con l’avvento del Desk Top Publishing l’utilizzo della misurazione europea Didot è oramai quasi completamente dimenticata in favore dell’angloamericana Pica.

Nel 1990, la Comunità Europea aveva promosso il Progetto Comett II di cooperazione europea tra Università e Industria. In questo contesto, per venire incontro alle necessità dei docenti europei di grafica ed ai tipografi di capire le nuove misurazioni del mezzo digitale, venne costituita una equipe di esperti che fece nascere il “Progetto Europeo Didot” con una serie di meeting in giro per l’Europa atti a sensibilizzare il mondo tipografico europeo sulla cultura del “nostro” sistema di misurazione tipografica. L’Italia è stata rappresentata dal 1990 al 1993 da Piero De Macchi.

Volendo è ancora possibile utilizzare il metodo Didot con i software d’impaginazione indicando al posto del ‘pt’ (punti Pica) il valore ‘c’ (Cicero) che però corrisponde ad una riga tipografica (12 punti).

Quindi se voglio trasformare un testo da corpo 12 pt (Pica) in 12 punti Didot dovrò scrivere 1 c.
Meglio ancora è utilizzare la seguente tabella di conversione tra i due sistemi:

Se volete divertirvi a convertire ogni tipo di misurazione vi segnalo questo sito: Online Unit Conversion dove dovete stare attenti perché la definizione “pica“ è intesa come riga tipografica del metodo Pica e non il singolo punto indicato come “point (British, USA)”

Testo in portoghese

3) Gotici – Medioevali (Classificazione Novarese)

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Meglio noti come Gotici, questi caratteri derivano dalle varie scritture usate dall’Alto Medioevo a tutto il Rinascimento riprendendo le forme ogivali dell’arco a sesto acuto dell’architettura gotica.

I primi esempi di questo tipo di scrittura furono fatte dagli amanuensi della Francia settentrionale tra l’XI secolo e il XII secolo, che si vollero allontanare dalla minuscola carolina, allora ancora generalmente in uso, sviluppando una scrittura sempre più condensata in modo da poter risparmiare la carissima pergamena prima, e la carta poi. Al pregio del risparmio dell’utilizzo del supporto però corrispondeva il grande difetto di una pesantezza visiva della pagina e di una difficile leggibilità. Proprio questo effetto visivo dell’impaginato, simile a una tessitura dato il complesso intreccio di forme, ha portato alla denominazione di “Textura” maggior parte di questi caratteri Gotici.

Gotico maiuscolo librario del XII - XIV secolo
Gotico maiuscolo librario del XII – XIV secolo

Essi sono riconoscibili per le forme angolose e allungate “fratti” che imitano le forme delle lettere eseguite con la penna d’oca e l’inchiostro nella scrittura antica.

Questi caratteri hanno le terminali molto svolazzanti, soprattutto nelle maiuscole che a volte risultano difficilmente decifrabili.

Textura con piedini arrottondati del XIV secolo
Textura con piedini arrottondati del XIV secolo

Il suo successo è testimoniato dall’uso che Gutenberg ne fece, allorché fuse proprio in «Textura» i primi caratteri da stampa mobili della storia, e in questo stile stampò la sua famosissima Bibbia delle 42 linee.

Dalla «Textura» si svilupparono poi forme miste di scrittura, destinate ad usi più commerciali o meno solenni. Tra queste si ricorda la «Bastarda», che ebbe un notevole successo nel XIV secolo.

Iscrizioni in Gotico Lombardo presso la Basilica di S. Ambrogio a Milano
Iscrizioni in Gotico Lombardo presso la Basilica di S. Ambrogio a Milano

In Italia dal XII-XIII secolo prende delle forme particolari, più larga e rotondeggiante prendendo il nome di Gotica Rotunda. Viene utilizzata per testi statutari, per libri di devozione fino al XVI secolo. Un testo composto con tale carattere è il “Virgilio” del Petrarca.
A Bologna, la gotica rotunda prenderà il nome di littera bononiensis con la differenza dalla rotunda per le aste brevi e lettere con tratti particolari come la (c) che ha il primo tratto orizzontale; la (e) a volte senza la barra centrale o questa ridotta al minimo; la (T) con l’asta orizzontale che si sviluppa solo a destra, assomigliando ad una (C); la ET (&) tachigrafica a forma di (7).

Esempio di Gotica Rotunda
Esempio di Gotica Rotunda

Nella maggior parte dei paesi europei, la scrittura gotica scompare gradualmente a partire dal XV secolo, soppiantata dall’Antiqua e dai suoi derivati. Non così nei paesi di lingua tedesca, dove invece, con l’affermazione della «Schwabacher» e successivamente della «Fraktur», immuni a questo cambiamento, le scritture “spezzate” furono usate ed apprezzate fino ai tempi moderni.

A parte qualche contestazione durante il classicismo del tardo XVIII secolo, le grafie gotiche rimasero le grafie più diffuse per tutto il XIX secolo.

Nel XX secolo il nazionalismo le considerava le uniche “vere” scritture tedesche ammesse nel Reich, e così stabilirono sulle prime anche i nazionalsocialisti.

Poco dopo lo scoppio della guerra si diffuse però in ambiente nazista l’idea che la «Schwabacher» avesse avuto un origine giudaica e così nel 1941, con un improvviso mutamento di idea, fu fatto divieto di usare i caratteri gotici in quanto Judenlettern (la scusa ufficiale fu data dalla difficile leggibilità) e si passò all’antiqua (lineari).

Copertina di Herbert Bayer del 1936 e caratteri “lineari” che sostituirono i “gotici” durante il nazismo.
Copertina di Herbert Bayer del 1936 e caratteri “lineari” che sostituirono i “gotici” durante il nazismo.

Dopo la guerra, anche in Germania la scrittura gotica cadde in disuso. Ancora Hermann Hesse voleva pubblicare con questo carattere di stampa il suo Narciso e Boccadoro, ma dovette cedere alla ragione dell’editore che obiettava la difficile leggibilità del gotico per le più giovani generazioni.

Moltissimi sono gli esempi di caratteri “gotici” presenti nella comunicazione visiva delle birrerie non solo tedesche
Moltissimi sono gli esempi di caratteri “gotici” presenti nella comunicazione visiva delle birrerie non solo tedesche

Attualmente i Gotici vengono usati solo nei paesi anglogermanici in pubblicità, insegne e logotipi di marche di birra. Per quest’ultimo utilizzo è facile il riscontro anche in Paesi di cultura extragermanica.

Alcuni esempi di questa famiglia sono: «Fette Fraktur», «Fette Gotisch», «Linotext», «Old English», «San Marco», «Weiss Rundgotisch», «Wilhelm Klingspor», «Wittenberger Fraktur».